Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

FRANCESCA COIN, “LE GRANDI DIMISSIONI”: UN ALTRO TESTO CHE NON AIUTA A COMPRENDERE IL VERO PROBLEMA DEL LAVORO, LA GUERRA TRA POVERI (di Clara Carluccio)

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Per scrivere un libro sulla questione lavoro non serve aver letto tutti i precedenti testi: basta aver lavorato. Dopo, è solo un discorso di fede politica. 

Francesca Coin, autrice di Le grandi dimissioni (Einaudi), tratta con indubbio realismo le problematiche subite dalla working class ma,  nonostante l’ultra citazionismo e la bibliografia a cui fa riferimento, tralascia un fattore cruciale del malessere lavorativo.

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Francesca Coin, Le grandi dimissioni, Einaudi.

La saggista svela le sovrastrutture ideologiche, veicolate anche dal cinema, che hanno indotto una certa percezione del lavoro. Nomina un paio di film, degli anni ’80, in cui protagonisti si riscattano dall’iniziale stato di umile precarietà – Una donna in carriera e Il segreto del mio successo -, per arrivare a una puntata di Sex and the City intitolata The ick factor, ovvero la sindrome da repulsione che segue il disvelamento delle illusioni iniziali, in un parallelismo tra il rapporto lavorativo e quello sentimentale: “Dietro alle lusinghe non sempre c’è amore. In alcuni casi le lusinghe nascondono l’intento di usare l’altro o l’altra. Il fattore ick descrive, qui, il momento di verità, in cui la repulsione sgretola l’incantesimo e induce il destinatario di tante attenzioni ad andarsene”. Come nell’amore, infatti, le troppe adulazioni rivolte al lavoratore servono a indurlo ad accettare di buon grado ogni scorrettezza. 

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Il resto del libro riporta dichiarazioni di ex dipendenti infelici delle loro esperienze di sfruttamento, mancata retribuzione, pessimi contratti ed altre porcherie tristemente note. 

Nonostante ciò, si nota facilmente una visione unilaterale del problema, la sopraffazione verticistica del padrone sui sottoposti. Rosa: “Quella settimana avevo litigato col direttore perché diceva che non ero abbastanza veloce”; Giuseppe: “Chiesi di essere messo in regola a tempo pieno. Mi risposero di no perché avrebbero dovuto pagare troppe tasse”; Gabriele: “In Italia non ho mai avuto un contratto di lavoro. Sempre in nero, sottopagato”; Carlo: “Avevo un solo riposo a settimana, ma se quel giorno c’erano prenotazioni, venivo chiamato in turno”. 

Viene il sospetto che il testo di Francesca Coin sia fondato su un atavico disprezzo per la categoria imprenditoriale che la inchioda interamente, e senza distinzioni, a un ruolo di tirannia. Non si tiene minimamente conto delle problematiche burocratiche e l’accanimento fiscale che il Dio Stato rivolge contro chi cerca di tenere in vita una qualche attività. A meno che non provenga dalla Repubblica Popolare Cinese. In quel caso, spendere quindici euro per trangugiare ininterrottamente pizza, kebab, churrasco brasiliano, pesce fresco e frutta esotica passa per qualcosa di assolutamente normale, come se non vi fosse niente di strano dietro.

Demonizzare solo il padrone è facile. Troppi vogliono ignorare che la prima maledizione di un dipendente è data dai suoi colleghi. Spesso, le situazioni di ingiustizia denunciate sul lavoro sono esasperate dalla mancanza di fratellanza e coesione degli altri collaboratori che preferiscono tacere oppure, ancora meglio, arruffianarsi il capo per garantirsi protezione e favoritismi. Allo sfruttamento, si aggiungono solitudine e impotenza.

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Sovente l’ultimo arrivato deve patire le angherie che i più anziani, a loro volta, subirono in un lontano passato. Al rituale di iniziazione – che può durare mesi o anni -, seguono le quotidiane otto ore d’odio, in cui qualcuno sfoga su soggetti terzi il proprio risentimento personale verso la vita o il coniuge.

L’autrice ha, giustamente, citato il fenomeno del mobbing, solo ne ha prontamente omesso la versione che si sviluppa orizzontalmente e che genera la proverbiale guerra tra poveri.

“Lascia che ti presenti: mobbing! Grazie a mobbing potrai portare il tuo dipendente al limite della sopportazione umana finché non sarà costretto a scegliere tra il manicomio e le dimissioni”. 

Lasciate che vi presenti: Google! Lì dentro potrete trovare centinaia di testimonianze di persone che hanno avuto un esaurimento nervoso, causato dai loro pari livello, e che hanno consegnato le felici dimissioni lasciando gli ex colleghi “a scannarsi tra di loro”.

Quando avrete sconfitto il demone del capitalismo, vi toccherà riconoscere una realtà ben più grave: la disparità esisterà sempre, perché gli uomini non appartengono tutti allo stesso rango intellettuale, che non dipende dal titolo di studio, ma da una nobiltà innata.

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Cercate qualcuno che ha tentato di fare la differenza, spronando i colleghi a coalizzarsi e far valere i propri diritti calpestati, fatevi raccontare. Tutti d’accordo, all’inizio. Poi, arriva il momento di compromettersi seriamente nell’azione e nessuno rimane. 

Il miserabile uomo medio preferirà sempre umiliare il più debole per riscattarsi dalla frustrazione lavorativa. Pur di non impegnarsi nella lotta, accetterà di seppellire anche sé stesso nella fossa dell’ingiustizia comune.

Clara Carluccio

L’AUTRICE 

Clara Carluccio nasce a Milano, nel 1985, e risiede attualmente in provincia di Brescia. Per errore di gioventù studia alla scuola agraria del quartiere Comasina di Milano, incidentalmente ubicata in prossimità dell’istituto Paolo Pini, il manicomio in cui venne rinchiusa la poetessa Alda Merini. Dopodiché, decide di perfezionare la sua conoscenza del mondo tra lavori precari e umilianti della peggior specie. Si trova così a svolgere mansioni quali: Oss in una RSA, segretaria, barista, guardarobiera in discoteca non guardata da nessuno, cameriera ai piani, cuoca incapace in un centro disabili, domestica – non dite colf – in nero e banconiera al supermarket declassata poi al semplice ruolo di scaffalista inutile al mondo e a se stessa – il tutto con un contratto da stagista. Suo malgrado, colleziona infruttuosi corsi di cucito, danza quale tribal fusion e contemporanea, naturopatia. È appassionata di lingue straniere, in particolare inglese e portoghese. È approdata a “Il Detonatore” dopo vari messaggi di stalking rivolti all’indirizzo di Matteo Fais. La trovate su Facebook e Instagram, ma non riesce a postare i suoi link.

Telefono: +393516990430

Emailclaravirgola@gmail.com 

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