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MOSTRE IN ITALIA – TOULOUSE-LAUTREC E L’UMANITÀ COSÌ ALLEGRA E MISERA FATTA DI CARNE E SPIRITO (di Chiara Volpe)

Aveva appena 4 anni quando, insieme ai genitori, si recò in chiesa per il battesimo di un fratello. Vedendo che tutti, a un certo punto, firmavano su un registro, lui urlò “anch’io!” “Ma se non sai ancora scrivere”, obiettò la madre. “Che importa, farò un bove”.

In seguito, quel bambino che aveva firmato con un bove, non perse mai l’occasione di disegnare tutto ciò che di attraente e interessante scorgesse intorno a sé.

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Il profondo affetto tra Henri de Toulouse-Lautrec e sua madre, unito a l’irresistibile amor vitae scaturito probabilmente anche dalla sua infermità, lo guidarono sempre alla scoperta dei segreti del mondo. Nelle linee dei volti, nella morbidezza di capelli sciolti, in momenti intimi e fuggevolissimi che sapeva cogliere e fissare nell’attimo giusto e irripetibile, egli scorgeva la trama della storia, dramma o farsa non importa. Non aveva certamente la pretesa di cambiarlo il mondo: bello o brutto, buono o cattivo che fosse.

Nonostante l’infelicità, che senz’altro faceva da sottofondo ma soprattutto da incitamento alla vita senza false adulazioni e ipocrisie, il suo spirito era scanzonato, non aveva nulla di maledetto o romantico secondo cliché predefiniti. Fuggiva la lirica e concentrava la sua attenzione sensibile ai moti interiori delle sue eroine, scelte all’improvviso e casualmente. 

Senza alcun interesse verso una resa realistica e aneddotica, a volte si incapricciava dei capelli di una sconosciuta, come nel caso di Carmen Gaudin, operaia di Montmartre, dalla bellissima capigliatura ramata e ribelle. Altre volte, ciò che lo rapiva era un istante, come la goccia prima di toccare terra. Il fiato sospeso, e così, Madame Poupoule è colta nell’atto di truccarsi, si guarda allo specchio malinconicamente, forse inorridita dalla propria immagine, ha il volto quasi interamente coperto dai capelli e tutto si risolve in quel respiro, alito ghiacciato su una quotidianità abbrutita e triste.

Non si trattava di denunce, Lautrec esponeva l’autenticità agli occhi di chicchessia, a partire dalle prostitute, così umanamente studiate. Anzi, si divertiva a ricevere le persone di riguardo proprio nei bordelli, come accadde per il grande mercante d’arte Durand-Ruel, difensore dell’avanguardia, che impaziente di ottenere un appuntamento col pittore, si guardò bene in seguito dal raccontare di essere stato ricevuto in una casa di tolleranza, circondato dalle tele e dalle inquiline. 

Fu in una di queste pensioni che Treclau (anagramma e pseudonimo col quale ogni tanto firmava le sue opere) volle trascorrere un periodo di riposo, consapevole che il suo tempo vitale fosse sul punto di raggiungere il limite.

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“Sempre e dovunque, anche il brutto ha i suoi aspetti affascinanti; è eccitante scoprirli là dove nessuno prima li ha notati”. Senza la sua pittura non si potrebbe cogliere fino in fondo la belle époque, ma soprattutto l’umanità allegra e misera di quei tipi umani, immortalati in carne e spirito.

Sempre più giù, preda dei demoni dell’alcool e delle droghe come oppio e assenzio, divenne via via più aggressivo e paranoico, ma mai perse la sua naturale empatia e la capacità di immedesimazione con i “diversi”, perché tale anch’egli si sentiva. Pochi sono riusciti a dedicare la propria arte all’espressione di ciò che viene emarginato, fuori da ogni convenzione sociale. Ubbidiente solo alla propria creatività.

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E grazie alla generosità della madre, “Giunone Lucina” come la chiamava lui, che con una cospicua donazione permise la creazione del museo di Albi dedicato al figlio, oltre 200 dipinti e altrettanti disegni, manifesti e litografie furono raccolti ed esposti, giunti fino a noi.

Fino al 30 giugno, Henri de Toulouse-Lautrec sarà in mostra a Rovigo, palazzo Roverella.

Chiara Volpe

L’AUTRICE

Chiara Volpe nasce a Palermo, nel 1981. Laureata in Storia dell’Arte, ha svolto diverse attività presso la Soprintendenza per i Beni Culturali di Caltanissetta, città in cui vive. Ha lavorato per una casa d’Aste di Palermo, ha insegnato Arte, non trascurando mai la sua più grande passione per la pittura su tela, portando anche in mostra le sue opere. Attualmente, collabora anche con il giornale online Zarabazà.

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