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LA TRAGICA SORTE DELL’ARMENIA (di Davide Cavaliere)

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Il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, alcuni giorni fa, nel corso di una conferenza stampa, ha messo in dubbio l’utilità della presenza militare russa nell’Artsakh, schierata in difesa della piccola e assediata repubblica armena del Nagorno-Karabakh. Si tratta dell’ultimo segno della crescente spaccatura tra Armenia e Russia.

Durante la conferenza, Pashinyan ha anche criticato l’inerzia dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO), ossia l’alleanza militare tra le ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale, nei confronti dell’Azerbaigian in seguito all’aggressione operata nel 2020 contro la repubblica armena sopracitata.

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Infatti, l’articolo 4 della carta del CSTO stabilisce che un attacco a un membro sarà trattato come un attacco a tutti. L’Armenia ha fatto appello alla CSTO in seguito alle incursioni militari azere avvenute a settembre, ma senza ottenere una risposta soddisfacente. A novembre, la CSTO ha offerto quelle che il suo segretario generale, il bielorusso Stanislav Zas, ha definito «misure per assistere l’Armenia in questa difficile situazione». Pashinyan ha rifiutato l’offerta poiché non includeva una dichiarazione esplicita di condanna dell’aggressione azera. Zas in seguito ha affermato che le misure includevano «assistenza tecnico-militare», senza specificare cosa queste comportassero.

Nel frattempo, la situazione nell’Artsakh si fa sempre più difficile. I territori armeni, ormai completamente circondati dagli jihadisti azeri appoggiati da Ankara, non ricevono più né rifornimenti energetici né beni di prima necessità da dicembre. Manifestanti azeri, che si spacciano per ambientalisti, ma in realtà sponsorizzati dal governo, hanno bloccato il Corridoio Lachin, l’unica via che collega l’Artsakh con l’Armenia e il mondo esterno. 

Il Corridoio in questione viene normalmente utilizzato per trasportare, ogni giorno, circa 400 tonnellate di cibo e medicinali dall’Armenia ai territori dell’alto Karabakh. Il blocco ha impedito il trasferimento di 12.000 tonnellate di beni di prima necessità. Le autorità dell’Artsakh hanno istituito un sistema di razionamento degli alimenti per preservare le scorte alimentari. A partire dal 20 gennaio, le famiglie riceveranno dei buoni per l’acquisto di quantità limitate di cibo dalle riserve statali: un chilogrammo di pasta, grano saraceno, riso, zucchero e un litro di olio da cucina al mese. Le scuole primarie e gli asili sono chiusi dal 9 gennaio a causa delle scorte alimentari insufficienti.

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Anche la fornitura di energia elettrica ad Artsakh è stata interrotta. Un «incidente» sulla linea elettrica ad alta tensione che fornisce l’elettricità dall’Armenia ha interrotto il flusso. La situazione è chiara: gli azeri stanno strangolando l’enclave armena e i suoi 120.000 abitanti, tutti cristiani, ai quali i musulmani non vedono l’ora di tagliare la testa o la gola, come fanno da secoli. Uno stillicidio che è una prefigurazione di ciò che Erdogan e il tiranno dell’Azerbaigian, Aliyev, stanno preparando per l’Armenia cristiana nel suo complesso, nel silenzio complice di un’Europa gonfia di gas azero.

I turanisti, ovvero i panturchisti, coloro che vorrebbero riunire in un solo stato tutti i musulmani turcofoni, si apprestano a massacrare i cristiani armeni, colpevoli di aver abitato quelle terre molto prima dell’invasione islamica. L’Armenia è una nazione gentile e civile, democratica e cristiana, che si appresta a essere cancellata dalla faccia della terra dal totalitarismo islamico. La sentinella orientale dell’Europa sta per cadere. Defunta lei, i prossimi morti saremo noi.

Davide Cavaliere

L’AUTORE 

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.

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