Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

ANNINA VALLARINO, “DRAMA” – ECCO UNA SCRITTRICE A CUI I MASCHI DOVREBBERO DEDICARE UN MONUMENTO (di Matteo Fais)

“«Chiunque sia, è quello che si merita». Livia fissa il soffitto con aria assorta. «Ma sai cos’è uno stato di diritto?»” (Annina Vallarino, Drama, Neo Edizioni).

Inutile nascondersi che questo tempo è funestato da una vasta, quanto malsana, percentuale di donne emotivamente e ideologicamente vicina al femminismo, in una qualche delle sue varianti – tutte, comunque, riconducibili a posizioni da TSO immediato. Tali affiliate aspirano al predominio del femminile sul maschile, quando proprio non si spingono ad auspicare l’estinzione dei portatori sani di pene. Fondamentalmente si tratta del rovesciamento del passato maschilismo, in una chiave più violenta e maniacale. La loro rappresentante più agguerrita e mentalmente instabile è la scrittrice e attivista Valeria Fonte.

Sull’altro versante, vi sono una serie di furbette in gonnella che hanno mangiato la foglia, comprendendo che esiste presso il genere maschile un sincero malcontento dovuto alla fine della predominanza testosteronica e, in parte, anche al fatto che la società femminista porta l’uomo a chiudersi in una difesa rabbiosa, per via delle continue e infondate accuse rivolte nei suoi confronti. Per guadagnare qualche follower, queste infami hanno tradito il proprio genere di appartenenza e supportano le posizioni maschiliste di ritorno, dicendo ogni nefandezza contro le donne e la loro libertà attuale. Un esempio su tutte è la youtuber Hannah Pearl Davis.

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Esiste, poi, una minoranza che, anche in questo clima da caccia alle streghe, non cede all’isteria e alla propaganda dell’odio di genere. Donne che non considerano gli uomini quali nemici, pericoli pubblici, stupratori seriali, predatori sempre in agguato e molestatori senza vergogna. Femmine, insomma, che appoggiano un’idea di libertà e parità di genere, senza vivere attanagliate dalla paranoia e con la necessità psichiatrica di trovarsi un nemico da odiare.

Si potrebbe tranquillamente ascrivere alla categoria la giornalista, editor e autrice Annina Vallarino, appena uscita, per la Neo Edizioni, con Drama. Non è un’esagerazione sostenere che ogni uomo sano di mente – quindi non maschilista –, vittima come tutti gli altri della persecuzione femminista, dovrebbe erigere un monumento nella piazza della propria città a questa donna, o quantomeno acquistare dieci copie del testo in questione e regalarle ai propri amici, pregandoli di fare altrettanto.

Il romanzo è la storia di Eva, una giovane espatriata a Londra, in fuga dai fantasmi italiani della propria storia famigliare. Uno dei suoi migliori amici, Daniele, è accusato di violenza da parte della collega Christine. Mentre tutti gli danno addosso, isolandolo ed emarginandolo, lei è l’unica a restare lucida e praticare il dubbio rispetto a una situazione palesemente poco chiara – o, per meglio dire, resa confusa dall’eccesso alcolico tipicamente londinese.

È d’obbligo sottolineare, a ogni modo, che il giudizio positivo sul testo non è, come sempre dovrebbe essere quando si valuta un’opera letteraria, motivato da vicinanza ideologica. Il libro è proprio scritto bene. La Vallarino padroneggia la tecnica, sa narrare e descrivere, dare ai dialoghi una forma compiuta e realistica. Ma l’aspetto più importante è che la sua protagonista tutto è fuorché un personaggio stilizzato da romanzo a tesi. La figura di Eva non è netta e scontornata con le forbici. Il conflitto e l’assenza di certezze la abitano, rendendola immensamente umana, e inducono empatia nel lettore (“Ho bevuto due calici di prosecco con l’auspicio che non mi chiedessero opinioni su niente, e per fortuna non l’hanno fatto, convinti, credo, che le mie coincidessero esattamente con le loro, su ogni questione, dal conflitto israelo-palestinese alla politica americana, dal capitalismo all’ambientalismo, dal femminismo all’islamofobia […] In ogni caso, non avrei saputo cosa dire. Su tutto ciò di cui loro hanno un’idea chiarissima, granitica, ovvia, io mi limito a coltivare dubbi”).

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Lontana dal becero immaginario femminile dei nostri giorni, la protagonista è ben lungi dall’essere una rappresentazione dell’empowerment sociale e personale della donna libera e in carriera – insomma, non si può certo dire che la Vallarino strizzi l’occhio al politicamente corretto. Per esempio, pur vivendo a Londra, non appare esattamente come la tipica cittadina del mondo entusiasta, senza aderire per questo a uno sciovinismo fanatico (“La vita da espatriata, in una metropoli, si basa su due o tre amici veri, e io continuo a perderli. Ma è il destino dei nostri tempi. Perdi la famiglia, perdi gli amici, e poi? Poi adotti un cane”; “Nel dirlo, rido amaramente. Abbiamo svenduto il vecchio mondo troppo facilmente, illusi che il nuovo fosse la terra promessa. E non lo è”). Tendente al bicchierino facile, per trovare consolazione da una certa ansia sociale, ha il buon gusto di non menarla con la body positive, per il suo corpo che continua ad allargarsi, chiedendo a gran voce l’accettazione sociale (“Da burrosa a obesa il passo è breve e, a differenza delle nuove modelle curvy, non ho la capacità di compiacermi di pieghe, cellulite, strabordamenti, triple pance. Essere grassa mi stanca”). Non tenta neppure di far ricadere le colpe delle proprie scelte sbagliate su chi la circonda, specie se maschi, magari con un’accusa di molestia, ben sapendo come stare al mondo senza essere troppo dura né con sé stessa né con gli altri (“Le sbronze sono un campo minato di ricordi torbidi e sensi di colpa. Colleziono le notti in cui, annebbiata dall’alcol, sono finita a letto con tizi che, da sobria, non avrei nemmeno notato”). Quando quello con cui credeva di avere una relazione la mette di fronte al dato di essere unicamente friends with benefits, lei si limita a mollarlo molto civilmente, senza riproporre il solito piagnisteo sugli uomini di un tempo che non esistono più (“Un enigma che resiste a decenni di libertà sessuale. L’uomo, prima tutto cortesia e moine, sazia la fame e sparisce con un grugnito. Sgradevole, sì, ma non è un crimine”).

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Il romanzo funziona, si muove con il giusto ritmo, sa prendersi i suoi momenti di respiro senza aggiungere del superfluo per riempire pagine, e ricostruisce attentamente tutto un clima culturale occidentale genericamente perverso (“scrollo distrattamente la bacheca di Instagram per calarmi nell’oblio. Siparietti di vita quotidiana, cocchi di mamma trattati come scimmiette ammaestrate, proclami di felicità che puzzano di disperazione, consigli di acquisto travestiti da grandi epifanie esistenziali, pensierini di mitomani semicolti convinti di non so quale brillantezza, culi in primo piano per dare una svolta a giornate vuote. Eppure sono ancora qui, con loro”). Fa emergere la narrazione distorta di un mondo in cui un’accusa di violenza, dopo essere stata posta, viene accettata senza alcuna indagine razionale (“L’unica certezza a cui posso aggrapparmi è che nessuno ha cercato la verità”). Anche la storia personale di Eva si inserisce perfettamente nella struttura per ripercorrere l’affermarsi, nel tempo, di una certa menzogna costruita intorno al maschio, visto sempre come violento e pericoloso.

Ma quello per cui è impossibile smettere di ringraziare l’autrice è l’aver fatto porre, nel dialogo tra la protagonista e la sua superiore in ufficio, la domanda che ogni donna dovrebbe avanzare alle altre che le stanno vicino, in una situazione delicata: “«E se succedesse a suo figlio?»”. Perché, in ultimo, noi esistiamo solo grazie al fatto di aver transitato nel corpo di un essere femminile, essendo prima di tutto figli di qualcuna. Considerarci come totalmente altro da loro sarebbe, oltre che ingiusto, impossibile. Dietro ogni uomo c’è una donna, anche se alcune vorrebbero fare finta che i due sessi appartengano a differenti galassie.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni)

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