Il Detonatore

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DITTATURA SANITARIA O TALEBANA? (di Andrea Sartori)

È peggio la dittatura talebana o quella sanitaria? Invero, si tratta di un falso problema, la distrazione che ci viene posta sotto gli occhi in questi giorni per deviare la nostra attenzione. I difensori dell’ordine sanitario ci invitano a non parlare di dittatura perché “guarda le donne afghane come sono ridotte”. Gli oppositori della dittatura sanitaria, invece, sostengono che l’Occidente non ha più la statura morale per far le pulci ai vari tiranni, in quanto sarebbe esso stesso divenuto tiranno.

In realtà andrebbero schifate egualmente entrambe le dittature. La differenza tra i talebani e i sanitari è solo ideologica, non di metodo. Cosa sono le mascherine se non dei burqa imposti anche agli uomini? E quel lasciapassare che i talebani chiamano “carta del perdono” non assomiglia in maniera inquietante al green pass? Eh, ma i talebani uccidono, obietterà qualcuno. Certo, ma oramai è certo che iniettarsi un farmaco sperimentale per molti è una condanna. I talebani quantomeno sono più esotici, pittoreschi: la nostra dittatura è asettica, sterilizzata, incolore.

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Ma c’é un punto per cui la dittatura sanitaria rischia davvero di diventare più terribile e spaventosa di quella talebana: la tecnologia. I talebani sono praticamente rimasti a una forma di organizzazione semitribale. È notoria l’avversione degli studenti coranici per tutto ciò che è venuto dopo i tempi del Profeta: il loro mondo è fermo al 632 dopo Cristo, anno nel quale Maometto morì a Medina. Quindi, armi a parte, per loro lo sviluppo tecnico si è fermato allora. Certo, questa seconda generazione talebana si è un per certi versi aggiornata, se è vero che il loro portavoce Zabibullah ha un account Twitter, cosa che è invece interdetta nei secoli all’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Ma è evidente che la concezione della tecnologia dei talebani non è certro quella che abbiamo in Occidente.

Noi non ci stiamo accorgendo che la tecnologia sta imprigionando le nostre vite. E non perché essa sia cattiva in sé stessa, ci mancherebbe. La tecnologia è uno strumento e, come tale, è neutro. Ma questa è anche potentissima e, come tutti gli strumenti potentissimi, bisogna vedere in che mani capita. In quelle di un dittatore diventa qualcosa di aberrante. Basti vedere quel che accade in Cina, dove le vite dei cittadini sono tecnologicamente monitorate sin nel più piccolo movimento, con tecniche quali il riconoscimento facciale o il sistema dei crediti sociali. Questo sta per avvenire anche qui e il green pass non è che il primo passo.

Da una dittatura “medievale” si può sempre, in qualche maniera, fuggire. Riesci a trovare uno spazio nel quale gli occhiuti guardiani del regime non possono arrivare. Puoi avere a disposizione dei soldi cash che ti possono servire.

Quello che si sta costruendo in Cina e in Occidente è invece qualcosa di totalmente diverso: la digitalizzazione completa delle nostre vite porterà i cittadini, ridotti a sudditi, a essere dipendenti da un clic. Con un clic la banca può rimuovere il tuo denaro, con un clic si può cancellare la tua stessa esistenza.

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Oramai siamo monitorati ventiquattro ore su ventiquattro da mille dispositivi che ingenuamente abbiamo accettato credendo fossero atti a proteggere la nostra sicurezza e non a imprigionarci. La dittatura sanitaria mira a controllare i nostri corpi, ti rilascia patenti per vivere, come ha felicemente riassunto Carlo Freccero – cosa mai tentata in nessuna dittatura.

Tra i talebani e la dittatura sanitaria difficile scegliere, ma forse, nel poco tecnologico Afghanistan, qualche margine per sfuggire alla morsa dei talebani c’é. Noi, al contrario, siamo oramai rane bollite.

Andrea Sartori

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L’AUTORE

Andrea Sartori è nato a Vigevano il 20 febbraio 1977. Laureato in Lettere Antiche presso l’Università degli Studi di Pavia. Ha vissuto a Mosca dal 2015 al 2019 insegnando italiano e collaborando con l’Università Sechenov. Attualmente collabora presso il settimanale “L’Informatore Vigevanese”. Ha pubblicato con IBUC i romanzi Dionisie. La prima inchiesta di Timandro il Cane (2016) e L’Oscura Fabbrica del Duomo (2019) e, con Amazon, Maria. L’Eterno Femminino (2020)

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