Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

CARO PAPA FRANCESCO, PERCHÉ NON APRI ANCHE A VALENTINA NAPPI? (di Matteo Fais)

All’università avevo un collega figlio di operai. Il padre non è che era comunista, ma proprio stalinista. Lui non ho mai capito con precisione da che parte stesse. So solo che era un piccolo genietto. La fica l’aveva vista poco – come me a quei tempi –, ma aveva letto l’impossibile. Nietzsche lo padroneggiava come se niente fosse. Un giorno, eravamo a pranzo insieme, alla mensa, e mi disse: “Vedi Matteo, io sognavo di lottare contro i bigotti e i retrivi, ma questo è un mondo di bagasse e rotti in culo, per cui mi ritrovo a stare dalla parte dei pezzi di merda reazionari come te”. Al netto della provocazione, c’era del vero in quel che mi aveva detto.

Questo è un mondo di bagasse e rotti in culo. Non che abbia nulla contro le puttane e – vabbè, ci siamo capiti –, ma tutto mi sarei aspettato fuorché di avere la Chiesa dalla nostra parte. Voglio dire, a me piace la trasgressione. Se mi scopo, che so, tra le tante scopate che ho fatto, una più grande di me, con famiglia e figli, mi aspetto quantomeno la promessa dell’inferno, della dannazione eterna, del castigo divino.

Il sesso, fino a qualche decennio addietro, aveva un aspetto interessante: il proibito. Mia nonna, per dire, proprio quando ero universitario, se sapeva che stavo con una ragazza, mi cazziava malamente, lei che andava ogni giorno alla Santa Messa. Mi diceva: “Ma come possono queste ragazze acconsentire ad avere rapporti con te, senza esserti niente?”. Che magnifiche e delicatissime circonlocuzioni che usava la povera vecchia per dirmi che una donna non avrebbe mai dovuto, come diceva lei, “coricare” con un uomo che non fosse il marito. Così, quando tornavo da una di loro, io ero contento di trasgredire, di fare “qualcosa di proibito” al di fuori del sacro vincolo del matrimonio. Quant’era bello a quei tempi. Sghignazzavo come un pazzo al pensiero di andare contro l’antiquata visione di mia nonna e della sua Chiesa. Nel penetrare la ragazza di volta in volta in questione, pensavo che noi eravamo peccatori, che Dio non approvava e che mia nonna – e tutto quel mondo retrivo e reazionario che lei rappresentava ai miei occhi – non avrebbe mai approvato.

Invece, oggi, mi vedo che il Papa – questo Papa, perché gli altri avrebbero disposto il rogo per quelli come me – apre addirittura all’omosessualità. A quei tempi, mentre leggevo Marcuse, durante i noiosissimi corsi su Hegel e Croce, pensavo che i gay potessero davvero costituire l’alternativa, il cosiddetto “ritorno del represso”, contro una società oppressiva, ignorante, rozza, patriarcale. Adesso, invece, vedo che sono sdoganati, che tutto è normale. Prenderla in culo e chiavarsi una donna che potrebbe essere tua madre sono cose consentite, perdonate, addirittura accettate.

Ma, porco cane, io volevo essere un reietto. Volevo masturbarmi, come da ragazzino, sui giornaletti con le foto di quelle femmine fuori dalla grazia di Dio, le puttane, quelle che sarebbero andate all’inferno insieme a me.

Già, ma adesso non sono più un peccatore. Nientemeno che per intercessione papale, che io abbia portato una all’aborto o all’amore di gruppo, il Signore è sempre con me, senza che neppure abbia da pentirmi e “mangiare la polvere”, come avrebbe detto Montaigne, umiliandomi e invocando la misericordia. Dio mi è vicino se inculo una e se scambio oscene carezze oggi con lei e domani con l’altra – come, in effetti, faccio.

A questo punto, se l’inferno è un luogo vuoto, e il Paradiso un centro commerciale sovraffollato, potremmo pure dire che Valentina Nappi finirà in cielo, come la donna che ha rinunciato alla passione carnale per farsi suora e votare la sua vita a Dio. Non più sante o puttane. Non più Gesù che invita a non giudicare, ma dice all’adultera di non commettere ulteriormente l’infamia del peccato. Di questo passo, la Nappi andrà in Paradiso per meriti artistici nel succhiare cazzi e il Padre Eterno mi darà una pacca sulla spalla, vedendomi entrare dal cancello principale: “Bel lavoro, fratello, le hai infilzate tutte”. Quasi mi passa la voglia di scopare e mi sa che divento un merdoso reazionario.

Matteo Fais

L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. A ottobre, sarà nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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