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L’IGNORANZA DI MENTANA SU GALILEO GALILEI È IMBARAZZANTE (di Davide Cavaliere)

Come si usa dire, il troppo stroppia. Da quasi due anni ormai, Enrico Mentana, si è calato nel ruolo di paladino dei vaccini e di una scienza trasformata in divinità od oracolo. Divertente. Come tutti i neoilluministi ha tirato fuori dal cilindro scientista il celebre “Caso Galilei”, facendolo passare per uno scontro tra “tra scienza e antiscienza”. Affermazione che, messa giù così, richiede non poche precisazioni.

Ecco cosa scrive il direttore più volterriano della penisola: “A tutti coloro che accusano, ‘perseguitate i no vax come le autorità del tempo perseguitarono Galileo’ voglio solo ricordare – posto che lo abbiano mai studiato – come anche quello sia stato uno scontro tra scienza e antiscienza, tra osservazione della realtà e analisi dei dati da una parte, e pseudo verità calate come dogmi nella credulità popolare dall’altra. Con Galileo si condannò la Ragione in nome della Fede, non viceversa”.

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Al netto della burbanza contenuta nella frase “posto che lo abbiano mai studiato”, quanto letto suscita la domanda se Mentana abbia perso la trebisonda oppure stia facendo un lavoro sistematico di disinformazione anche su Galilei e Bellarmino.

Affermare, come fa il maratoneta di La7, che la vicenda Galilei fosse una lotta tra “osservazione della realtà e analisi dei dati da una parte, e pseudo verità calate come dogmi nella credulità popolare dall’altra”, significa non sapere che, all’interno della Chiesa, già ai tempi di Galilei, vi fossero posizioni diversificate, invece di una massiccia e inappellabile condanna del copernicanesimo sostenuto dallo scienziato pisano.

In una lettera del 12 aprile 1615, indirizzata a Paolo Antonio Foscarini,  il cardinale Bellarmino si chiede se l’astronomia copernicana sia vera, ossia se si fondi su prove verificabili, o se invece si basi soltanto su congetture. Galileo, infatti, non era riuscito a provare in modo inconfutabile il doppio moto della terra, ovvero la sua orbita annuale attorno al sole e la sua rotazione quotidiana intorno all’asse dei poli, pur avendo la convinzione di averne trovata la verifica nelle maree, delle quali solo Newton avrebbe dimostrato la causa.

Il filosofo austriaco Paul K. Feyerabend, nel suo celebre saggio Contro il metodo, scrive: “La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione”.

Feyerabend dimostra che la condanna delle dottrine galileiane fu emessa sulla base delle conoscenze diffuse e accettate nel contesto scientifico dell’epoca. Solo i gesuiti, che persino confermarono alcune scoperte contenute nel Sidereus nuncius, mantennero un atteggiamento prudente nei confronti di Galileo. Gli aristotelici, dunque gli scienziati accreditati del tempo, attribuivano valore scientifico a una teoria solo in ragione di osservazioni immediate e dimostrazioni convincenti, mentre Galilei forniva, citando ancora Feyerabend, “teorie di vasta portata, non dimostrate e parzialmente confutate”.

Scrive ancora il pensatore austriaco in merito al giudizio ecclesiastico contro lo scienziato italiano: “fu basato esclusivamente sulla situazione scientifica del tempo. Fu condiviso da molti scienziati illustri – ed era corretto fondandosi sui fatti, le teorie e gli standard del tempo. Messa a confronto con quei fatti, teorie e standard, l’idea del movimento della Terra era assurda. Uno scienziato moderno non ha alternative in proposito. Non può attenersi ai suoi standard rigorosi e nello stesso tempo lodare Galileo per aver difeso Copernico. Deve accettare la prima parte del giudizio degli esperti della Chiesa o ammettere che gli standard, i fatti e le leggi non decidano mai di un caso e che una dottrina non fondata, opaca e incoerente possa essere presentata come una verità fondamentale. Solo pochi ammiratori di Galileo si rendono conto di questa situazione”.

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A partire dal secolo dei Lumi, l’affaire Galileo costituisce un mito, un simbolo della battaglia tra ragione e fede, ma si tratta, per l’appunto, di un mito. Una leggenda alla quale crede anche il razionalista Mentana. A ben vedere, la vicenda galileiana può essere utilizzata con profitto da coloro che, basandosi sulle teorie di scienziati considerati “eretici”, sfidano la narrazione ufficiale sul Covid-19, sostenuta in blocco dalla comunità scientifica del presente.

La storia della scienza insegna che, spesso, sono le minoranze creative ad avere ragione delle maggioranze “accreditate” e “accademiche”. Mentana, ancora una volta, tristemente, ha rivelato la sua ignoranza e il suo cieco fideismo scientifico.

Davide Cavaliere

L’AUTORE

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”. 

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