Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

IL PIÙ GRANDE ALBUM GRUNGE FU “LIVE THROUGH THIS” DELLE HOLE, USCITO TRENT’ANNI FA  (di Matteo Fais)

“I’m miss world, watch me break and watch me burn/ […]Now I’ve made my bed, I’ll lie in it/ I’ve made my bed, I’ll die in it” (Hole, Miss World)

Non tutto il femminismo vien per nuocere, almeno esteticamente. Sarà che forse, ancora qualche decennio fa, non vigeva il principio “è brava perché è donna” e anche il gentil sesso doveva fare qualcosa di buono, oltre il mero esistere e apparire, per essere apprezzato.

Infatti trent’anni fa, e precisamente nel 1994, a pochi giorni dalla morte di Kurt Cobain, usciva un disco monumentale nella storia del grunge, tranquillamente in grado di rivaleggiare con Nevermind, ovvero Live Through This delle Hole, la band capitanata da quella svalvolata di Courtney Love, femmina insopportabile ma dalla tendenza autodistruttiva incredibilmente seducente.

Fin dalla copertina, è chiaro di essere al cospetto di qualcosa di diverso. La foto della modella Leilani Bishop, firmata Ellen von Unwerth, oltre a ricordare la stessa Courtney, richiama evidentemente nelle atmosfere la Carrie White, incarnata da Sissy Spacek, nell’omonimo film di Brian De Palma del 1976. Niente da dire, graficamente parlando, il prodotto arriva, evoca, dice senza esplicitare, si fa iconografico.

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Musicalmente è una bomba con niente da invidiare al capolavoro dei Nirvana. Il numero di pezzi memorabili, come di quelli meno easy listening, è sostanzialmente identico. L’intreccio tra il pop e il sound più disturbato del primo grunge è il medesimo, con una sincera spruzzata estrogena.

Violet, la canzone che apre le danze, eguaglia senza sforzi Smells Like Teen Spirit. La stessa rabbia, l’energia venata di tormento, la rivendicazione di congenita inadeguatezza. Non si può certo dire che i coniugi Cobain non fossero una coppia ben assortita in tal senso, in cui non si capisce chi abbia ispirato chi o se semplicemente si siano trovati su un cammino comune.

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Live Through This è, allo stesso modo del disco dei Nirvana, un album generazionale. Quel femminismo che oggi conosciamo così bene, fatto di capelli rosa e accuse di patriarcato, oggettificazione e abusi come se piovesse, c’era già tutto. Malgrado ciò bisogna riconoscere che Courtney Love, capA popolo vanesia come poche, ha un gusto, un’abilità e, soprattutto, una creatività che le sue nipotine neppure si sognano, qualcosa per cui è impossibile non perdonarle il piagnisteo vittimista, specie in Doll Parts (“I love him so much, it just turns to hate/ I fake it so real, I am beyond fake/ And someday, you will ache like I ache”; “Lo amo così tanto che l’amore si muta in odio/ Fingo così bene da essere oltre la finzione/ Un giorno ti farà male quanto fa male a me”).

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Album generazionale, si diceva, che, come l’altro già menzionato, travalica il tempo, d’impatto come fresco di stampa, fa ancora sobbalzare gli animi, si stende come balsamo sui cuori spezzati e autolesionati, restituisce il senso di un’epoca e può essere ascoltato indistintamente su giradischi come su cd, trovare spazio tra i preferiti su Spotify. La musiciste, tra cui la scomparsa Kristen Pfaff, accompagnano e circondano perfettamente la voce roca e viscerale della Love, amalgamandosi in una soluzione senza sbavature – se non di rossetto, ma quelle sono volute –, gridandole intorno come un coro di streghe al cospetto del demonio in gonnella.

Non ci sono più gruppi come loro, a mera trazione femminile – o quasi totalmente, considerata la presenza di Eric Erlandson alla chitarra –, se si escludono forse gli impareggiabili Florence and the Machine, con la loro adorabile Florence Welch. Courtney Love, certo, oramai è ridotta a personaggio da gossip, a signora ben vestita che frequenta i salotti per bene – peccato perché la sua performance come attrice, in Larry Flynt – Oltre lo scandalo, era davvero notevole. Eppure, ci fu della genialità in quella donna. Sarà che, se non si muore giovani, si finisce sempre per diventare normali. Ma poco importa, Live Through This basta e avanza a giustificare un’intera esistenza. Tutto sommato, le altre femministe hanno solo detto male degli uomini, senza neppure la scusa di farlo con arte. 

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni)

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