Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

LA MOSTRA DI EL GRECO, L’ARTISTA DELLO SPIRITO (di Chiara Volpe)

Paranoico, disadattato, stravagante e megalomane lo definisce un medico portoghese; degenerato per le sue “figure patibolari” lo bolla invece un medico spagnolo. Strabico e astigmatico lo definiscono un medico tedesco e un oculista spagnolo che non trovano di meglio che attribuirgli difetti visivi per spiegare le sagome allungate, deformate e asimmetriche della sua pittura. Ci fu anche chi cercò di spiegare anomalie e ambiguità pittoriche di El Greco con un’ipotetica omosessualità e addirittura con l’uso di hashish.

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Lo hanno ingabbiato nel misticismo, poi nel manierismo, ma chi era quel pittore senza meta, geniale e sfuggente, magro e con gli occhi vivi e intelligenti? Se lo domandava anch’egli, parlando con sé stesso, alla luce fioca di una finestrella, insufficiente per vedere ma propizia per conciliare l’intimità di un discorso interiore.

“Senza che mi distragga la nascosta prepotenza delle cose” scriveva, perché avvertiva chiara la supplica della materia che, disperatamente, gli si affidava affinché fosse sottratta alla polvere, al nulla del domani, verso l’infinito e l’eternità. “La mia pittura con furore e insieme con caritatevole tenerezza, insegue questo miraggio d’una durata senza fine”.

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È nel suo studio che si confessa totalmente, cede alla necessità di esprimere unicamente ciò che vuole e sente di dover dire. Lì, dove modellini di cera pendono dal soffitto e un drappo di seta su una sedia si srotola in pieghe ondose e casuali. Lì lui siede al buio, di fronte al suo cavalletto, fra sgabelli, cassapanche e telai, accanto a sé un vaso pieno di pennelli.

“Non voglio uscire, perché la luce del giorno disturba la mia luce interiore”, preferisce abbandonarsi e sentirsi sé stesso più che mai, come accade quando si è in preda al più cieco degli amori. Preferisce inoltrarsi nel suo roveto arditamente, fra decine di specchi che moltiplicano il suo sguardo impietoso che esige che affronti i suoi demoni. In questo gioco di rimandi, egli non vuole che la morte gli sia straniera, ma la mescola alle sue forme, ai suoi colori, ne fa affiorare la lucentezza malsana, acuisce la profonda bellezza delle sue figure, la invita, corteggia, e poi?

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E poi Resurrezione. Quella carne risorge, la fine come una infinita nascita, la sua pittura squarcia il cielo, apre spiragli oltre i quali il vero spazio, la vera luce.

La sua arte si tramuta in uno strumento, un’arma in grado di proiettare fuori da sé tutto ciò che c’è di nascosto, mette allo scoperto senza pudore un povero mortale capace di grazia. “D’un Cristo mi rimproverarono l’atroce pallore. Era il pallore di chi sa il giorno e l’ora in cui deve morire”. El Greco dipinge non i suoi peccati, non i suoi vizi, ma uno struggimento, come un colore che manca alla tavolozza, e in quel momento la sua arte si fa poesia, sazia la sua fame di un’altra vita, perversa o celeste non importa.

Egli raccoglie i segreti dei suoi modelli, le sue creazioni esprimono l’anima, si lasciano spogliare e, nei loro sguardi soprattutto, raggiungono l’estasi.

Ma anche la luce della lanterna sta per finire, a una certa ora, e sicuramente egli non ha finito le sue confessioni. “Devo riconoscerlo: i tanti specchi fra i quali la vecchiaia mi serra non mi son bastati; ma può darsi che nel tessuto stesso, ineguale, nodoso, a volte interrotto, delle mie parole vi sia molto di più di quanto non abbia detto. Io credo in ciò che sorpassa il dettato. È lo slancio per superarsi che conta e le mie figure sarebbero fantocci se non sconfinassero dal quadro, dalla cornice, dalla chiesa, dal museo, per realizzarsi volubilmente, continuamente, altrove”.

L’onda del suo respiro, dunque, non si affievolisce mai. Nella precaria materia vi è la chiave della speranza.

Dall’11 ottobre all’11 febbraio, a Palazzo Reale a Milano, El Greco sarà in mostra con oltre 40 opere, divise in sezioni, per un nuovo sguardo sul percorso di questo straordinario artista dello spirito.

Chiara Volpe

L’AUTRICE

Chiara Volpe nasce a Palermo, nel 1981. Laureata in Storia dell’Arte, ha svolto diverse attività presso la Soprintendenza per i Beni Culturali di Caltanissetta, città in cui vive. Ha lavorato per una casa d’Aste di Palermo, ha insegnato Arte, non trascurando mai la sua più grande passione per la pittura su tela, portando anche in mostra le sue opere. Attualmente, collabora anche con il giornale online Zarabazà.

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