Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

MA È PROPRIO NECESSARIO FARE COMING OUT? (di Matteo Fais)

Secondo loro, è doveroso farlo per combattere la discriminazione. Mi domando francamente quale. Ovunque sia andato in vita, non ho mai assistito a una di queste fantomatiche aggressioni omofobe.

Al mare, quest’estate, a un certo punto, avevo sulla mia destra un coppia di ragazzi intenti a scambiarsi tenere effusioni. A sinistra, invece, due ragazze, un po’ più discrete… Ma, insomma, si capitava. Se li fosse inculati qualcuno! Zero. Nessuno scontro, aggressione, insulto. Palesemente, alla gente non gliene sbatte niente della sessualità altrui – giustamente, le persone normali pensano agli aumenti dei costi dell’energia, o a come vivere senza troppi impicci in un’Italia che pretende il green pass anche per pisciare agli angoli dei vicoli ciechi.

Poi, proprio l’altro giorno, sempre in questo Sud a un paio d’ore di gommone dall’Africa, due ragazzini, probabilmente neppure maggiorenni, mi camminavano davanti, a una ventina di metri di distanza, mano nella mano. Si saranno fermati dieci volte per scambiarsi bacetti. Anche lì, niente. Mi pareva che volessero cercare di stupire, di épater le bourgeois, ma con scarsissimi risultati. Ho visto tanti di quei cazzi in culo – culi femminili, faccio coming out – e sborrate in faccia che, sinceramente, prima di emozionarmi per un bacio, ci devi avere i petardi in bocca e fare le dannate scintille.

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La verità, a mio modesto parere, è che c’è un sacco di gente che vive di paranoie ingiustificate e ha questo smisurato bisogno di piacere agli altri. La chiamano discriminazione, ma in verità è il sacrosanto rifiuto morale che non tollerano. Insomma, non essendoci nessuno che vada in giro a ucciderli – quello sì che sarebbe un problema –, ma essendo loro terribilmente insicuri, sentono il bisogno del costante sorriso compiacente altrui.

Tutte le sceneggiate tipo quelle di Spadafora a Che tempo che fa sono una colossale minchiata e spesso sortiscono l’effetto contrario, esattamente come l’imposizione di amare ogni essere umano proveniente da qual si voglia porta del mondo. Il fatto che ripetano a oltranza un copione, per spingerci a trovare normale qualsiasi cosa loro desiderino, non mi indurrà a pensare che sia normale e meno che mai piacevole. Se tutti si tatuano, come in effetti avviene, non per questo riterrò una donna, con il braccio annerito dall’inchiostro, qualcosa di gradevole. A metterle il cazzo in mano, non posso farci niente, mi verrebbe da pensare di essere tra le grinfie di un portuale dello scarico merci. Non mi abituerò mai e non mi interessa farlo. Poi, ognuno si disegni quel che preferisce sulla pelle. Resto libero di pensare e dire che a me fa defecare.

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A ogni modo, è bene chiarire una cosa agli omosessuali: ognuno è soggetto al giudizio altrui, quando esterna pubblicamente la sua intimità. Chiunque dovesse, per ipotesi, recarsi al bar e buttare lì, tra la gente che mastica brioche e beve cappuccino di primo mattino, di trovare piacevole farsi pisciare addosso o sentire un tacco dodici che gli trafigge il costato, verrebbe tenuto a distanza dalla gente. Anche perché, è bene ribadirlo, ognuno è libero di accettare o respingere qualcuno in ragione del suo comportamento. Finché non si passa all’azione violenta, io ho tutto il diritto pensare che, se Maria, Giuseppina, o Genoveffa amano farsi sfondare il culo con una double penetration, per me sono delle grandissime zoccole, ancora di più se lo rendono noto urbi et orbi.

Questa costante richiesta di accettazione ha onestamente rotto le palle. Non dobbiamo piacerci per forza. Bastano le leggi per disciplinare i comportamenti, ma quelle del cuore sono assolutamente personali. Fatevi legare, urinare addosso, penetrare con un dildo o uno stivale a punta, ma questo controllo che voi pretendete sui mie sentimenti, mi ha fracassato i maroni. E, se nessuno ve l’ha chiesto come vi sollazzate, tenetevelo pure per voi. Se nessuno domanda, è perché di voi – spesso a ragione – se ne fotte.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

2 commenti su “MA È PROPRIO NECESSARIO FARE COMING OUT? (di Matteo Fais)

  1. Rispondo alla domanda presente nel titolo:
    NO
    E confermo, non m’importa niente della sessualità altrui, purché non si pretenda di sbattermela in faccia e che mi piaccia pure, perché a quel punto inizia ad interessarmi (ma in senso negativo).
    Sinceramente l’ultima domanda che mi pongo quando incontro qualcuno per la prima volta è quale sia il suo orientamento sessuale.

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