Il Detonatore

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IL CULTO DI PUTIN E LA PAURA DEI POTERI FORTI SONO, IN REALTÀ, FRUTTO DEL POSTMODERNISMO (di Davide Cavaliere)

In questi mesi di guerra abbiamo sentito molti affermare che esistono solo due «propagande», quella russa e quella americana. Di conseguenza, conoscere la verità dei fatti sarebbe impossibile. Inutile, adesso, discutere su quale delle due fazioni abbia ragione, ovvero chi sia nella verità, ma piuttosto dimostrare come questo atteggiamento sofistico di negazione della verità o della sua conoscibilità sia il risultato di una assimilazione, più o meno consapevole, del pensiero postmoderno.

Infatti, l’idea secondo la quale non esisterebbero verità, ma solo interpretazioni e narrazioni di successo, imposte da un potere onnipervasivo, collocato ovunque e di conseguenza in nessun luogo identificabile, è un portato del pensiero marxista (il tema dell’ideologia e della falsa coscienza) e del postmodernismo (la microfisica del potere, le decostruzione, la différence).

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Ciò che consideriamo «vero» altro non sarebbe se non ciò che i potenti ci convincono a pensare. In quest’epoca di disinformazione, signori della tecnologia, cattiva istruzione, giornalisti e professori che promuovono esplicitamente programmi ideologici, c’è un certo grado di verità in merito a questo punto specifico, ossia che le menzogne possono essere mascherate da fatti oggettivi.

Tuttavia, la verità esiste e rimane importante, dal momento che essa è il modo in cui le cose sono realmente, indipendentemente dalle narrazioni vincenti e dalle manipolazioni. La verità è coestensiva della realtà e la realtà è immune alle manipolazioni operate dal desiderio e dalla politica.

La sinistra postmoderna prende le mosse da un fatto incontrovertibile: i regimi corrotti e le persone corrotte mentono, distorcono e cercano di convincere il prossimo che le loro falsità siano reali. Peccato, poi, che tale fatto sociologico venga convertito in principio epistemologico, affermando che non potremo mai sapere la verità perché chi è al potere determina ciò che possiamo sapere. Una visione che nega l’autonomia del soggetto e che precipita in una contraddizione mai risolta: se il potere è così pervasivo, come è possibile che qualcuno, il filosofo decostruzionista stesso, riesca a sottrarsi alla narrazione egemone?

Il determinismo, marxista o postmoderno che sia, è solo una grossolana sopravvalutazione di ciò che il potere può fare. Esso, piuttosto, ci dice qualcosa sui sostenitori di una tale visione, che aspirano effettivamente al potere di controllare tutto il pensiero e la comunicazione; ossia a sostituire una società denunciata come totalitaria a un totalitarismo vero e proprio.

Certi sofisti postmoderni, così come i cosiddetti «controinformatori», si comportano come antichi gnostici. Se il mondo, il qui e ora, è una fogna di bugie e propaganda, tale cloaca non può essere resa più sporca di quanto non lo sia già, quindi abbiamo il permesso morale di comportarci in modo osceno, di raccontare la «nostra» verità, che è «vera» solo perché noi la riteniamo tale. Anzi, siccome la nostra prospettiva è «contro» i potenti, siamo legittimati a raccontare menzogne. Ogni affermazione diventa vera dato che non esiste una realtà oggettiva con cui confrontarla. Si tratta della trasposizione in ambito politico della riflessione di Jacques Derrida, secondo la quale tutto è un «testo» aperto all’interpretazione.

Questo significa che non c’è modo di risolvere i dibattiti appellandosi alle prove. Il prevalere di un punto di vista è quindi una questione di violenza e di potere, poiché non esiste un modo legittimo, razionale, di giudicare tra le prospettive. In questo modo, il nichilismo epistemico apre la strada alla forza bruta, alla barbarie del non-senso.

Questa catena di ragionamenti contiene una contraddizione ed è quindi falsa. Il postmodernista afferma che il nichilismo epistemico è vero, ne consegue che ogni accordo su come interpretare il mondo è solo questione di una persona o di un gruppo che impone la sua volontà a un altro. Ora, se il nichilismo epistemico sia vero non possiamo assolutamente provarlo. Al tempo stesso, dire che il nichilismo epistemico è vero, significa poter distinguere il fatto dalla finzione, il testo dalla realtà, la verità dalla menzogna, e quindi il nichilismo epistemico dev’essere per forza errato.

Se fosse vero che la verità è semplicemente ciò che i potenti dicono essere vero, allora questa verità non potrebbe mai essere conosciuta. I politicamente e socialmente potenti riuscirebbero a farci credere alle bugie che ci dicono. Coloro che rivendicano l’accesso a una verità che i potenti non vogliono farci conoscere, rivelano che i potenti non sono onnipotenti. La prospettiva dei postmoderni, consapevoli o inconsapevoli che siano, è fondamentalmente paranoica. Nella società attuale, definiamola «liberale», tutto è menzogna e manipolazione del potere.

Ecco, allora, il proliferare di grandi macchine teoriche, a destra come a sinistra, dove abbondano termini altisonanti e oscuri: «deep state», «poteri forti», «mondialismo», «nuovo ordine mondiale», «globalismo», «sistema», «turbocapitalismo», «eteropatriarcato»… termini coi quali si cerca di definire un potere invisibile e sfuggente. Una simile visione della realtà fa apparire il mondo come qualcosa di mostruoso e minaccioso, alimentando un senso d’impotenza e sfiducia. Chiunque abbia un punto di vista diverso viene accusato di essere un agente al soldo di questo potere senza centro, che costantemente impone la sua verità.

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Il clima di sospetto generalizzato che caratterizza il postmoderno diminuisce la fiducia sociale, necessaria affinché la società funzioni bene. Purtroppo, questa situazione è stata generata da giornalisti e intellettuali che, invece di cercare la verità, hanno promosso agende ideologiche. Non bisogna, però, credere che dalle fonti «ufficiali» provengano solo menzogne. Il «controllo della narrazione» può essere sempre e solo parziale, altrimenti non ci sarebbe il concetto di «controllo della narrazione». Ci sarebbero solo bugie mascherate da verità oggettive e nessuno sarebbe in grado di rilevare la differenza.

Una mente che ama la verità e ha a cuore la ragione non ha motivo di credere che il potere sia ovunque; si guarda bene da coloro che lottano contro il «sistema», senza mai specificare, se non in modo vago e nebuloso, cosa mai sarebbe questo «sistema». Il nostro mondo è estremamente complicato: esistono poteri economici, politici, mediatici eterogenei, a volte convergenti, altre volte divergenti; élites concorrenti, gruppi di pressione, culture epistemiche… Pensare che un universo umano così complesso sia retto da una ristretta «cupola» di potere o che costituisca un «sistema» organizzato di dominio è semplicemente ridicolo.

Davide Cavaliere

 L’AUTORE 

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.


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