Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

IL LEGAME TRA NOIA BORGHESE ED ESTREMISMI POLITICI (di Melania Acerbi)

“Guardando indietro, noi che viviamo nel periodo aureo dell’umanità, potremmo arrivare alla conclusione che nessun regime, nessun ‘sistema socioeconomico’ è in grado di soddisfare tutti gli uomini in tutti i paesi. E questo vale anche per la democrazia liberale. Ma non è per l’incompletezza della rivoluzione liberale, cioè perché i benefici della libertà e dell’eguaglianza non sono stati ancora estesi a tutti i popoli. Al contrario, l’insoddisfazione nasce proprio dove la democrazia ha trionfato nella maniera più completa: si tratta cioè dell’insoddisfazione della libertà e dell’eguaglianza” (Francis Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo, Utet).

All’ombra delle moderne democrazie liberali, il tedio alimenta, con un soffio costante, un fuoco sinistro che rischia di confondere, coi suoi fumi neri, la mente di coloro che si trovano a vivere entro tali regimi. Un sentimento “sublime”, come lo definì Leopardi, che rivela la profondità, tragicamente infinita, del desiderio umano. 

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Nel suo La fine della storia e l’ultimo uomo (1992), Francis Fukuyama dipinge una realtà post-Guerra Fredda dove la vittoria della democrazia liberale sembra scolpire definitivamente il destino delle società occidentali avanzate. Oltre il tramonto del secolo breve, egli svela il mistero di una noia densa e incline a erodere, pezzo per pezzo, le colonne che reggono il tempio della libertà stessa. Secondo il politologo statunitense, la mancanza di sfide esistenziali significative, di guerre e di grandi conflitti ideologici avrebbe spinto molti verso la ricerca di un astratto “qualcosa in più” capace di restituire dignità e senso a una vita fin troppo lunga, ricca e pacifica

La noia, la ricerca di senso e la frustrazione, se trascurate e non comprese, avrebbero potuto aprire la strada all’attrazione per ideologie radicali, regimi dittatoriali e totalitari, come, del resto, si era già visto nel ‘68 con le simpatie per il Maoismo diffuse tra i giovani rivoluzionari, perlopiù studenti borghesi e benestanti. 

Il desiderio di riconoscimento sociale, unito al malessere esistenziale, minaccia ora, forse piu che allora, la stabilità delle nostre democrazie liberali, soprattutto perché strizza l’occhio (quello di Destra e quello di Sinistra indistintamente) alla propaganda del neo blocco orientale, a quella antisemita e a quella islamica fondamentalista. 

L’assenza, vera o apparente, di una direzione comune prestabilita, condivisa e unificante ha davvero portato alcuni Occidentali allo smarrimento e al disprezzo per la democrazia, per la libertà acquisita e per le possibilità che essa ha da offrire. 

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L’apatia borghese, tipica di chi vive nell’agio e di chi non può fare altro che scegliere, ogni giorno, di come disporre della libertà che gli appartiene, funge, dunque, da catalizzatore per l’ammirazione di realtà esotiche semi barbare e tutt’altro che libere, fondate sul culto della comunità e di un presunto bene superiore da perseguire attraverso il sacrificio del singolo, e della sua unicità, sull’altare della collettività e dei suoi indefinibili interessi. 

Questo stato d’animo, se non passeggero, pare mutarsi presto in una vulnerabilità psicologica: individui alla ricerca di uno scopo scelgono di sostenere ideologie secolari che regalano risposte semplici e un senso paterno di sicurezza, per mezzo di un’assoluta conformità morale e comportamentale. La promessa di un’identità stabile e l’impressione di appartenere a una struttura sociale coesa si presentano come tentazioni irresistibili per l’occidentale del XXI secolo che si sente alienato e che, non ultimo, è in cerca di un surrogato di Dio. 

I regimi totalitari moderni, attraverso una propaganda meschina, si propongono come depositari di risposte esaustive a tutte le domande umane di senso, sfruttando la fragilità di coloro che bramano un riparo dalla confusione della vita e dal peso della responsabilità legata alla libertà di scelta. È opportuno ricordare che la storia, in particolare quella recente, ci insegna che un percorso di questo genere può portare a cadere nella trappola del dispotismo e a conseguenze rovinose, logorando i valori democratici e lo spazio di azione individuale.

D’altronde, l’inquietudine data dal tedio, intrinseca a più epoche e a tutte le società dell’abbondanza e del benessere, fu descritta con divina maestria già da Alfred de Musset nel suo romanzo La confessione di un figlio del secolo, ambientato nella vivace Parigi immediatamente post-Congresso di Vienna. 

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La fine delle guerre napoleoniche aveva restituito la pace all’Europa ma, al contempo, chiudeva definitivamente le porte alla gloria, all’azione, alla convinzione di esserci per uno scopo “più alto”, e altro, rispetto al mero esistere.“Un sentimento di malessere insopportabile cominciò dunque a fermentare in tutti i giovani cuori. Condannati al riposo dai sovrani del mondo, abbandonati a sorveglianti di ogni specie di ozio e alla noia, i giovani vedevano ritirarsi le onde spumeggianti verso le quali avevano preparato il braccio. […] non ce n’era uno che, tornando a casa, non sentisse amaramente il vuoto della propria esistenza e la povertà delle proprie mani”. 

L’eccelso scrittore francese, nonostante fosse anch’egli posseduto dal demone della noia che descrive, risponde già, quasi a voler precedere Fukuyama, con parole decisamente profetiche e valide ancora oggi: “[…] che la gloria era una bella cosa, e l’ambizione e la guerra anche; ma che ce n’era una più bella, che si chiamava libertà”. 

Melania Acerbi

L’AUTRICE

Melania Acerbi è nata a Pistoia, il primo di settembre del 1993. Storica dell’età moderna, laureata a Firenze. I suoi studi si concentrano sull’impatto del Nuovo mondo su quello Vecchio, sulla storia della cultura, delle idee e dei viaggi per mare. Cofonda nel 2017, il Seminario Permanente di Storia Moderna che si tiene ogni anno al Polo di Storia dell’Università degli studi di Firenze (e in diretta streaming). 

Contatti: mel.acer@gmail.com

 

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