Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

CARO SOROS, MANDACI UN BONIFICO (di Alex Vön Punk)

In Italia c’è solo una cosa che metta d’accordo tutti, da destra a sinistra, dalla Meloni passando per Salvini, fino ad arrivare a Marco Rizzo e agli altri comunisti: l’odio per George Soros.

Il filantropo ungherese è il nemico numero uno di ogni buon complottista. La sua colpa è quella di finanziare le ONG umanitarie, gli Antifa e il movimento Black Lives Matter. Ma, più in particolare, quello che non viene tollerato del buon George è di essere un intransigente sostenitore della democrazia, dei diritti civili e delle cause liberali.

Soros è da sempre impegnato in una qualche misura nella difesa della libertà individuale, oppositore dello Stato d’Israele che considera autocratico e illiberale, una finta democrazia – in questo senso, esattamente al pari di Russia, Cina e Iran, nazioni dove i governi in carica possono, con diverse valenze, violare a oltranza e senza contraddittorio i diritti umani.

Proprio sulla Cina, guarda caso, si sono concentrati alcuni suoi interventi pubblici particolarmente significativi. In uno tra questi, il filantropo ci ha ricordato il rischio che corrono gli individui vivendo nella “società del controllo”, specialmente sotto il regime di Pechino in cui “tutte le informazioni disponibili in quantità crescente su un individuo dovranno essere contenute in un database centralizzato per creare un «sistema di credito sociale». In base a questi dati, i cittadini verranno valutati da algoritmi che stabiliranno se rappresentano o meno una minaccia per lo Stato monopartitico. Verranno quindi trattati di conseguenza. Pur non essendo ancora del tutto operativo, il sistema di credito sociale ha un obiettivo già chiaro. Il destino individuale sarà subordinato agli interessi dello Stato monopartitico in un modo mai visto prima”. 

Sempre più infuocato, egli procede dicendo che “La Cina non è l’unico regime autoritario del mondo, ma è senza dubbio il piú ricco, forte e avanzato a livello di apprendimento automatico e intelligenza artificiale. Questo fa di Xi Jinping il nemico principale di coloro che credono nell’ideale di società aperta” (Discorso al World Economic Forum – Svizzera, 24 gennaio 2019).

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Se non fossimo a conoscenza del nome dell’autore di queste righe, potremmo pensare di leggere un qualsiasi manifestante di qualche bella piazza di questi ultimi anni, financo un libertario che si oppone al controllo digitale da parte del Governo. Con queste parole, infatti, Soros sta denunciando quello che si è manifestato sotto i nostri occhi durante la pandemia, utilizzata in modo strumentale per imporre dei dispositivi disciplinari, con il fine di sottoporre la popolazione a un massiccio esperimento di controllo avanzato.

Un’altra questione, cara al filantropo ungherese, è il monopolio de facto delle Big C della rete, Google e Facebook su tutte, le quali, grazie alla loro posizione dominante, non hanno problemi a limitare la libertà degli utenti. Nelle sue parole,  Facebook e Google “sostengono di limitarsi a diffondere informazioni. La loro posizione di quasi-monopolio nel campo le rende però un servizio di pubblica utilità che dovrebbe essere soggetto a una regolamentazione piú rigida, tesa a mantenere concorrenza e innovazione e a garantire un giusto accesso a chiunque […] Il potere di influenzare l’attenzione della gente si concentra sempre di piú nelle mani di poche aziende. È necessario uno sforzo autentico per affermare e difendere quello che John Stuart Mill definiva «libertà di pensiero»”.

“Difendere la libertà di pensiero”! Quanti tra noi potrebbero dirsi in disaccordo con queste parole, quando conosciamo bene le limitazioni che ci vengono imposte sui social media? Peraltro, il concetto di pubblica utilità, riferito alle piattaforme digitali, non è forse stato richiamato più volte da formazioni politiche che hanno subito un’ingiusta censura?

Probabilmente, però, la sua battaglia più importante è quella contro ogni forma di totalitarismo, primo tra tutti quello del regime di Xi Jinping, regime che, già dall’epoca di Mao Tse-Tung, reprimeva chiunque lottasse per la libertà: “In Cina i tanti ferventi sostenitori della società aperta furono inviati in zone rurali, per essere rieducati durante la rivoluzione maoista. Chi è sopravvissuto è tornato a occupare posizioni di potere all’interno del governo. Perciò, il futuro della Cina un tempo sembrava pieno di opzioni ma oggi non piú.”(Democrazia! Elogio della società aperta, Einaudi). 

Ciononostante, conscio della tragedia che potrebbe scaturire da un conflitto globale, da posizioni di assoluta realpolitik, continua “Eppure, integrare la Cina in istituzioni di governance globale potrebbe contribuire a evitare una guerra mondiale che segnerebbe la fine della nostra civiltà”.

Una delle accuse che gli vengono mosse dal campo complottista italiano è quella di voler “distruggere l’Italia” mediante i migranti. Invero, lui domanda la “revocare il trattato di Dublino”, attraverso la quale si obbliga il migrante a richiedere asilo nel primo Paese di approdo (da questo trattato si evince che i Paesi più penalizzati siano quelli meridionali dell’Europa, Italia compresa). Infatti, in una conferenza tenuta al European Council on Foreign Relations, il 29 maggio del  2018, disse “Ho sempre sostenuto che la distribuzione dei migranti in Europa debba essere del tutto volontaria. Non si dovrebbero obbligare gli Stati membri ad accettare migranti che non vogliono e non si dovrebbero costringere i migranti a stabilirsi in Paesi in cui non vogliono andare”. Una notevole differenza rispetto a ciò che ci hanno abituato a leggere sul suo conto, in materia di immigrazione, i professionisti della politica illiberale.

Ovviamente non è possibile salvare Soros dalla critica di essere moderato e, considerato il livello di aggressività dei regimi anti-europei, tra tutti la Russia, spero vivamente che in lui ritorni il grande spirito dei ruggenti anni ’80, in cui finanziò il movimento  sindacale polacco Solidarnosc, contribuendo al crollo dell’Unione Sovietica, perché se dobbiamo celebrarlo, è in quello spirito rivoluzionario e piratesco che si trova la sua vera anima. “Per le mie Open Society Foundations, i momenti rivoluzionari sono sempre stati importanti. Potrei citare il crollo del sistema sovietico negli anni Ottanta del secolo scorso, in cui per la prima volta la fondazione ha svolto un ruolo decisivo” (Democrazia! Elogio della società aperta, Einaudi). Ed è al rivoluzionario Soros, che si fa beffe di ogni autocrate, di ogni dittatore, che dico: noi ci siamo! 

Alex Vön Punk

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L’AUTORE

Alex Vön Punk viene costruito a Pisa, negli anni ‘80. Bandito, cantante e scrittore di canzoni punk nella band pisana Enkymosis fino al 2009. Autodidatta d’assalto tra un lavoro precario e l’altro, grafico freelanceagitatore politico e provocatore di tendenze anarchiche, anti-autoritarie e federaliste, membro del Centro Studi Libertario “Società Aperta” che si occupa di libertarismo, diritti civili e della promozione del reddito di base universale.

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