Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

BIANCANEVE E LA PROPAGANDA RIDICOLA (di Matteo Fais)

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Un tempo, i ragazzi entravano al sexy shop ed era come fare un viaggio in un mondo altro, fantastico, fuori dai canoni e che, in buona parte, più che eccitare, faceva sorridere per la sua stramberia. Oggi, sarebbe il caso di andarvi per ritrovare qualcosa di vagamente normale, tipo uomini e donne che si accoppiano.

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È un mondo molto strano il nostro: tutto è permesso – grazie al cielo – e tutti frignano di non essere ancora accettati. C’è addirittura gente che scrive usando la schwa. Non si può neppure andare al cinema, fosse pure a vedere un cartone animato, perché è tutto imbrattato di puttanate politicamente corrette e propaganda woke.

La Disney, per dire, a quanto pare, vorrebbe lanciare un remake con una Biancaneve mulatta (l’attrice sarebbe Rachel Zegler, colombiana) e senza nani, se non uno, e gli altri di altezza crescente.

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Naturalmente la cosa non è preoccupante, più che altro ridicola, quanto l’indignazione dei conservatori. Del resto, solo dei poveri coglioni – persino se infanti – potrebbero non notare la gigantesca farsa montata in modo rozzo e senza alcuna ricercatezza. Insomma, anche la propaganda bisognerebbe imparare a farla come si deve. Essa è efficace solo se si muove sottotraccia e se, come le bugie, finisce per convincere almeno in minima parte finanche chi la perpetua.

Qui è talmente palese la volontà di veicolare un concetto, da risultare impossibile che questo si insinui nelle coscienze. È un po’ come la differenza tra guardare un grande film d’amore e perdersi nella storia e nei gesti dei protagonisti, fino a soffrire con loro, o vedere la 50 milionesima puntata di Beautiful, sempre identica e stereotipata, con quelle facce mono espressive e incapaci di comunicare qualsiasi cosa che si accompagni a un turbamento affettivo.

No, non c’è da preoccuparsi: il proselitismo woke influenza solo chi è già un woke senza speranza e impossibile da salvare. Chi cavolo volete che creda a una Biancaneve – nomen omen – abbronzata? Questa è roba buona solo per generare qualche meme di presa per il culo.

Nel mondo reale o, per usare un’espressione più segnante, nel Paese Reale, la gente se ne fotte di tutte queste stronzate, esattamente come, salvo qualche cicciona con i capelli rosa e il tatuaggio del teschio che sbuca dai rotolini di obesità strabordante, nessuno riuscirebbe a leggere un testo che contiene asterischi, 3 rovesciate, e altri strani segni.

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Se poi i vostri figli ci credono davvero e seguono di queste pratiche, mi spiace dirvelo, ma non è colpa della scuola, di Netflix e forse neppure della vostra educazione. Semplicemente, capita di mettere al mondo degli scarti del genere umano. Rassegnatevi, forse avreste fatto meglio il giorno a farvi una sega, ma siete comunque scusati perché a nessuno – purtroppo – è dato di sapere a cosa darà vita.

Semplicemente, se vostra figlia è quella con i capelli rosa, il tatuaggio del teschio, scrive con simboli strani usati come desinenze e vi chiede i soldi per andare a vedere la nuova Biancaneve al cinema, datele un calcio in culo e sbattetela fuori di casa. Delle volte, bisogna avere non solo il coraggio di Edipo, ovvero di uccidere – METAFORICAMENTE, SIA CHIARO – il padre, ma pure quello di liberarsi dei figli e abbandonarli al proprio destino. Del resto, ognuno sceglie il suo e ha diritto di essere idiota come meglio crede.

Matteo Fais 

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.

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