Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

CULICCHIA, LO SCRITTORE PIÙ “BASATO”, METTE IN GUARDIA DAL MATRIMONIO (di Matteo Fais)

“Basato!”. Di solito scrivono così, sui social, usando un linguaggio molto peculiare e volutamente ignoto ai più, almeno in certe comunità come quella redpill. Andando a consultare il dizionario di GigaPill – The Redpill Ecosystem: “Basato, Based and Pilled: atteggiamento di persona che conosce le dinamiche sociali quindi la redpill, mostrando totale indifferenza alle critiche e alle opinioni altrui. Col termine ‘based and pilled’ si mostra apprezzamento verso un utente che dice finalmente come stanno realmente le cose fregandosene di risultare impopolare” (https://gigapill.red/vocabolario-terminologia-redpill/).

Che fosse basato, Giuseppe Culicchia l’aveva già dimostrato con il suo capolavoro Tutti giù per terra – sui rapporti umani e, soprattutto, su quelli di lavoro. Ma è in Finché divorzio non vi separi (Feltrinelli) che, per quel che concerne le relazioni tra coppie, dà il meglio di sé.

Giuseppe Culicchia, Finché divorzio non vi separi, Feltrinelli.

Se non si può annoverare con certezza l’autore torinese alla redpill, è fuor di dubbio lecito definirlo uno che ha mangiato la foglia e sa quel che dice, più o meno come per Houellebecq. Naturalmente il francese è molto più duro, roba da martello e scalpello, mentre Culicchia risulta più ironico e avvezzo al gioco del fioretto. Cionondimeno, lo dice, a voglia che lo dice, persino nella scelta delle citazioni, come quella di Norman Mailer, decisamente illuminante, alla stregua di un faro da stadio puntato addosso in piena notte, mentre si dorme: “Non puoi dire di conoscere davvero una donna finché non l’hai incontrata in tribunale”. Ma non è che lui, di suo, ci vada giù in modo meno segnante: “Girala come vuoi, sei fottuto. Fottuto, hai letto bene. Non è colpa mia se sono stato costretto a scrivere questa parola, la sola che renda veridicamente l’idea della situazione in cui ti trovi”. Che dire, grande!

Finché divorzio non vi separi è un saggio molto informale, ma oltremodo bastardo, diviso in tre sezioni, una dal punto di vista maschile, l’altra femminile e pure LGBTQ+. Ognuno scelga quella a lui più affine e si diletti con le altre – perché Culicchia si legge così, come si beve una birra dopo una terribile giornata di lavoro, per ristorarsi, ma senza che rincoglionisca.

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E se ancora non vi fosse chiaro, poveri ingenui, c’è qualcosa di profondamente folle nel fondare il proprio futuro “sul più idealizzato e volatile dei sentimenti: l’amore” e condannarsi a una eterna portata, per il resto della propria vita: “Mettiamo che ti piace il sushi. Mettiamo che ti piace tanto, ma proprio tanto. Ti piace così tanto che il sushi è addirittura il tuo cibo preferito. Poi però pensaci: sei sicuro di voler mangiare per tutta la vita, a colazione, pranzo e cena proprio solo sushi?”. La domanda è lecita, ma fate a voi stessi la cortesia di darvi una risposta brutalmente ragionevole.

Per favore, non commettete l’errore di pensare che “comunque in certe cose lei migliorerà”, tipo se vi rompe i coglioni con la sua mania per i viaggi fin dal fidanzamento. Considerate pure che quegli spostamenti di piacere graveranno su di voi, essendo “una conseguenza diretta del fatto che, vivendo noi in una società maschilista e patriarcale, lo stipendio di lei è sensibilmente inferiore al tuo. E per quanto ti riguarda, c’è un solo modo di arginare i sensi di colpa derivanti dal fatto di essere nato maschio, bianco, cisgender, eterosessuale, occidentale e dunque ineluttabilmente privilegiato”. Notate la finezza da fare invidia ai peggiori figli di puttana: lui l’ha precisato, ma senza attaccare a testa bassa, aggirando la risposta passivo-aggressiva delle femministe che aspettano solo di sentirti reagire male per tirare fuori l’iniezione di veleno.

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Perché Culicchia è così, lo dice, scherzando e ridendo, come un cuoco che del pesce ti serve il filetto, ma si diverte a lasciare qualche spina qui e lì per vederti soffrire quando la senti pungerti il palato. Basti considerare l’imbarazzante questione nota come “separazione dei beni”: “Facci caso: se è lei quella dei due che dispone di maggiori sostanze, la questione in effetti non si porrà. ‘Be’, direi separazione, no?’ ti farà lei, e il discorso sarà chiuso così. Se invece sei tu quello che, per vicende ereditarie più o meno complesse ma di sicuro fortunate oppure per via dello stipendio che porti a casa, al di là di ogni ragionevole dubbio ha accumulato e continua ad accumulare…” – inutile anche riportare il passo per intero, perché avrete già capito il finale.

C’è poco da aggiungere, il resto lo dovete leggere voi. Fate conto che il libro è appena uscito, dunque, se vi state per sposare o se avete un amico pronto a fare la cazzata, è questo il momento di correre in libreria. Se poi non amate i libri, l’occasione è quella giusta per comprendere cosa volesse dire chi parlava di una letteratura che può salvare la vita.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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