NO, NON BASTA FARSI PENETRARE, COME PENSA MARTIN PAGE, PER ESSERE UOMINI (di Matteo Fais)
“Ma voi non sapete che cos’è l’amore/ ve lo dico io che cos’è/ ma voi non mi ascoltate/ Non ce n’è uno di voi in questa stanza/ che riconoscerebbe l’amore neanche se si alzasse/ e ve lo mettesse nel culo” (Raymond Carver, Voi non sapete cos’è l’amore)
C’è una cosa che sa bene ogni vero uomo, di quelli con il testosterone a posto – senza che questo abbia annichilito la sua sensibilità. Glielo ricorda la donna, tutte le volte che lui le sta sopra e i loro occhi si incontrano. Per quanto lui possa essere potente, massiccio, con un’erezione che sfonda tessuti e, risalendo dalla fica, solletica anche la gola, la donna non la si può quasi mai fottere. Per farlo, ci vuole la sua libertà. Se guarda altrove, se pensa ad altro – o a un altro uomo – è lei ad averlo mandato a fare in culo – la prostituta è l’esempio per antonomasia di tutto ciò. La femmina, con quella sua insignificante forza fisica, sfugge sempre al maschio, ne ridicolizza le pretese, lo lascia lì a compiacersi da solo mentre mena la sua minchia contro il corpo di lei. È il malefico potere degli estrogeni, a rivelare al maschio il suo essere ridicolo. Per questo, ogni piccolo animale uomo, almeno una volta nella vita, ha assestato, con mano leggera, uno schiaffo, più metaforico che reale, alla propria compagna, dicendole “Dannata puttana!”.
In quell’assurdo gioco chiamato amore, desiderio, o semplicemente scopata, niente è mai come appare e, sovente, il polo apparentemente più forte è il più debole. Si può trovare negli occhi della donna a cui si sta sborrando in bocca la tacita considerazione “Povero idiota, si comporta come se avesse conquistato il mondo e sta solo tirando fuori un boccetta di liquido salato dalle palle”. Spiace rivelare l’arcano, ma è così. Ogni donna ci prende per i fondelli e ci rassicura, facendoci credere il contrario.
Ma vai a spiegare tutto ciò a uno come Martin Page, autore di Oltre la penetrazione, pubblicato in Italia da La Nave di Teseo. Quanto si vede quando un uomo è imbevuto di ideologia a buon mercato e ha poca consuetudine con il genere opposto al suo. Solo ciò può portare a credere in questa diffusa presenza di uomini ossessionati “da un progetto di sottomissione e di umiliazione delle donne” a mezzo del loro cazzo che entra in fica.
Altro che “E poi, a forza di penetrare e di pensare solo e sempre a quello, si finisce per dimenticare tutto il resto, e si perde di vista il corpo nella sua interezza. Penetrare è passare accanto e scappare. È pensare che si fa l’amore quando ci si libera. Ho l’impressione che si punti sulla penetrazione per nascondere i sessi, per non vederli, come se fossero imbarazzanti, e vergognosi. È un inganno. Si crede di essere liberi penetrando, ma in realtà ci si nasconde, e si cela la sessualità”. Qui manca proprio la comprensione di base del rapporto tra i sessi, di un inganno condiviso, di una impossibilità ontologica all’incontro, molto più tragica di ciò che descrive lui.
C’è poco da dire che “gli uomini favorevoli alla sola penetrazione abbiano in fondo paura della sessualità non circoscritta, di quella sessualità che va oltre il sesso puramente anatomico. Vogliono mantenere il controllo. Dire dove e come deve svolgersi. Assegnare un luogo. Tracciare limiti e confini. Sono terrorizzati da una sessualità che potrebbe spingersi oltre”. Ogni uomo sa che la sua ossessione per il controllo non può che rivelarsi un’illusione. Penetrare è un disperato tentativo, lo sforzo sublime e inutile di ridurre la volontà alla materia, ma condannato inesorabilmente all’insuccesso.
Magari per il maschio fosse così semplice ed egli si accontentasse unicamente di “entrare nel corpo femminile a qualsiasi costo”, per trovare “un oggetto al servizio del proprio godimento”. Col cavolo che per lui “il piacere della partner è puramente secondario”: chi non lo suscita nell’altro sa di aver perso e che, presto o tardi, questa si allontanerà per cercarlo presso altri lidi. Il mancato piacere di lei è il simbolo della sconfitta maschile.
Non è dunque il “patriarcato” che “continua a regnare sovrano” e “la penetrazione” a rappresentare “la dominazione dell’uomo sulla donna”, ma l’espressione più forte e assolutamente mal riposta di trovare uno spazio certo e perenne fuori da noi, con la consapevolezza di quanto sia ingenuo credere che chi si ama non possa prenderci dentro senza in fondo mai lasciarci mescolare con la sua carne e il suo spirito.
In generale, Oltre la penetrazione è l’ennesimo testo di autoflagellazione del maschio contemporaneo allo sbando, equiparato da sé stesso a una macchinetta per produrre sperma. Ma nessuno si sente realmente “vittorioso”, dopo aver penetrato una donna e, se le dice “Sei mia”, finito il rapporto, è più per esorcizzare la paura della sua fuga che per reale convinzione.
No, non ci basterà, come suggerisce Page, di aprirci alla possibilità di un massaggio prostatico con un “dildo superlubrificato” per far tacere l’angoscia di due solitudini che si incontrano e cercano di porre rimedio alla distanza. Non è “la virilità” la “prigione” dell’uomo, ma questo bisogno di essere anche fuori di sé che non dà mai pace.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.