Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

ROBERT WALLERM – FRAMMENTI E ICONE DEL NOSTRO TEMPO (di Chiara Volpe)

Cosa hanno a che fare i Radiohead con i Joy Division, Velasquez con Joker o Billie Holiday, Caravaggio con David Lynch o Bacon con Narciso Yepes? Sono soltanto frammenti del piccolo mondo da cui Robert Wallerm, al secolo Roberto Carrieri, attinge per dare vita alle sue struggenti e appassionate immagini, quei volti in cui malinconia, attrazione, sorpresa, sono appena una parte delle reazioni che suscitano nel suo pubblico.

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Intensamente viventi, i suoi personaggi mostrano a volte il proprio profilo, spigoloso o addolcito, un sorriso complice o una smorfia respingente, chiome sontuose e sguardi lucidi e languidi, ma sempre lievi, perché è la grazia che ti toglie di dosso l’oscurità.

Ha 49 anni, vive a Torino e fin da principio lavora ispirandosi a quanto ha appreso dai colossi classici a cui ogni vero artista guarda e si inchina, fenomeni non da rinchiudere nel passato, né estranei alla cultura artistica odierna e al nostro tempo – non esiste infatti niente di affine all’intensità emotiva e alla violenza delle opere di Caravaggio, Vermeer o Velasquez.

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Qual è il contributo wallermiano alla sensibilità estetica di oggi? Cosa ci colpisce e inchioda alla parete dei sensi, tenendoci prigionieri senza attenuanti, di fronte a uno dei suoi ritratti? È quel sentimento che avvolge come una leggerissima tunica tutte le sue creazioni: a volte la malinconia, o l’angoscia, altre ancora un desiderio di confidenza intima tra il ritrattato e colui che guarda. L’espressione dei sentimenti è la dimensione spirituale che nobilita indefinitamente i suoi soggetti, donando loro insieme lontananza e accettazione di un ruolo sulla tela. Nessun apparato scenografico, nessun gesto melodrammatico, ma unicamente il prevalere di toni grigi e argentei ai quali si consegna la memoria e l’ombra.

Schegge di storie tratte da un volto incontrato occasionalmente, libri, esperienze di vita che si accumulano, un brano. Tutto costituisce una sorta di repertorio illustrato, un bagaglio, da cui istintivamente, e forse addirittura casualmente, Wallerm pesca e rimescola per dar luogo a un’opera d’arte che conserva il segno dell’impatto emotivo suscitato da quelle visioni. La vita vissuta come processo creativo elaborato, verso un’eleganza da rivivere e contemplare, senza enfasi. La fugacità di un istante in un’immagine, la visione della transitorietà, della labilità di tutte le cose. Esseri umani come fantasmi, forme oniriche o sognate dall’artista stesso, immortalate per non dimenticarle mai. E così, le figure che egli crea fuggono verso il futuro, rivestite di un quietissimo incanto, per continuare a esistere nella nostra sensibilità, pena la dissoluzione.

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Senza scadere in una mera illustrazione della realtà, riesce a sovvertire l’aspettativa di chi nel ritratto cerca soltanto la somiglianza somatica. Un’immagine creata con segni apparentemente irrazionali evoca, semmai, la vitalità interiore della figura e su questa ambiguità misteriosa, su tale apparenza, si stabilisce una vera e duratura relazione. L’apparenza come strumento per cogliere più intensamente la somiglianza.

Wallerm si è impadronito di tutte le spezie e gli aromi, le salse dell’Arte, per preparare e servire un tripudio di emozioni a un ingordo e insaziabile pubblico, che deglutisce smanioso di nuovi seguiti e sviluppi. Ci invita a un’immaginazione senza limiti, per superare quelli imposti da una realtà priva di empatia.

Chiara Volpe

L’AUTRICE

Chiara Volpe nasce a Palermo, nel 1981. Laureata in Storia dell’Arte, ha svolto diverse attività presso la Soprintendenza per i Beni Culturali di Caltanissetta, città in cui vive. Ha lavorato per una casa d’Aste di Palermo, ha insegnato Arte, non trascurando mai la sua più grande passione per la pittura su tela, portando anche in mostra le sue opere. Attualmente, collabora anche con il giornale online Zarabazà.

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