Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

HO INIZIATO A VEDERE LA SERIE “FERRAGNEZ” E, SE NON SONO MORTO, È SOLO PER MIRACOLO (di Matteo Fais)

Un tempo c’erano le foto delle vacanze, quelle di cui temevi ti venisse imposta la visione dalla famiglia che ti aveva invitato a cena. Due coglioni! Tutte immagini scattate in posa di un mondo che non è il tuo e di cui, pur con tanta amicizia, ma non te ne può sbattere di meno.

Poi, sono arrivati i social e le immagini sono finite tutte lì. Ferie, cene, aperitivi, tant’è che certi sembrano essere sempre in vacanza, pure se c’hanno le pezze al culo che si devono contare i chicchi di riso che mangiano.

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Adesso, ci sono anche i dannati Amazon Prime Video e Netflix, con tutte le pornografiche trasmissioni di cucina, pesca, caccia e vita privata delle star. Tra queste, è appena comparsa la serie Ferragnez.

Ho cominciato a vederla. Lo ammetto, ero prevenuto e a ragione. Ma l’ho presa come una prova di stoicismo. A metà della prima puntata – sono cinque in tutto –, ho notato con gioia che l’organismo ha reagito dimostrandomi la mia sanità mentale. Infatti, mi sono sentito male e ho iniziato ad avere inquietanti pensieri suicidi indotti dal sovraumano tedio al cospetto della vita di quei due.

Fedez sembra proprio un bimbo minkia. Penso se avessi avuto uno come lui quale padre. Avrei reagito da far accecare Edipo. La Ferragni, invece, appare in tutto il suo nulla cosmico, tra una foto e l’altra, mentre articola pensieri profondi e originali come quelli di una casalinga di ritorno dal mercato ortofrutticolo. Anche se i più imbarazzanti sono i parenti, tipo le sorelle e i cognati di lei, gente nata per essere di contorno al vuoto pneumatico.

La serie inizia con loro che parlano con uno che suppongo essere un terapista di coppia. Guardandoli pensavo al Lacan che dice “A un certo punto, bisogna semplicemente capire che non si può guarire da sé stessi”. Ritengo che, onestamente, ciò sia più che mai vero nel loro caso. Rimaneggiando leggermente la filosofia greca, dal nulla non può venire niente, o se preferite, più prosasticamente, non si può cavar sangue dalle rape.

Se non sopportate la coppia più famosa d’Italia, comunque, potreste prendere visione di questi filmati giusto per la gioia di abbandonarvi ai pensieri più atroci. Io, per esempio, ho immaginato che, a un certo punto, bussassero a casa loro Alex e i suoi quattro drughi – ricorderete la famosa scena di Arancia Meccanica – per lasciarsi andare a un po’ di sana ultraviolenza, questa volta non cantando Singing In The Rain, ma l’Inno alla gioia di Beethoven – “come vino d’argento versato in nave spaziale. Addio forza di gravità”. Non mi sarebbe dispiaciuto neanche un ingresso a sorpresa di Charles Manson e famiglia.

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Scherzi a parte – ma neppure più di tanto –, mi sono domandato quanto possano essere sfigati e mentalmente danneggiati coloro che si sciropperanno tutta la serie – e garantito che ce ne sarà anche una seconda. Veramente, dopo decenni di istruzione di massa, siamo ancora a questo livello? Ma meglio andare a parlare con le puttane nigeriane e farsi raccontare la loro storia, o recarsi in un hospice, sgattaiolare nelle stanze dei malati terminali addormentati dalla morfina, e scrutare i loro volti circonfusi dal mistero del dolore, le loro bocche congestionate in una smorfia di amarezza per un’esistenza che alla fine ci ha traditi tutti. Oppure, fare un giro in solitaria al cimitero, nel gelo dell’inverno, per mortificare la propria vanità al cospetto della miseria, immaginare l’oscuro granello di polvere a cui ci riduciamo, ogni tanto volgendo gli occhi al cielo con la più violenta delle bestemmie nell’iride: “Perché?”.

Vi scongiuro, rinsavite. Non posso pensare che qualcuno provi piacere a vedere questa vulcanica colata di merda, se l’uomo è veramente, come sosteneva il buon Aristotele, un animale razionale. Ma se lo farete comunque, spero che Dio vi perdoni, perché io non posso.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

3 commenti su “HO INIZIATO A VEDERE LA SERIE “FERRAGNEZ” E, SE NON SONO MORTO, È SOLO PER MIRACOLO (di Matteo Fais)

  1. il tuo commento è meraviglioso…terapeutico. bravissimo.. mi ha fatto stare bene e sono stato male di riflesso al sentire la tua sintesi di tale orrore…veramente il suicidio dell’anima…

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