UNA SCOMODA VERITÀ: LA SESSUALIZZAZIONE È ECCESSIVA (di Matteo Fais)
Pura cronaca nera: un operaio napoletano, il primo di maggio, usando modi gentili, avrebbe caricato nella sua macchina una ragazza, in vacanza a Rimini, che doveva tornare a casa e l’ha violentata più e più volte, sostanzialmente mettendo in atto un sequestro di persona.
Siamo tutti d’accordo: questa è coercizione, sopruso, soppressione della libera volontà altrui e va punita. Non si può raccattare una donna dalla strada e prenderla contro la sua volontà. Questo è orrore, come ogni volta in cui una persona non desidera di avere a che fare con qualcuno, su un piano intimo.
Cionondimeno, per quanto brutale possa essere il fatto, la situazione che viviamo, sessualmente parlando, è totalmente sbagliata. Perché? È ambigua, violenta verso gli esclusi, sovraeccitante. Accendi la TV e vedi culi e tette. Vai in giro, in piazza e in spiaggia, e – santo cielo – sono tutte nude. Nessun maschio sano di mente può vivere nel preambolo di un porno, dai 14 ai 55, eternamente, senza consumare o facendolo di raro. Tra donne in abiti succinti, o si agisce o si impazzisce.
Possiamo raccontarci le cazzate che vogliamo, ma è così. Tutta questa stimolazione crea squilibri, sul lungo termine. I più, essendo civilizzati, non reagiscono, subiscono e, tra i 50 e i 60, si ritrovano con un cancro, presumibilmente localizzato nella prostata, dopo una vita trascorsa in inutili tribolazioni.
Certo, se ci fosse una vera liberazione sessuale e tutti avessimo diritto al godimento, sarebbe diverso, ma così non può essere, né mai sarà – purtroppo, è inevitabile.
Sta di fatto che non si può vivere tra culi e tette, tette e culi, senza sviluppare nevrosi, manie, ossessioni e finire in cura da uno psicologo, pur sapendo che l’infanzia non c’entra un cazzo, dato che durante quel periodo il desiderio nel senso più specifico del termine è assente. Secondo voi perché, malgrado il ’68, ci sono tutti questi siti porno? Se fossimo davvero sessualmente liberi, ciò non accadrebbe.
E, attenzione, non è che il maschio sia una bestia. Il fatto è che non si può continuamente sollecitare il suo istinto animale e pensare seriamente che nessuno reagisca in modo violento, spezzando le catene che garantiscono la civile convivenza. Anche se è immondo, purtroppo, in società certe reazioni sono inevitabili, quando poni sotto stress determinati soggetti.
Naturalmente questa non è e non vuole in alcun modo essere una giustificazione, o un’apologia, della violenza ma, entro un tale regime – ciò è inevitabile -, per quanto il femminismo possa battagliare per educare gli uomini, la forza bruta della natura emergerà sempre.
No, non è normale che uno sia costretto alla visione delle tue mutandine e, poi, se ti parla, debba pure prendersi del porco – può avere un senso solo entro una comune e condivisa dinamica di liberazione. Spiace, ma una donna che pensa non ci sia niente di male nel sostare nuda di fronte a uomini che non desidera o è scema o mente sapendo di mentire, come quando sostiene di vestirsi in un certo modo solo per sé stessa. In pubblico, ogni cosa, anche l’abito, ha una valenza politica.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.