Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

È MORTO UN PRINCIPIO! (di Alex Vön Punk)

“Dio salvi la regina/ Perché i turisti vogliono dire denaro/ E la nostra guida/ Non è ciò che sembra” (Sex Pistols, God Save the Queen

In un’intervista Wattie Buchan, frontman della punk band scozzese Exploited, disse “noi siamo più da birra delle 6 che da tè delle 5”. Ci sono infatti due modi per percepire l’aristocrazia e la monarchia inglese. Quello borghese e tanto “british” dalla lacrimuccia facile, quello del tè, dei servizi di porcellana, del cambio della guardia, e del gossip inutile è stucchevole. E poi c’è quello della Working Class, quello dei pub e delle birrerie, di chi a stento arriva a fine mese, che fa a pugni con povertà e degrado e che non gli frega un cazzo della morte di una Regina.

In realtà c’è anche un terzo punto di osservazione, quello repubblicano, quello per il quale la Corona inglese rappresenta il simbolo dell’oppressione, dell’occupazione militare, della brutalità della polizia.

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Durante la visita della Regina Elisabetta in Irlanda del Nord, i familiari delle vittime della brutalità inglese pubblicarono sul quotidiano “The Irish Times”, a proprie spese, una lettera indirizzata proprio alla Regina, in cui chiedevano di rendere pubblici dei documenti scaturiti da un’indagine indipendente del 2008, sulle stragi di Dublino e Monaghan del 1974, ad opera di oscuri attentatori.  I rapporti parlavano apertamente di atti di terrorismo internazionale, con la collusione delle forze di sicurezza britanniche, e dimostrava la completa collusione tra la violenza dei gruppi paramilitari lealisti ed il governo di Sua Maestà, come ha dimostrato anche la ricercatrice ed ex giornalista Anne Cadwallader incrociando materiali d’archivio appena desecretati e rapporti ufficiali degli organi di polizia.

Uno degli eventi più orribili fu il cosiddetto massacro della coppa del mondo avvenuto nel 1994,  dove i lealisti fecero irruzione in un irish- pub massacrando a sangue freddo sei cattolici irlandesi, crivellandoli con fucili semi-automatici. Anche in quel caso, emerse la collusione con i servizi di Sua Maestà (Storia del conflitto anglo-irlandese, Casa editrice Odoya, 2006).

Veramente la monarchia inglese e il suo governo non sono ciò che sembrano come cantava Johnny Rotten nel brano God Save the Queen, canzone che venne messa al bando dalla BBC. La monarchia è ben altro, è un simbolo, Re e Regine rappresentano un “principio” come ci racconta il buon Gaetano Bresci.

La monarchia vive nel “cielo”, ci ricorda che se esiste una lotta per il pane loro ne sono esenti, che non si mischiano con la miseria popolare se non per guardarla dall’alto in basso, tende la mano per fare elemosina, per mantenere una buona facciata, mentre rimane simbolicamente a fianco degli oppressori.

Non che possa fare niente, oltre opporsi sul piano morale, ma dove era la Regina Elisabetta mentre Maggie Thatcher promulgava il fascista Emergency Provision Act, nel quale spiccava l’istituzione di tribunali speciali, le Diplock Courts, prive di giuria e costituite da un unico giudice competente per i reati di terrorismo, affiancate condizioni di detenzione e di interrogatorio durissime – i tristementi famosi blocchi H.

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Dove era la Monarchia mentre Bobby Sands si lasciava morire di fame per protestare contro un regime di detenzione disumano, che rasentava quello dei lager nazisti? Lui moriva con la luce filtrata dalle sbarre, per essersi opposto all’occupazione coloniale, mentre Elisabetta sorseggiava tè in tazze di porcellana e mangiava biscotti.

Oggi, chi ama la libertà dei popoli, l’emancipazione delle classi popolari e la fine di ogni colonialismo, non piange, gioisce. È morto un principio!

Alex Vön Punk

Emailvonpunk@tutanota.com

Telegram: @VonPunk


L’AUTORE

Alex Vön Punk viene costruito a Pisa negli anni ‘80. Bandito, cantante e scrittore di canzoni punk nella band pisana Enkymosis fino al 2009. Autodidatta d’assalto tra un lavoro precario e l’altro, grafico freelanceagitatore politico e provocatore di tendenze anarchiche, anti-autoritarie e federaliste, membro del Centro Studi Liibertario “Società Aperta” che si occupa di libertarismo, diritti civili e della promozione del reddito di base universale.

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