Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

“IN CONTRATTEMPO”, UN LIBRO DI SAGGIA BANALITÀ (di Matteo Fais)

A un lettore forte – diciamo, quindi, con all’attivo almeno uno-due libri al mese – non può che risultare oltraggiosa la natura di certi testi che vengono stampati. “Perché mai anche questo volume?”, si chiederà, del tutto a ragione.

In effetti, il novanta percento delle uscite non aggiunge e non toglie niente a quanto già detto decine, se non centinaia, di volte nella storia della letteratura e del pensiero. Ma forse, è la prospettiva a essere sbagliata: ribadire l’ovvio, per tutti coloro che non ne sono a conoscenza, aumenta le possibilità di entrarvi in contatto.

Per esempio, Einaudi ha recentemente pubblicato un testo di Gian Luigi Beccaria, In contrattempo – Un elogio della lentezza, che è un volumetto di mastodontica banalità per chiunque abbia compiuto studi umanistici avanzati, o un liceo in grazia di Dio – insomma, per pochissime persone -, ma potrebbe risultare incredibilmente utile a tutti i nuovi tecnici sfornati da un sistema dell’istruzione carente fino all’imbarazzante o, più in generale, a tutta quella gioventù forse irrimediabilmente perduta che pende dai vocalismi strozzati di Fedez.

Gian Luigi Beccaria, In contrattempo – Un elogio della lentezza, Einaudi.

Beccaria non è Foucault e neppure Sartre, manca dell’aspetto illuminante – probabilmente, non ambiva a esserlo con questo suo pamphlet. Ha semmai, a leggerlo, il sapore acre e un po’ stantio del caro vecchio nonno sempre troppo saggio per le orecchie indisciplinate del nipote. Cionondimeno, ha ragione su quasi tutta la linea.

Impossibile non essere con lui nel rifiuto della dinamicità esasperata e senza meta di questo tempo ottuso, in cui non si legge, non si studia, non si approfondisce, ma si scrive troppo pur avendo letto troppo poco. 

Certo, poi, l’autore ha il problema, per dirla con linguaggio dei giovani, di essere un boomer: anche se sostiene di non avere in odio gli avanzamenti tecnologici e di non rimpiangere “il ticchettio della macchina da scrivere”, come tutti gli umanisti di una certa età, è un feticista di carta e cartone, biblioteche e via dicendo (“Di meno però, forse, quelle reti ci portano le emozioni che ti dava il lento sfogliare le pagine di un libro, il vagabondare in biblioteche, le soste”; “Ciò che è appeso a uno schermo mi appare come piú labile rispetto a quanto è vergato/impresso su carta, che fisicamente ha una materialità piú solida, maggior consistenza nel suo stato materico-verbale rispetto al fantasma mutevole-scorrevole di ciò che compare in Internet, sul telefonino, sul tablet, dissolvibile, virtuale”). Impossibile non perdonarlo.

Per il resto, come già precisato, niente da eccepire. Non bisogna inseguire le mode letterarie; si ha da leggere lentamente per comprendere fino in fondo un testo e non da prodursi in foto pubblicitarie di volumi, accompagnandole a un breve canovaccio rimaneggiato fornito dalla casa editrice – avete sentito, maledetti book-influencer? -; e la scuola così com’è fa pietà (“Ci si è dimenticati che la scuola non deve soltanto servire, ma soprattutto formare”).

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Tanta immensa scontatezza, insomma, non è del tutto inutile e, se riuscirete a mettere questo breve testo nelle mani di vostro figlio dodicenne, sappiate che non potrà che fargli del bene. Se il suo di nonno o tu, padre o madre che sia, siete così ignoranti da non potergli trasmettere niente in tal senso, oltre a inculcargli il desiderio per il suo primo tatuaggio, magari capirà che “la lettura dei testi non ha mai fine, i punti di vista sono infiniti”, che “il contenuto di un testo artistico è inesauribile e imprevedibile, sempre in fuga”, o meglio ancora che “Gli scrittori non sono dei predicatori, dei pensatori, ma coloro che hanno affrescato per noi il mondo che stava loro attorno nel modo più efficace: al punto che sembra spesso più utile leggere in un romanzo la storia di un uomo corrotto che non in un saggio un intervento etico-politico sulla corruzione” – così, magari, invece di scartabellare la Murgia, tanto per citarne uno dei predicatori 2.0, sceglierà di abbeverarsi alla fonte di Balzac e Zola.

Scherzi a parte – ma questi scherzi sono in parte seri -, In contrattempo contiene anche passi tutt’altro che superficiali, persino per la maggior parte dei succitati critici in circolazione (“La magia dello scrittore sta nel saper trovare l’infinito nelle cose semplici, concentrare, isolare il valore ontologico di tutto ciò che esiste, ma senza assolutizzarlo, bensí rispettandolo nel suo essere, rispettando il “minimo”, perché ha una sua importanza ed essenzialità. I grandi scrittori posseggono una singolare carica visiva, capace di trasformare potentemente il particolare nell’universale”). Altri, poco ma sicuro, sono nella loro banalità quasi propagandistici, per non dire involontariamente menzogneri: “I libri di letteratura sono tutt’altro che un’evasione, un lusso piacevole e superfluo. Al contrario, sono spesso un fatto dirompente. Perché lo scrittore, in un mondo in cui ci si avvia a pensare tutti allo stesso modo, non si inscrive tra i tanti impiegati del progresso, ragionieri del consenso. La letteratura ha funzionato nei secoli come modello alternativo, piú come elemento di disturbo che come elemento consolatorio o affiancatore; si è rivelata spesso contestazione del presente, atto di ripensamento e magari di ostilità nei confronti della storia; ha espresso un dissenso, una insoddisfazione” – santo cielo, e allora come la mettiamo con tutti gli artisti venduti, asserviti e finanziati dal potere? L’Eneide non è in parte una gigantesca marchetta ad Augusto? Poi, naturalmente, esistono anche molti episodi, nella storia della letteratura, ascrivibili a tale narrazione.

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Per il resto, si potrebbero riportare decine di passi su cui sarebbe difficile negare l’applauso al saggista. Questo, tanto per dire, rende, in estrema sintesi, lo spirito che dovrebbe animare ogni scrittore: “La bellezza di una narrazione non risiede nello scorrere di una trama, nel dipanarsi di una “storia”. Sta nel come le cose sono dette, i suoi spezzoni sono registrati e montati, nel come è fatta e come si è fatta l’opera. Un testo non si riduce alla vicenda narrata. Conta la “costruzione” della storia, il come è fatto quello che l’autore dice. Sia in prosa sia in poesia la “confezione” e il ritmo di lettura che ne consegue sono il segreto dello scrivere composizioni legate, come delle “partiture” che soltanto una lettura attenta, interna e continuata può cogliere nella loro consistenza compositiva”. Altrettanto encomiabile è quest’altro: “Ed effettivamente preferiamo chiudere il libro quando l’autore sembra non voler dominare la scrittura, ma ne è dominato. L’aggettivazione inerziale, priva di caratura espressiva, lo scrivere come viene, le similitudini banali sono alcuni degli indizi piú stucchevoli negli scritti. Non ci attraggono racconti, fatti, fenomeni sociali che tendono a lasciarsi rappresentare da una lingua “automatica”, che ha il sopravvento su ogni rielaborazione. L’autore come faber sembra stia per diventare quasi una figura d’altri tempi”.

Sorvolando sulla tiratina anti no-vax – sarà mai possibile, in futuro, leggere un testo in cui non vengono criticati, soprattutto quando non c’entrano niente? -, l’unico gigantesco difetto di questo libro, come di tutta la cultura odierna che è riuscita a salvaguardare sé stessa dallo sfacelo imperante, è questo: compreso cos’è giusto e sacrosanto, ovvero dove risiede il Bene, come fare per farlo entrare in testa al Paese Reale, per esempio ai giovani che seguono la Ferragni? È ragionevole pensare che neppure Beccaria l’abbia capito e, in ciò, non è il solo.

Matteo Fais

Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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