Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

PIETRO FANELLI, IL PIÙ GRANDE POETA DI STA GRANDISSIMA COPPOLA DI… (di Matteo Fais)

Qui, siamo a livello di film di Pieraccioni. Ricordate? 1997, Fuochi d’artificio, compare un personaggio, incarnato dall’attore Gianni Pellegrino, che si presenta come “Sergino, il poeta-giardiniere” e viene bersagliato con diversi oggetti, mentre tenta di recitare al pubblico una sua, chiamiamola, lirica.

Oggi un soggetto simile esiste per davvero, oltre la fantasia comica del noto regista. Si tratta di Pietro Fanelli, giovane sfaccendato – l’ha detto lui di non aver mai lavorato, perché non sprecherebbe tempo per fare qualcosa che non gli piace. 

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Se fin qui non ci sarebbe niente di male nella sua scelta esistenziale, condivisa peraltro da diversi di cui vorrebbe dirsi collega, il problema del Fanelli è che tanto tempo libero l’ha condotto, invece che all’inazione più innocua tipica del bradipo, a inquinare impunemente il mondo con la sua poesia – si definisce, infatti, oltre che tiktoker, “poeta bohémien”. La sua produzione, equivalente a poche pagine strappate dal quaderno di un bimbo svogliato, si può gratuitamente leggere, a proprio rischio e pericolo – di cecità immediata – su Instagram – e dove altrimenti -, su una pagina a parte rispetto a quella in cui il fringuello si mostra in tutta la sua apertura egomaniacale.

Se pensavate che Giorgia Soleri, con La signorina nessuno – mai titolo fu più azzeccato -, avesse fatto abbastanza danni al versificare nazionale, sappiate che siete solo degli ingenui ottimisti che ancora devono incontrare questo fascinoso naufrago di L’isola dei famosi, il quale ha condotto la poesia nell’abisso più nero, la fossa delle Marianne del trash, praticamente giù per il condotto fognario.

Come tutti i bei ragazzi, Fanelli si è convinto di essere anche intelligente – diceva giustamente Bukowski che i belli non ce la fanno. Dal credere che le donne avrebbero apprezzato, oltre al suo bel faccino efebico, anche la sua rima è stato un attimo – manco a dirlo, fatale.

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Senza ulteriori indugi, andiamo a leggere dalla sua pagina: “Non sono mai stato/ seduto nella mia breve/ vita, è una tragedia. Ora/ attendo il mio migliore/ amico, sono per la prima/ volta seduto, la terribile/ attesa mi ha salvato la/ vita, ora scrivo, ora creo, ora esisto”. Se ancora respirate, sicuramente anche voi vi trovate seduti, come il poeta, solo culo a terra, martoriati e affranti, a chiedervi quanto male possa fare costui proseguendo nel suo stare a riposo, che viene da dirgli “Ma va, va via, cammina, anzi corri, levati dai coglioni”. Roba da ubriacarsi con la varechina, dopo averlo letto.

Ma direte che non bisogna essere così duri con un giovane artista e concedergli un’ulteriore opportunità per dimostrare la propria caratura stilistica. Si vada dunque a Fallimento esistenziale: “Solitudine macabra,/ nervosismo costante,/ acida invidia mi pervade,/ crollo come un inutile umano,/ debolezza di cuore la chiamo io,/ i sentimenti ci schiavizzano/ come i crudeli Dei deridono l’uomo./ Scrivere è da codardi,/ Io nemmeno so scrivere,/ un codardo che imita i codardi./ È uno scandalo,/ tutto è uno scandalo”. Sorvolando sul reale scandalo rappresentato dal suo uso e abuso dei segni di interpunzione, disposti per la lirica a mo’ di punteruoli arrugginiti tra le lenzuola, la cosa più inquietante è che il giovane Pietro si senta tanto poeta da dover atteggiarsi a modesto, da darsi addosso da solo, salvo farsi sfuggire quel “Io” con la maiuscola. Che dire? Un narcisismo che neppure Montale ritirando il Nobel, roba da TSO immediato. Altro che semplice fallimento esistenziale, qui si rischia il prolasso anale per il lettore.

Proprio per non farsi mancare niente, il biondazzo più maudit della storia della poesia, dopo Rimbaud, si cimenta anche nell’aforisma estemporaneo, e lì Cioran proprio spostati: “Una sigaretta basta per completare una vita, ma forse una sola vita non basta”. Senza troppe doti ermeneutiche, è facile intuire che il senso profondo di queste parole sia che, per ritrovarsi con un cancro, non basta fumare, bisogna anche leggere ciò che scrive Fanelli.

In questa miniera social da lui scavata, e in cui sfortunatamente non si è ancora seppellito, c’è davvero di tutto, cervellotico e sconclusionato come pochi, ma ottuso come solo lui sa essere: “La donna dà alla luce un uomo e se stessa, un uomo dà alla luce la sua inettitudine”. Naturalmente, questa considerazione è una gigantesca menzogna nel 99,9 per cento dei casi, ma per ciò che gli concerne si tratta di una verità scientificamente inconfutabile.

L’umanità è portata avanti dai tanti sfortunati e illuminata dai pochi eletti”. Scommettiamo che lui si crede parte dell’ultima categoria? Poi dicono che gli psichiatri non dovrebbero dare farmaci con tanta leggerezza.

Naturalmente, il bel Pietro ci teneva a mostrarsi uomo del suo tempo, insomma zerbino con le donne, così butta lì un “Puttana la chiamo lei, puttana sono io, forse noi uomini ci siamo persi qualcosa”, con ciò dimostrando inequivocabilmente che il genere maschile del sapiens ha poco da fare il superiore alla presenza di una femmina di scimpanzé.

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Cosa aggiungere? Si è davanti a un versificare e a un pensiero che lasciano sgomenti, da far pisciare sotto i bambini dell’asilo, di fronte a cui si potrebbero perdere tanti capelli quanti Pietro ne ha in testa e ritrovarsi con lo stesso suo numero di neuroni. Al cospetto di tanta sovrumana inanità, persino la bistrattata Soleri assurge al rango, se non di poetessa, quantomeno di creatura degna di esistere.

Tragicamente, il ragazzo troverà certo un grande editore disposto a garantirgli dignità di pubblicazione, esattamente come successo alla ex di Damiano. La cosa non stupisca: per quanto straniante possa sembrare, ci sarebbero acquirenti alle prime mestruazioni, con le mutandine bagnate, pronte a comprare un simile capolavoro. È il mercato, bellezza – o meglio, è più facile smuovere il mercato se si è belli. A ogni modo, ecco cosa succede a criticare OnlyFans: poi vogliono pure dimostrare di saper fare qualcosa nella vita, invece di ostentare semplicemente il culo.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

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