CON LA SCUSA DELLA GUERRA, LA CANCEL CULTURE AVANZA (di Matteo Fais)
Questa che stiamo vivendo è una guerra mondiale di posizione, ma di natura psico-socio-antropologico-culturale, che si svolge su tutti i fronti. È la guerra della Cancel Culture, l’avamposto dell’esercito del politicamente corretto nato decenni orsono in America.
Un passo al giorno, lenta ma inesorabile, la loro linea avanza quotidianamente verso la distruzione e lo stravolgimento di tutta la Cultura Occidentale. Le sue piccole conquiste sparse per il Globo sono tante e tutte poco note al grande pubblico che, al massimo, ha sentito parlare di scevà o schwa, la famosa è rovesciata, accorgimento ortografico che dovrebbe scardinare il patriarcato linguistico a mezzo di un simbolo neutro sul piano del genere. Chi ha solo orecchiato la faccenda non ci ha capito granché, se non che, come al solito, ci sono dei matti a piede libero, con poche idee ma ben confuse, e ha liquidato la faccenda come una “follia all’americana”. Peccato che la questione sia più seria di quanto si creda e recentemente stia cominciando a farsi strada anche in Italia, con la schwa comparsa in diversi documenti ufficiali e articoli di giornale.
Ma non è questo il punto, al momento, come neppure la censura di cui sono stati vittime nelle varie università anglofone Dante, Shakespeare, Omero e Kipling. Ciò che preme è comprendere che la cancel culture non conosce limiti, ma trova ovunque appigli come un cancro una volta che è riuscito a far breccia sul sistema immunitario.
Un esempio di ciò si può vedere anche alla luce del conflitto tra Russia e Ucraina che, in questi giorni, scuote la coscienza europea. La nuova moda è di chiedere agli artisti russi una pubblica presa di posizione antiputiniana, pena l’esclusione dal consesso delle arti. È accaduto a Valery Gergiev, noto direttore d’orchesta e amico personale del Presidente russo, allontanato dalla Scala, dopo aver rifiutato l’invito del sindaco di Milano, Sala, a prendere posizione contro la guerra – praticamente, un invito alla pubblica abiura in stile Santa Inquisizione 5.0.
Prima che la stessa sorte potesse toccare anche a lei, la soprana russa Anna Netrebko ha dato forfait per la sua prossima esibizione, adducendo come motivazione che, pur essendo contraria al conflitto, “forzare gli artisti o qualsiasi personaggio pubblico a dar voce alle loro opinioni politiche in pubblico e denunciare la loro terra, non è giusto. Questo dovrebbe essere una libera scelta”. La cosa, ovviamente, non ha minimamente scalfito il buonista italiano progressista che, cresciuto in una scuola malata di ideologia sessantottina, ha duramente condannato la mancata presa di posizione, in ciò dimostrando di non avere neppure assimilato il caro e sacrosanto principio secondo cui bisogna sempre distinguere tra l’opera e la vita dell’artista – i santi, gli esempi di vita, si cercano in Chiesa, non sui palchi. Naturalmente, il piddiota medio, più convinto di essere colto di quanto non sia, si è subito tradito nei commenti agli articoli sulla vicenda, facendo emerge tutta la sua idiozia con considerazioni del tipo “Seeeh, e chi è questa?”, “Sì, vabbè, faremo a meno dell’ennesima cantante”, come se stessimo parlando di una Emma Marrone qualsiasi e non di una delle più grandi cantanti liriche nella storia della musica classica.
Ma, com’è noto, al peggio non c’è fine. Dunque, la cancel culture in salsa amatriciana, da noi, si è spinta fino a rinviare, per poi ricandelarizzare immediatamente, quattro lezioni gratuite di Paolo Nori, autore di Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij, sull’intramontabile scrittore russo, il cui svolgimento è previsto presso l’università della Bicocca. Unica motivazione, evitare polemiche, data la nazionalità di Dostoevskij.
Dulcis in fundo, la SIAE, con il suo Presidente, Giulio Rapetti Mogol – sì, proprio quello che scrisse i testi di Battisti –, ha fatto sapere che sospenderà “il pagamento del diritto d’autore alle società d’autori russe, fino al termine del conflitto”, ma sottolineando, in un delirio supercazzolante e assurdo, che “non si tratta di una presa di posizione contro gli autori e gli editori russi che non hanno alcuna responsabilità con riferimento a quanto sta accadendo, ma è un’azione con cui vogliamo manifestare la nostra contrarietà a qualsiasi tipo di guerra, peraltro coerentemente con quanto stanno facendo il Governo italiano e l’Unione Europea”.
Se non si fosse ancora ben compreso, la Sinistra liberal americana e le sue metastasi progressiste in Europa hanno una concezione sovietica della cultura. Essa ha ragion d’essere solo finché può svolgere la funzione di clava contro il nemico di volta in volta portato al vertice nella classifica dei cattivi. Altrimenti, vai di “Massimo Cacciari è un rincoglionito”, “Ci sono tanti direttori d’orchestra e nessuno morirà per l’assenza di Valery Gergiev”, “Ma chi cazzo è sta Anna Netrebko!”. Insomma, qui il problema, più che Putin, sembra il fantasma di Stalin che alberga nella Sinistra di ogni tempo e paese.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
Nemmeno Stalin fu così completamente stronzo con Bulgakov….. vedi la biografia di Bulgakov stesso…..
Curioso come a cancellare cultura occidentale siano coloro che… di cultura mai ne hanno avuta una propria…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/
…il buonista italiano progressista che, cresciuto in una scuola malata di ideologia sessantottina…
Ho ormai 73 anni e questo l’ho sempre sostenuto in tempi non sospetti.