Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

LA BANALITÀ DEL MALE – ALCUNE RIFLESSIONI SULLO STUPRO DI PALERMO (di Matteo Fais) 

'FALLA UBRIACARE'. POI IN SETTE LA VIOLENTANO A PALERMO

In Pulp Fiction, di Quentin Tarantino, i due killer, magnificamente incarnati da John Travolta e Samuel L. Jackson, mentre si recano a uccidere un gruppo di spacciatori, per conto del loro capo, Marsellus Wallace, discutono di questioni quali il nome del Big Mac in Francia e se un massaggio ai piedi sia erotico o meno. Pochi minuti dopo, freddano a sangue degli esseri umani, per una partita di droga non pagata, quasi con fare noncurante o drammaticamente grottesco. 

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Il nome di tutto ciò è stato reso coniato dalla filosofa Hannah Arendt. Si tratta della banalità del male. Lei usa tale espressione in riferimento ad Adolf Eichmann, il noto militare e criminale di guerra che programmò la Soluzione Finale, sostenendo che questo, pur avendo portato a compimento un terrificante sterminio di massa, sia stato un uomo qualsiasi, un comune padre di famiglia che si preoccupa per l’andamento scolastico dei figli, un funzionario ligio al dovere, sempre puntuale sul lavoro come alle cene in famiglia. Ebbene, aveva ragione: tutto ciò è perfettamente possibile. I mostri spesso hanno le sembianze dei normali.

Lo dimostra bene il caso dei sette ragazzi che, a Palermo, hanno abusato della loro conoscente, per poi recarsi, come se niente fosse, a rinfocillarsi in rosticceria, esattamente come i criminali del film, dopo altre peripezie che li porteranno a un’ulteriore uccisione accidentale, e alla rimozione di pezzi di cadavere da un auto, finiranno a fare una tipica robusta colazione all’americana.

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L’aspetto che certamente lascia interdetti, oltre la brutalità dell’atto in sé e l’assenza totale di empatia, è il fatto che questi giovani, quasi tutti appena maggiorenni e uno minorenne, abbiano addirittura pensato di riuscire a farla franca, dopo aver precedentemente portato la tipa in un bar per farla ubriacare, avendo usato il cellulare (portandoselo appresso e filmando l’atto) e malgrado tutte le telecamere sparse nell nostre città, in ciò dimostrando, oltre alla banalità, la stupidità del male in loro.

Naturalmente, a questo punto, le speculazioni in merito alle loro colpe si sprecheranno: la famiglia, la scuola, la televisione, la pornografia e bla, bla, bla. Tutto pur di non riconoscere il soggetto come artefice del proprio destino e dell’altrui disgrazia. Non c’è nessun nichilismo che, come uno spirito demoniaco, si aggira per le strade possedendo le anime misericordiose, o un Max Stirner come ispiratore dei loro atti. Non c’è neppure bisogno di aver frequentato l’oratorio da bambini per evitare di violentare, e per farlo non è necessario ritenere che non vi siano prove a sostegno dell’esistenza di Dio – nel nome del quale, più di una volta nella Storia, degli uomini sono stati uccisi senza alcuna pietà.

Semplicemente, l’umanità è anche questo: stupida e barbara, ignora il peso delle proprie azioni, senza neppure sceglierle per la loro perversità, e prova un malsano gusto per la distruzione. Vive, appunto, entro la banalità del male. E forse è proprio per questo che i più nutrono un segreto timore verso qualsiasi forma di rivoluzione, dopo che una situazione si è più o meno pacificata entro un ordine stabile, perché in una fase di transizione, se le cose dovessero sfuggire di mano, si sa che sarebbero i violenti a prevalere.

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Poi, resta il fatto che una ragazza che esca con sette persone più o meno a lei note e accetti di ubriacarsi, ha un disagio, in particolare a quell’età. O è affetta da una sincera vocazione per la cupio dissolvi, o deve recarsi da uno psichiatra chiedendo disperatamente aiuto. Fare queste cose non è normale, soprattutto verso sé stessi, perché si perde la capacità di tutelarsi, anche se tutti vorrebbero far credere alle donne di non dover pensare alla propria incolumità, perché è sbagliato che ti violentino. Sì, ma il mondo non funziona esattamente come credono i cretini. Questa sessualizzazione diffusa, peraltro, ci sta portando su una brutta china. Non è per niente normale vivere in una spiaggia di nudisti, senza potersi abbandonare ai propri istinti, che piaccia o meno.

Matteo Fais 

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.

Un commento su “LA BANALITÀ DEL MALE – ALCUNE RIFLESSIONI SULLO STUPRO DI PALERMO (di Matteo Fais) 

  1. Tutto condivisibile, tranne la chiosa finale; ho praticato campeggi naturisti per 20 anni fra Istria, Slovenia e Carinzia: non sorge alcun istinto. Ciascuno si gode il suo rapporto “intimo” con sole, mare e vento, senza gli straccetti bagnati – quelli sì ammiccanti (studiatamente per quelli femminili) – addosso.
    Se proprio volevo farci caso, potevo notare: anziani in carrozzina, persone con arti amputati, donne mastectomizzate, aitanti 40enni col sacchetto degli stomizzati.
    Comunque lo so che in Italia il nudismo è inteso come una sfilata di bellezza.

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