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VASILIJ GROSSMAN E IL MALE TOTALITARIO CHE NEGA LA VOCAZIONE UMANA ALLA LIBERTÀ (di Davide Cavaliere)

Il mondo intero – tutta l’immensità dell’Universo – mostra la sottomissione passiva della materia inanimata, solo la vita è il miracolo della libertà (Vasilij Grossman, La Madonna Sistina).

La democrazia liberale è stata la più faticosa conquista del XX secolo. Nemmeno questa istituzione, imperfetta ma largamente positiva, è però totalmente immune dai mali che hanno prodotto il totalitarismo: la sopraffazione in nome di un «Bene» superiore e lo scientismo, che riducono la vita umana a materia biologica manipolabile. Per opporsi a queste due tendenze, sempre presenti fuori e dentro di noi, è necessario rivolgersi a uno scrittore fondamentale dello secolo scorso, Vasilij Grossman.

Nelle sue opere, in particolare in Vita e destino e Tutto scorre, lo scrittore ebreo-ucraino contrappone due opposte visioni del mondo e dell’umano: quella che anima i totalitarismi, nazismo e comunismo, che vedono negli individui null’altro che mezzi per grandi fini; e quella dell’umanesimo, che riconosce l’irriducibilità e la libertà di ogni singolo uomo. «E questo – scrive Grossman – si chiama democrazia».

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Sebbene l’autore di Vita e destino sia spesso paragonato al Tolstoj di Guerra e pace, il classico della letteratura a cui si sente più vicino è Čechov, perché è lui che dona alla Russia un umanesimo di derivazione europea incentrato sulle idee di libertà e bontà: «La strada di Čechov era quella della libertà. Noi invece abbiamo preso un’altra strada, come ha detto Lenin». Ma di quale libertà scrive Grossman? Si tratta di una libertà in senso ampio, che coincide con la vita stessa, poiché l’uomo è un soggetto autonomo distinto dalla materia inerte. Il male totalitario, che sia quello di Auschwitz o della Kolyma, si fonda sullo schiacciamento e l’irrisione della più profonda vocazione umana, quella alla libertà.

Grossman celebra l’individuo come fonte autonoma dell’azione e come suo ricevente. Nella persona si realizzano i valori umanistici della libertà e della bontà. Se nella sua coscienza l’uomo si riconosce unico e libero, allora può provare «la felicità della libertà e della bontà, trovando negli altri ciò che ha trovato in sé stesso». La bontà è il culmine delle relazioni con l’altro, che grazie alle nostre cure percepisce la sua unicità, la sua piena umanità. Grossman si connette così a un altro testimone esemplare, Primo Levi, a cui, dentro al campo, grazie all’aiuto disinteressato di un muratore, gli accade «di non dimenticare di essere io stesso un uomo».

Nel romanzo Vita e destino vengoro rappresentati numerosi esempi di questa libertà vissuta. Sono piccoli gesti che Grossman definisce «insensati» perché non sono convenienti. Limitandosi a uno, per brevità, basterebbe citare quello avente per protagonista un generale sovietico, il quale ritarda di otto minuti un assalto, nonostante ci sia Stalin al telefono che gli dice: «Partite! Partite!». Per lui non è ragionevole ciò che gli stanno ordinando: «Se io ritardo di pochi minuti l’assalto – pensa – risparmio la vita di migliaia di uomini». 

Questo elogio della bontà disinteressata si accompagna a una condanna del Bene promosso dalle ideologie politiche. Queste, infatti, sostituiscono gli individui in carne e ossa con astrazioni chiamate «razza» o «classe». «Là dove si leva l’alba del Bene, muoiono vecchi e bambini, e scorre il sangue» dice Ikonnikov, personaggio di Vita e destino. Gli ideologi e gli ideologizzati vedono solo i grandi processi, la selezione naturale o la lotta di classe, ma con le loro grandi macchine filosofiche e dialettiche perdono di vista il singolo e la sua autonomia. Accecati dalla visione del «Bene» futuro o collettivo, non considerano le ferite inflitte agli individui concreti. Essi non si considerano esseri umani liberi, bensì freddi esecutori di un impersonale meccanismo storico o naturale. Fondamentalmente, non possiedono la nozione dell’irreparabile, dunque possono uccidere e incatenare con la coscienza tranquilla.

Nazisti e comunisti riducono gli individui a strumenti o ad ostacoli per un progetto. La loro è una visione rozzamente materialista, dove non c’è spazio per nulla se non per la materia e i rapporti di forza. A essere uccisi non sono mai delle esistenze, ma dei corpi politici, delle categorie sociologiche, un insieme di tratti fenotipici: il kulako, l’ebreo, il borghese, lo zingaro, il capitalista. Grossman, al contrario, che vuole mantenere vivo «l’umano nell’uomo», invita a ripartire dai volti delle persone che ci circondano: «Incominciamo dall’uomo, stiamo attenti allo sguardo dell’uomo, chiunque sia».

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I giusti non cercano un Bene universale ma praticano liberamente, non di rado a rischio della loro stessa vita, la bontà, fedeli all’idea che Grossman fa così esprimere a un suo alter ego incarcerato: «la storia degli uomini è la storia della libertà, dalla più piccola alla più grande; che la storia di tutta la vita, dall’ameba al genere umano, è storia di libertà, è il passaggio da una minore libertà a una libertà maggiore; che la vita stessa è libertà».

Massimo simbolo di quest’ultima è la Madonna Sistina di Raffaello che ispira allo scrittore l’omonimo racconto. Grossman scrive: «Essa affida il figlio al destino, non glielo sottrae e il bambino non nasconde il viso nel seno materno. Da un momento all’altro scenderà dalle sue braccia e andrà incontro al destino sui suoi piedini nudi. Come spiegare questo? Come capirlo? Sono tutt’uno e al tempo stesso sono divisi: vedono, sentono e pensano insieme, uniti. Tutto però lascia presagire che si separeranno l’uno dall’altra, che non possono non separarsi, che proprio in questo sta la loro salda unione». L’immortalità che emerge nel quadro è quella di una libertà che afferma totalmente l’altro e il suo destino. Un legame che non costringe ma che, anzi, fonda la libertà.

Davide Cavaliere

L’AUTORE 

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.

Un commento su “VASILIJ GROSSMAN E IL MALE TOTALITARIO CHE NEGA LA VOCAZIONE UMANA ALLA LIBERTÀ (di Davide Cavaliere)

  1. È vero. Abbiamo visto quanto libertario sia stato l’Occidente nella gestione della pandemia.
    Ma questi articoli chi ve li detta? La CIA?
    O siete semplicemente dei cretini?

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