Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

DA GIORGIA SOLERI A GIO EVAN: L’IMMONDA CONDIZIONE DELLA POESIA ITALIANA (di Matteo Fais)

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Giovanni Giancaspro, in arte – vabbè! – Gio Evan, ce lo ricordiamo tutti come il poeta – come no! – del fine storia tra Matteo Salvini e quel tronco di… (starnuto)… di Elisa Isoardi. Lei dette il ben servito a lui – che disfatta politica perdere una simile… – con un messaggio social, in cui scriveva: “Non è quello che ci siamo dati a mancarmi, ma quello che avremmo dovuto darci ancora. Gio Evan. Con immenso rispetto dell’amore vero che c’è stato. Grazie Matteo”.

È appena uscito il suo Non prendermi sul serio, per Rizzoli. Effettivamente, bisogna prenderlo in parola, perché prenderlo sul serio sarebbe da manicomio. Il suo libro è la versione in prosa di un testo poetico stampato per il Cottolengo, insomma una roba comprensibile anche alla Isoardi, ma certo di minor valore lirico del suo fondoschiena.

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Gio Evan, Non perdermi sul serio. Poesie e meditazioni per ritrovarsi, Rizzoli.

Un testo di cui si raccomanda la lettura per l’involontaria comicità che lo caratterizza, roba da ritrovarsi con in mano le pagine strappate dal gran ridere: “ho smesso di guardare il meteo/ e ho iniziato a guardare il cielo/ ho smesso con l’oroscopo/ e ho iniziato a scegliermi gli eventi/ poi ho imparato a dire no/ a tutte le cose che non mi scaraventavano/ sorrisi dentro”. Insomma, un poeta da scaraventare giù dalle scale della letteratura più che da approfondire. Ogni volta che lo declami a voce alta, muore un autore di versi e Guido Catalano sorride.

La tematica dominante del volume, a ogni modo, è ben chiara: sono tutti i pensieri più dozzinali che passano per la testa di un uomo qualunque, il quale non ha imbarazzo nell’esternare la più feroce banalità che gli rimbalza tra i neuroni, inconsapevole del contraccolpo alle gonadi dei lettori (“hai scelto il cammino più duro/ ma sappi/ che questa è l’unica strada possibile/ per farti diventare/ la persona che vuoi essere”). La struttura metrica, poi, è quella di ogni aedo di Instagram: andare a capo a cazzo, quando capita di premere per sbaglio il tasto INVIO su Word.

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Scherzi a parte, è l’amore il motivo trainante e in mano a un simile autore questo si muta in incresciosa demenza sentimentale (“se la vita ha scelto che io e te/ ci rincontreremo/ allora io e te ci rincontreremo,/ perché la vita ormai ha deciso così”). E se un tale trasporto dell’animo conduce, di solito, a mettere a dura prova la razionalità, nell’opera di Evan ciò si traduce anche in smarrimento della capacità di esprimere un concetto che uno avente un senso compiuto (“Ti amo ancora/ ma non ho più bisogno di dirtelo,/ sapere che tu lo sappia/ non è più il sapore che cerco,/ ho capito che l’amore non è sapiente/ e quindi io non ti so,/ ma ho capito anche/ che senza amore non saremo mai sapienti/ e quindi ti amo ancora/ per questo, io mi so…”).

Appare chiaro, o quantomeno comprensibile, arrivati a questo punto, che Giorgia Soleri – chi? La ragazza di Damiano dei Maneskin, santo cielo! – non avesse tutti i torti, dopo la pubblicazione della sua monumentale deiezione intitolata La Signorina Nessuno, nel definirsi la nuova Alda Merini.  

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In effetti, tra personaggi quali la vulvodonica Soleri e il tragicomico Evan, la situazione della lirica italiana assume connotati oscuramente drammatici, a metà strada tra la secchezza vaginale e la volontà per il lettore di ubriacarsi fino alla cirrosi epatica (“ho imparato a chiudere/ le relazioni/ che non conducono al vino buono”). Altro che Premio Strega Poesia, insomma! Meglio usare quella porcheria di liquore per perdere conoscenza.

E, non pago di averci seviziati in versi, l’autore insiste accompagnando il testo ad alcune sporadiche riflessioni – non per niente, il sottotitolo del lavoro è Poesie e meditazioni per ritrovarsi. Addirittura, spiega cosa sia la meditazione: “Non so spiegarla la meditazione, mi sfugge da ogni dialogo, svanisce appena il mio indice s’alza per localizzarla, perché tra le geografie disponibili, lei non ha luogo, è fuori da ogni mappa, manca di tetto, non ha colline né mare, ha fondamenta antiche ma non è radicata a terra, non ha pavimenti, è tutta cielo, la meditazione fa stelle dappertutto. Ti abita dentro a occhi chiusi ma la sua anatomia è luce, tra le parole disponibili nel dizionario è sempre una pagina dopo, si rifugia nel silenzio, è l’assenza presente ma senza dubbio è anche la presenza assente. Una cosa però sulla meditazione riesco a permettermi di dirla: appena passato il cancello dell’illusione inizia un luogo fatto di oltre. Abbiamo tutti appuntamento lì. Siamo costretti a rivederci per sempre”. Tutto chiaro, no? Sono rare le volte in cui il connubio tra poesia e supercazzola sfiora tali vertici.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.

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