Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

VALERIA FONTE E L’ODIO DI GENERE DELLE FEMMINISTE, COSÌ SIMILE A QUELLO DEI MASCHILISTI (di Clara Carluccio e Matteo Fais)

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Più che un libro, un trattato da centro di igiene mentale contenente l’intero spettro dei disturbi psichiatrici possibili. Il pamphlet schizofemminista di Valeria Fonte, Ne uccide più la lingua (DeAgostini), è ideale per essere studiato da un’equipe di specialisti. “Essere donna non è una colpa” sta scritto nell’introduzione. Perché, chi diavolo sosterrebbe il contrario oggigiorno? 

La degente dallo sguardo truce e l’ostentata villosità ascellare raduna lə suə seguacə – “rido”, come scrive lei in italiano whatsapparo – nel sacro rito dell’eucaristia editoriale: “questo non è ‘UN’ libro: è ‘IL’ libro che si offre in sacrificio alle vostre bocche”. La Messa ha inizio, soffrite in pace. 

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Valeria Fonte, Ne uccide più la lingua, DeAgostini.

“Violenza” è il vocabolo che ricorre con maggiore frequenza in questo diario del disagio, scritto secondo i dettami della fantalingua inclusiva, tra schwa e altre nuove amenità: “violenza misogina”, “violenza giornalistica”, “violenza sistemica”. In cosa si sostanzi questa Viulenza!, per Valeria Fonte, è presto detto: “Violenza è, in realtà, ogni cosa che ti fa stare di merda”

L’autrice pretende che si faccia affidamento sulle percezioni soggettive anche per definire atti che pertengono alla sfera penale e che, per forza di cose, necessitano di prove e fatti assolutamente incontrovertibili. Seguendo le sue teorie, le aule dei tribunali si convertirebbero in studi dove praticare una sorta di terapia collettiva ed emettere condanne su base emotiva

Ma, dal generale al particolare, quando inizia a fare esempi di quello che, nella sua testa, è classificabile come stupro, le cose appaiono, per assurdo, anche più allucinanti e allucinate: “Un fidanzato che chiede un rapporto sessuale e insiste nonostante tu non abbia voglia ti sta stuprando. Un coniuge che usa la scusa dei ‘doveri matrimoniali’ ti sta stuprando. Se si toglie il preservativo a rapporto iniziato e non te lo dice, ti sta stuprando”. 

Spiace dirlo alla paziente ma, finché l’insistenza si limita alle parole, non è stupro. Usare la scusa del matrimonio, non è violenza, ma solo il tentativo di farti cambiare idea. Tra parentesi, se una moglie o compagna non ha piacere nell’intrattenersi in rapporti sessuali con la persona con cui vive, la soluzione più semplice è abbandonare il domicilio, o allontanare – se la proprietà è sua – il convivente dal posto in questione. Peraltro, ma mollare il marito o il fidanzato, no? Viene da chiedersi perché una rifiuti la via più ovvia. Ah, ma questo gioco di prestigio di togliersi il preservativo durante il rapporto, esattamente, come avviene? La donna non si rende conto della differenza tra carne e lattice?

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Una paranoide fatica letteraria che vuole indurre le donne a vedere, non solo nel singolo individuo (“sono i nostri mariti, fidanzati, padri, cugini, professori, amici”) ma anche nella società tutta, nelle istituzioni, nel Governo e in ogni categoria lavorativa, uno stupratore. L’autrice si scaglia, infatti, contro un fantomatico “sistema di potere” che vorrebbe le donne morte – quando, in verità, si grida a ogni piè sospinto alla necessità delle quote rosa. 

Interessante notazione anche “Noi, a casa degli stupratori e dei violenti, ci andiamo di nostra spontanea volontà”. Possibile che non le passi neppure per l’anticamera del cervello che buttarsi nel mare infestato dagli squali non è da temerarie, ma da cretine? Niente da fare, lei insiste: “Non ho più smesso di imboccare le strade buie e notturne mentre mi infuoco se sento un ‘ciao bella’ alle mie spalle. Non ho più smesso di ubriacarmi e di scansare con violenza le mani sulla mia faccia che chiedono un bacio con la lingua. Non ho smesso di ballare sui tavoli lerci delle discoteche alzandomi la gonna. Non ho più smesso di essere sempre pronta, come un’arma carica, a sparare”. Insomma, non ha mai smesso di buttarsi nel mare infestato dagli squali! Come se ci fosse qualcosa di male nell’essere così saggi da evitare di ficcarsi in una situazione potenzialmente pericolosa. Pensate cosa direbbe una moglie, con un po’ di cervello, al marito che le raccontasse di essere stato derubato del suo Rolex, dopo aver attraversato un quartiere malfamato alle 3 di mattina: “Beh, pure te, un po’ pirla lo sei stato”. Già, ma per lei è diverso: tutti le mettono le mani in faccia e la lingua in bocca. 

Il mio mestiere è diventato imparare a rendere pubblica la mia rabbia esagerata”: un pensionamento, sfortunatamente, molto lontano, per il mestiere più nuovo del mondo.

Nata nel 1998, più che appartenente alla generazione z, si percepisce coetanea delle bisnonne analfabete, senza diritto di voto e impegnate unicamente nell’accudimento e nutrimento della prole, portando avanti un’inutile lotta da suffragetta di ottava generazione: “Finché il lavoro di educazione e domestico verrà visto come peculiarità innata delle femmine, la loro partecipazione alla vita politica sarà sempre una concessione, una sorpresa o un’eccezione” – “educativo e domestico” suonerebbe meglio. A ogni modo, continuando a immedesimarsi con le centenarie, ne sta assimilando anche la demenza senile. Le rendiamo noto che, nell’attuale panorama politico italiano, ci sono donne che occupano ruoli, per così dire, apicali (si pensi solo a Giorgia Meloni ed Elly Schlein). 

Prosegue descrivendo un’inverosimile educazione a esclusivo vantaggio del maschio, mentre le femminucce verrebbero tutt’ora oppresse già in tenera età: “Ci dicevano che si parla solo se interpellate, che coi grandi si ascolta, che prima si deve chiedere il permesso, che bisogna fare attenzione alle parolacce”. In realtà, si tratta di indicazioni di massima che vengono impartite, in tutti gli ambienti civilizzati, a entrambi i sessi. Fa peraltro sorridere che un’autrice, la quale vive, per così dire, con “il cazzo sempre in bocca”, nei suoi post come nel libro che ha scritto, lamenti di essere stata dissuasa dal fare uso del turpiloquio.

“Agli uomini non viene richiesta una simile superficialità. A loro è concesso arrabbiarsi per qualcosa che vada oltre i punti neri sul naso. La rabbia degli uomini è legata a una dimensione esterna: ciò che li fa incazzare si trova fuori. Una giornata lavorativa frustrante, un passante che ha urtato loro la spalla sinistra, una fila troppo lunga alle poste, una paga non adeguata, un desiderio non appagato, un bisogno legittimo mutilato, un diritto non concesso”: in effetti, è difficile immaginare che la cassiera della LIDL esca dal market smadonnando, o che la signora in fila per ritirare la pensione sbuffi e si lamenti.

Miss Viulenza! ha ideato anche un test a risposta chiusa da sottoporre agli uomini, per renderli più consapevoli del loro comportamento misogino e porvi rimedio: “Hai mai urlato in faccia a una donna? Hai mai esercitato la tua gelosia? Hai mai fischiato per strada a una donna? Hai mai definito “troia” una donna? Hai mai partecipato alle battute sessiste da spogliatoio? Hai mai evitato di spiegare a un altro uomo dove stava sbagliando? Hai mai ignorato volutamente un’affermazione misogina?”. Gelosie, battute, urla e insulti, tutte cose che, nel Favoloso mondo di Valerie, appartengono solo al genere maschile. Alzi la mano chi non ha mai visto una donna urlare in faccia a un uomo, in preda alla rabbia più nera, o chi non ricorda una femmina incattivita dare al maschio che sta al suo fianco del “maledetto puttaniere”. Ma vogliamo parlare dello stalking femminile? Meglio stendere un velo – non islamico e castigatore – pietoso!

Le misandriche patologiche dovrebbero scegliere una linea di attacco più salda, meno borderline, nello stabilire cosa sia un insulto. La lotta femminista, come abbiamo visto, passa attraverso la normalizzazione del termine “troia” come forma di emancipazione e di lotta politica (“meglio troia che fascista”). Mi autoproclamo puttana e in tal modo, depotenziando la forza dell’offesa, questa non può più ferirmi – la stessa Fonte si è tatuata sulla coscia la parola “cagna”. Il concetto avrebbe anche senso se non fosse che, la ragazza in questione, miri esclusivamente ad esercitare il controllo del linguaggio e del pensiero sull’altro sesso. A rigor di logica, chi si presenta come troia dovrebbe sentirsi a suo agio nell’essere definita tale. Ma, nella nuova clinica psichiatrica DeAgostini, non è così. Se fosse cresciuta nella società patriarcale che tanto denuncia, avrebbe già preso una valanga di mazzate, sia per il vocabolario che per il tatuaggio.

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Ma la Fonte è così, lei risulta animata da intenti pedagogici: “Non esiste in nessuna aggregazione sociale sana che tuttз possano dire, sempre, tutto. Io, a un misogino, non gliela concedo la libera espressione. Neppure lo Stato dovrebbe. I discorsi misogini andrebbero sanzionati e resi denunciabili come crimini d’odio”. Qualcosa di molto simile, in Corea del Nord, lo sostiene anche Kim Jong-un nei confronti dei capitalisti. Lo stesso Leader Supremo che manderebbe la Fonte in un campo di rieducazione, insieme a tutte le donne e gli uomini fedifraghi – che sublime forma di parità di genere! A lei dovrebbe piacere, visto che invoca l’intervento statale contro i maschi: “Non è compito mio ‘salvarli’ dall’ignorare le dinamiche oppressive che perpetuano senza neppure saperlo. Perché qui non c’è nessuno da salvare. La responsabilità di lacune educative così profonde non è del singolo uomo e il compito di colmarle non è mio. Il maschio diventa un oppressore perché la cultura che lo forgia lo vuole tale”. Ecco perché bisogna limitare le possibilità dello Stato al minimo, perché qualcuno, come Kim o la Fonte, potrebbe democraticamente salire al potere.

Scherzi a parte, ciò che si respira in questo testo è esattamente l’odio di genere rovesciato che anima le frange più estreme dei forum redpill e incel. Da una parte chi odia tutte le donne indistintamente, dalla manager alla poveretta che lava le scale, perché loro sono sessualmente privilegiate, “ci affamano”, e “possono farsi OnlyFans per non lavorare e spennarci”. Dall’altra, Valeria Fonte e squinternate simili che attribuiscono un privilegio diffuso all’umanità dotata di pene. Entrambi trasformano il loro disturbo paranoide in ideologia e auspicano la rieducazione altrui, fomentando le menti più deboli e inasprendo la naturale dialettica tra i sessi.

“Se sceglierai di mangiare le mie parole, sappi che la conseguenza chiara e inevitabile è che diventeranno le tue, vivranno nel tuo corpo e usciranno fuori per rispondere con veemenza ogni volta che l’odio di genere si paleserà”. Fortunatamente, il nostro metabolismo funziona a sufficienza da far fuoriuscire questo libro dagli sfinteri più appropriati.

Clara Carluccio e Matteo Fais 

LE BIOGRAFIE

L’AUTRICE 

Clara Carluccio nasce a Milano, nel 1985, e risiede attualmente in provincia di Brescia. Per errore di gioventù studia alla scuola agraria del quartiere Comasina di Milano, incidentalmente ubicata in prossimità dell’istituto Paolo Pini, il manicomio in cui venne rinchiusa la poetessa Alda Merini. Dopodiché, decide di perfezionare la sua conoscenza del mondo tra lavori precari e umilianti della peggior specie. Si trova così a svolgere mansioni quali: Oss in una RSA, segretaria, barista, guardarobiera in discoteca non guardata da nessuno, cameriera ai piani, cuoca incapace in un centro disabili, domestica – non dite colf – in nero e banconiera al supermarket declassata poi al semplice ruolo di scaffalista inutile al mondo e a se stessa – il tutto con un contratto da stagista. Suo malgrado, colleziona infruttuosi corsi di cucito, danza quale tribal fusion e contemporanea, naturopatia. È appassionata di lingue straniere, in particolare inglese e portoghese. È approdata a “Il Detonatore” dopo vari messaggi di stalking rivolti all’indirizzo di Matteo Fais. La trovate su Facebook e Instagram, ma non riesce a postare i suoi link.

Telefono: +393516990430

Emailclaravirgola@gmail.com 

L’AUTORE

Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais

Instagram: http://www.instagram.com/matteofais81

Facebook: https://www.facebook.com/matteo.fais.14

Chat WhatsApp di Matteo Fais: +393453199734

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.

 

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