Il Detonatore

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BRUSCA E’ IL KILLER, I CITTADINI SONO I MANDANTI (di Franco Marino)

Brusca torna in libertà e in queste ore i social brulicano di indignazione morale. La cosa è comprensibile. Non c’è dubbio che di uno capace di sciogliere un bambino nell’acido si possa e si debba pensare tutto il peggio possibile. Ciò non significa che, nella valutazione globale di ciò che ha ispirato un gesto così orrendo, il fatto debba considerarsi rilevante.
Escludendo naturalmente certe crudeltà – comunque rarissime – la mafia non è un’associazione di sadici che al mattino si svegliano chiedendosi, mentre si grattano la testa, chi ammazzare. E’ un’organizzazione efficientissima che spesso è in grado di muovere enormi capitali e di regolare la vita di interi territori. Essa vive grazie al consenso a vari livelli di individui che, a vario titolo, grazie ad essa ne traggono vantaggio. E quando deve ordinare un omicidio, ha cura di eseguirlo al massimo dell’efficienza, possibilmente senza lasciare la minima traccia del cadavere e senza dare modo che se ne parli. In tal senso, le province dei grandi territori ad alta densità mafiosa, sono stracolme di fattorie piene di maiali dove vengono gettati corpi o di vasche piene di acido dove scioglierli. Salvo che non abbia bisogno che di un determinato delitto si venga a conoscenza, al fine di inviare qualche messaggio.

Dovessero chiedere a me, uomo comune della strada, da quale terreno organizzazioni criminali così pervasive ed endemiche si originino, risponderei senza esitazione che la mafia è figlia illegittima e biologica del socialismo statalistico. Cioè delle sue promesse tradite. Non a caso, essa è più diffusa in tutte le realtà ad impronta statalistica. In Cina, in Giappone, da noi in Italia, in Turchia, in Russia. Nei paesi dove il socialismo è affidato ai privati (Nord Europa) essa praticamente non esiste. Nei paesi ad impronta liberistica, idem. E la ragione è semplice: in quei luoghi non esiste l’idea di uno stato come padre padrone che tutto risolve. Il welfare è gestito da assicurazioni, su cui lo stato esercita un necessario controllo come arbitro. Ma dove non scende in campo come attore della vita economica. E’ per questo che nei paesi scandinavi e in Germania, il welfare funziona. Non è gestito dallo stato, semplicemente. Che obbliga a scegliere un’assicurazione ma in quel momento lascia al cittadino il compito di valutare quale sia la migliore. E le poche assicurazioni statali sono, sistematicamente, le peggiori.
Laddove invece, gli esseri umani non sanno badare a se stessi, necessitano maggiormente di appartenere ad un gruppo che, in cambio di aiutarlo a sopravvivere, richiede all’adepto la massima fedeltà. Ai massimi livelli, tutto ciò si chiama stato. La cui protezione sociale alla base della sua legittimazione, tuttavia, non è certo gratuita. Se qualcuno occupa abusivamente la nostra casa, il servizio “Pronto Polizia! C’è un signore che si è insediato a casa mia e non vuole andarsene, venite a cacciarlo via?” richiede una serie di cose. Il centralino che prende la chiamata; i poliziotti che devono accorrere sul posto a garantire il rispetto del nostro diritto; le armi necessarie per scoraggiare coloro che stanno abusando di noi; le professionalità necessarie alla formazione di questi poliziotti; la tenuta dei registri che attestano l’effettiva esistenza di un diritto in tal senso.
Tutto ciò ha un costo. Che si finanzia con le tasse. Che sono tanto più alte quanto più si chiede allo stato di fare cose. Se, invece, si dà il diritto al cittadino di sparare a chiunque violi la sua proprietà, c’è bisogno di meno personale, lo stato deve fare meno fatica, di conseguenza costa di meno, chiede di meno (viceversa i cittadini sovvertirebbero uno stato dal quale si aspettano poco ma che chiede troppo). Ma dal momento che allo stato si chiedono troppe cose, che per poterle garantire deve indebitarsi, che non esiste sufficiente personale per garantire a tutti determinati diritti, ecco che esistono organizzazioni non statali e non legali che questi diritti li fanno rispettare in tempi molto minori e con maggiore efficienza, perchè ne traggono un diretto guadagno.
Ne deriva che la mafia è tanto più sviluppata quanto più nei territori in cui essa opera, ci si aspetta che lo stato svolga quei compiti che invece potrebbe svolgere un cittadino. E dunque, tantopiù un individuo è in grado di pensare a se stesso da solo, meno avrà bisogno della mafia.

Che questa sia una teoria meritevole di considerazione lo lascio al giudizio del lettore. Probabilmente un “mafiologo” se leggesse queste pagine, vi suggerirebbe di chiuderle dandomi del cretino. Eppure non mi riesce di pensarla diversamente da così. Non mi riesce di unirmi alle inutili lagne mediatiche morbosamente interessate solo a sputare contro un subumano uscito di galera. In quel momento, l’omicidio del povero bambino rientrava in una strategia, quella di punire un pentito che si era ribellato alla mafia. Qualcosa che, naturalmente, chiunque creda nello stato ufficiale, è giusto che deprechi con tutta la propria forza. Ma non ha senso l’indignazione quando ogni giorno ci comportiamo in modo tale da legittimare ciò che accade.
La mafia esiste perchè conviene a molte più persone di quanto si creda. Quando a Buscetta chiesero “Quanti mafiosi ci sono in Sicilia”, la sua risposta fu “Lei mi dovrebbe chiedere quanti NON SIANO mafiosi in Sicilia”. E, prima che i siciliani si offendano – oltretutto chi scrive è di origini siciliane – non se ne fa una questione siciliana e basta. Nè tantomeno italiana. Se chiedessero a me quanti siano i camorristi a Napoli, risponderei allo stesso modo di Buscetta. Ma risponderei anche se fossi in Giappone e dunque mi trovassi a parlare della Yakuza (che non è una vasca idromassaggio ma il nome della mafia locale).
La mafia ovunque per esistere si nutre di consenso sul territorio che ha bisogno di esercitare anche a costo di compiere queste crudeltà e nefandezze. Nè mi interessano i nostalgismi sulle mafie che rimandano ad epoche in cui, secondo i nostalgici, sarebbe esistita una mafia buona, comprensiva, rispettosa dell’onore e via discorrendo. Intanto perchè non è vero dato che ragazzini, donne ed innocenti in generale morivano anche nei primi del Novecento – si pensi a tal proposito quando Don Michele Navarra, capo dei corleonesi, fece uccidere un povero pastorello reo di aver visto i suoi uomini d’onore uccidere Placido Rizzotto – e poi perchè, in generale, se si ritengono crudeli le azioni mafiose, le si devono ritenere crudeli a prescindere, non soltanto quando si accaniscono contro un bambino, per quanto orripilante sia la cosa.
Le mafie esistono perchè la cittadinanza si aspetta troppo dallo stato, perchè l’assistenzialismo è il fratello separato alla nascita della codardia, perchè uno stato reso elefantiaco dalle aspettative dei suoi cittadini non facendo più il suo dovere crea quella frustrazione che poi li porta a chiedere al mafioso di soddisfarle, dal momento che quei servizi lo stato ufficiale non li fornisce più.
E infine perchè in fondo ai cittadini sta bene così. Il cittadino non vuole essere tale, vuole rimanere un suddito desideroso di un padre o, è proprio il caso di dirlo, di un padrino a cui obbedire.

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Il piccolo Giuseppe Di Matteo in realtà non è stato ammazzato da Brusca. E’ sufficiente guardarlo in faccia per capire che quello che voi chiamate boss è in realtà un subumano capace solo di suoni gutturali. Ha senso offendere un pitbull che sbrana un bambino? Che è stato educato a comportarsi da bestia? Ha senso semmai non slegarlo, chiuderlo in canile.
Quel povero bimbo semmai è stato ucciso da tutti quelli che hanno permesso alla mafia di diventare così potente. A partire da tutti quelli che si voltano dall’altra parte quando un bambino viene ucciso per strada durante un agguato mafioso. A quelli che, quando subiscono un sopruso dallo stato, non si chiedono se convenga riporre in esso minori aspettative oppure organizzarsi affinchè lo stato aumenti la propria efficienza. E’ stato ucciso da tutti coloro che sono così codardi da attendere che sia il Leviatano a provvedere ad ogni personale bisogno.
L’unico coraggio che i cittadini sanno tirare fuori lo scorgiamo quando si tratta di segnalare assembramenti, feste private e quant’altro. E, va da sè, se agli assembramenti non partecipano i mafiosi. Altrimenti ci si volta tutti dall’altra parte. Da buoni mafiosi.
Chiamando Brusca bestia, invocando pene di morte, non cambierete la sostanza dei fatti. Se cerchiamo un colpevole di cose così orrende, guardiamoci allo specchio. E facciamoci tutti un esame di coscienza. Chiediamoci se non siamo noi i veri mandanti.

FRANCO MARINO

Un commento su “BRUSCA E’ IL KILLER, I CITTADINI SONO I MANDANTI (di Franco Marino)

  1. Ogni volta che si chiede una raccomandazione per passare davanti agli altri…..ogni volta che non si vuol vedere cio’ che accade vicino a noi…..ogni volta che si tace per non far brutta figura…..ognuna di queste volte e’ mafia. Bellissimo pezzo Franco Marino.

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