Il Detonatore

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LA CONTROMELIA – INVECE DI ASCOLTARE FRANCESCO, IL CAPO DELL’INTERNAZIONALE PROGRESSISTA, RILEGGIAMO LEONE XIII CHE METTE IN GUARDIA DAI SOCIALISTI (di Matteo Fais)

Ci fu un tempo in cui la Chiesa era una cosa seria. L’anticristo era ancora lontano dal salire al soglio pontificio e proclamare la santità del Pride. Prima di diventare pop, come ogni fenomeno attuale, la Santa Sede si occupava del mondo facendo il suo dovere e denunciandone le storture, come avviene nella nota enciclica Rerum Novarum, del 1891, in cui Leone XIII smaschera l’inganno socialista – così si chiamavano i comunisti in quegli anni – volto a degradare e spezzare la coesione sociale, promettendo il paradiso in terra agli umiliati e offesi.

“Questione difficile e pericolosa. Difficile, perché ardua cosa è segnare i precisi confini nelle relazioni tra proprietari e proletari, tra capitale e lavoro. Pericolosa perché uomini turbolenti ed astuti, si sforzano ovunque di falsare i giudizi e volgere la questione stessa a perturbamento dei popoli”, scrive il Santo Padre ben consapevole che il pericolo non sono “giustizia ed equità”, ma il pernicioso piano con cui, esseri diabolici e privi di senso civico, ambiscono a minare le fondamenta del vivere comune.

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Egli ha cognizione di “come sia di estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni, indegne dell’uomo”, ma è altresì consapevole che il socialismo è un falso rimedio che “attizzando nei poveri l’odio ai ricchi, pretendono si debba abolire la proprietà, e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune, da amministrarsi per mezzo del municipio e dello stato. Con questa trasformazione della proprietà da personale in collettiva, e con l’eguale distribuzione degli utili e degli agi tra i cittadini, credono che il male sia radicalmente riparato. Ma questa via, non che risolvere le contese, non fa che danneggiare gli stessi operai, ed è inoltre ingiusta per molti motivi, giacché manomette i diritti dei legittimi proprietari, altera le competenze degli uffici dello Stato, e scompiglia tutto l’ordine sociale”.

Pensate che il Cane Bianco progressista avrebbe mai il coraggio di sostenere simili tesi? Ovviamente, non scontenterà mai i suoi amichetti che l’hanno messo lì, per fare fuori il povero Ratzinger mai impaurito dalla lotta contro le forze oscure della Storia.

Per questo bisogna rileggere il predecessore Leone XIII e la sua fantastica difesa del Liberalismo, della proprietà come diritto naturale e della libertà umana (“Il gran privilegio dell’uomo, ciò che lo costituisce tale o lo distingue essenzialmente dal bruto, è l’intelligenza, ossia la ragione. E appunto perché ragionevole, si deve concedere all’uomo qualche cosa di più che il semplice uso dei beni della terra, comune anche agli altri animali: e questo non può essere altro che il diritto di proprietà stabile; né proprietà soltanto di quelle cose che si consumano usandole, ma anche di quelle che l’uso non consuma”). 

A Destra, nessuno è mai riuscito a eguagliarlo, a intendere che “lo scopo del lavoro, il fine prossimo che si propone l’artigiano, è la proprietà privata. Poiché se egli impiega le sue forze e la sua industria a vantaggio altrui, lo fa per procurarsi il necessario alla vita: e però con il suo lavoro acquista un vero e perfetto diritto, non solo di esigere, ma d’investire come vuole, la dovuta mercede […] Con l’accumulare pertanto ogni proprietà particolare, i socialisti, togliendo all’operaio la libertà di investire le proprie mercedi, gli rapiscono il diritto e la speranza di trarre vantaggio dal patrimonio domestico e di migliorare il proprio stato, e ne rendono perciò più infelice la condizione”.

Prima dell’avvento dell’Unione Sovietica e della creazione di quelle porcilaie a cielo aperto che sono stati e restano i Paesi comunisti, il Sommo Pontefice già vatticinava quel che il socialismo avrebbe portato, ovvero, oltre a inedia, miseria e cancellazione della libertà individuale, la fine della speranza per ogni persona sfortunata di poter venire fuori con le proprie forze da una condizione ingrata (“tolto ogni stimolo all’ingegno e all’industria individuale: e la sognata uguaglianza non sarebbe di fatto che una condizione universale di abiezione e di miseria”).

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Ma sono tante le sorprendenti intuizioni del Papa sulla vera natura della marmaglia socialista che “sostituendo alla provvidenza dei genitori quella dello Stato, vanno contro la giustizia naturale e disciolgono la compagine delle famiglie”.

Come non rimpiangere questa Chiesa che, già in illo tempore, tuonava contro il pericolo sinistro e la sua degenerazione progressista. Chissà quanto schifo ci saremmo risparmiati, se solo gli avessimo dato retta. Invece, adesso, l’anticristo siede in San Pietro, tra il plauso delle folle arcobaleno, facendo professione di fede delle peggiori idea che l’uomo abbia mai concepito.

Matteo Fais  

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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