Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

SCURATI TORNA IN LIBRERIA CON UN TESTO SULLA GUERRA DI OMERICA TEDIOSITÀ (di Matteo Fais)

Cantami, o Diva, di Antonio Scurati la brama funesta di successo che infinito strazio addusse ai lettori, con la sua torrenziale produzione di testi wikipediani dall’omerica tediosità. Mamma mia, che palle, o Diva! Con la scusa del conflitto Russia-Ucraina, tutti a scrivere di guerra, tutti con volumi lunghi come Guerra e Pace, e non uno che ne capisca una sega.

Il creatore dell’indigeribile M. Il figlio del secolo – da cui hanno anche tratto un fiction, di cui sono in corso le riprese – torna con un nuovo volume, che in realtà è una ristampa aggiornata (ad arte, vista la contingenza) del suo Guerra – Il grande racconto delle armi da Omero ai giorni nostri (Bompiani), uscito originariamente nel 2003. Per farvela molto semplice, si tratta di un saggio sul rapporto tra la guerra e la sua narrazione nel corso dei tempi, da quella epica, con i poemi omerici, fino a quella odierna televisiva. Ovviamente, il grande protagonista nascosto dietro la foglia di fico è Putin (“il dittatore russo, a parte la totale censura interna, sembra non manifestare nessuna preoccupazione per la narrazione della sua guerra d’aggressione. Nessuna forma politica o giuridica, nessuna risoluzione dei conflitti, nessun valore, nessun racconto memorabile, nessun senso sembrerebbe manifestarsi all’orizzonte della guerra di Putin contro gli ucraini. Nessuna luce, soltanto tenebra”). Come potrete notare, a questo punto, già non se ne può più – se Putin ha ancora una coscienza, risparmi gli ucraini e ci salvi da Scurati.

Antonio Scurati, Guerra – Il grande racconto delle armi da Omero ai giorni nostri, Bompiani.

A ogni modo, non è certo il “dittatore russo” il colossale problema dell’autore, ma quel suo tono ammorbante e lassativo da professore ingessato, durante la lezione di Letteratura Greca, alle 8:30 del mattino, con il caffelatte ancora sullo stomaco. Per non parlare di quel suo incedere tra le pagine, più che da autore premiato allo Strega, da studente di Dottorato intento a compiacere il suo professore di riferimento con i vari punto 1 e punto 2 – non scherzo, ci sono davvero – , il plurale maiestatis (“Nella corso della prima parte vedremo…”; “Nella seconda parte del nostro studio…”). Una tesi compilativa, insomma, a cui solo il nostro mercato editoriale può riconoscere dignità di pubblicazione.

In questo testo così pacifista da essere contro qualsiasi narrazione bellica, la vera cannonata, la bomba a mano ingerita scambiandola per un’innocua tartina, è la prosa. Una roba che più la mandi giù e più ti fa risalire colazione, pranzo e cena dell’ultima settimana. Guardate un po’ qui: “La piena equivalenza con se stesso del fenomeno guerra implicherebbe che avesse una perfetta simmetria tra processo e risultati, una piena consequenzialità tra cause ed effetti, una perfetta coincidenza tra evento e struttura, tra storia e ragione; richiederebbe che essa fosse un sistema di giustizia procedurale pura, un sistema la cui equità è garantita in assoluto dalla correttezza formale del processo, la quale si trasmette ai risultati, qualunque essi siano; la guerra dovrebbe essere il momento di una rivelazione della verità assoluta sul valore dei combattenti, così come il duello giudiziario dei tempi arcaici doveva rivelare la verità sul torto dei duellanti tramite la manifestazione della volontà di Dio di punire o assolvere uno dei due”. Non capisco se sono io a non comprendere perché non vedo bene, o se le pagine di Scurati rilasciano gas lacrimogeni per attentare agli occhi dei lettori. Sta di fatto che queste righe sono una tortura, una tortura da rendere scemi di guerra.

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Se non ho compreso male – ma mi sono addormentato molte volte leggendo, quindi non fidatevi –, l’autore ce l’ha soprattutto con la narrazione televisiva del conflitto, come accaduto per la Guerra del Golfo, divenuta infatti una “guerra televisiva”. La critica in questione è vecchia come il cucco – è dagli anni ’90 che ogni filosofo la ripete alla stregua di un jubox incantato. Certo, non è del tutto falso, ma anche che rottura questa storia secondo cui “La compresenza di narratore e spettatore all’evento, raggiunta grazie alla simultaneità televisiva, la comune e contemporanea presa visiva diretta sull’accadimento memorabile – situazione negata a priori dall’oralità del dispositivo epico e poi problematicamente ma consapevolmente inseguita dal romanzo – è pagata al prezzo di un confino di chi racconta nella posizione del telespettatore, in cui l’evento non è più tale perché già sempre decostruito dal filtro mediatico. La presenza all’evento è, infatti, anche la presenza ingombrante del medium, un medium egocentrico che non cessa di porre innanzi se stesso, di presentarsi come principio stesso di una mediazione che prevarica sulla cosa”.

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Da ciò se ne deduce che Scurati odia la televisione – a meno che questa non trasmetta la serie televisiva tratta dal suo libro – e che, insomma, si stava meglio quando si stava peggio, al tempo dei poemi, perché “Più i mass media allargano il loro dominio – fino a farlo coincidere con l’intera estensione del mondo – più la mediazione si fa totale e meno si rende accessibile quella intensità immediata di vita verso cui l’impeto vitalistico della narrazione epica e romanzesca della guerra voleva traghettarci”. Sì, possibile, ma mi pare comunque una considerazione di un’inutilità sesquipedale, un paragone stiracchiato tra due mondi incomparabili. Più prosasticamente? Una cazzata, dai! 400 e passa pagine di menate e, per di più, tutte già sentite.

Comunque, Scurati, se non è interessato alla “mediazione del medium”, non ha che da alzare il deretano è recarsi in un teatro di guerra, per descriverne orrore, miserie e umanità, dopo averli visti con i suoi occhi. Ma lui mica è Hemingway, alla scrivania ci sta benissimo. Per me, se quello vede la realtà, cerca il telecomando per cambiare canale.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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