Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – ENRICO LETTA, TU VUO’ FA’ L’UMANITARIO, MA SI’ UNO DEL PD (di Matteo Fais)

C’era un simpatico fumetto, alcuni anni fa, in cui il protagonista, a un certo punto, si abbandonava alle lacrime pensando alla sorte dei poveri immigrati. Ripeteva a macchinetta le solite stronzate, tipo “vengono qui a cercare un futuro migliore”. Per concludere, avanzava il proposito di andare in loro soccorso. Per far ciò, l’uomo si fermava nel vicolo delle puttane e ne caricava una in macchina.

Ecco, Enrico Letta, nelle intenzioni espresse da neosegretario del PD, mi ha ricordato lui. Non certo perché il buon democristiano sia un puttaniere – Enrico, stai sereno e non mi denunciare –, ma perché il suo accanimento sulla questione ius soli – che era proprio anche di Bersani, a onor del vero – non è chiaramente motivato da alcuna vocazione umanitaria. Quella è solo la patina con cui dalle sue parti viene ammantata ogni polpetta di merda per venderla come fosse un Ferrero Rocher.

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Che noi non si possa accogliere l’Africa intera in Europa è palese. Abbiamo già troppi disoccupati – o sono volutamente tenuti in stato di eterna disoccupazione? – e non si capisce veramente come si possa sostentare un continente, se non si riesce neppure a coprire i bisogni primari di una vasta parte della popolazione di uno sputo di Penisola. Qualcosa di molto simile – beccandosi ovviamente l’etichetta di “razzista” – l’aveva già spiegato l’allora segretario del Partito Comunista Francese, George Marchais, nel 1980. Ma qui la questione non è tanto l’essere comunisti, fascisti o rettiliani, bensì avere buonsenso e nulla più. Sarebbe come se un padre, avendo a stento il pane da portare a tavola per i figli, organizzasse ogni giorno tavolate di amici a pranzo e a cena. Non ci vuole un teologo per capire che la generosità, spiace dirlo, ma bisogna potersela permettere, altrimenti è idiozia.

Detto ciò, è chiaro che il Partito Democratico, a prescindere da chi lo guidi di volta in volta, è animato da un vocazione precisa, la distruzione degli ultimi scampoli della piccola borghesia. Il nero a loro interessa non in quanto “povero migrante”, ma come soggetto da immettere sul mercato del lavoro per completarne la sua destrutturazione. Maggiore è la manodopera disponibile, più i salari calano – e più che mai in un mercato in crisi. Enrico Letta questo lo sa bene – mica è scemo, anzi.

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Più migranti, più concorrenza, più povertà, abbassamento del costo del lavoro al limite della schiavitù. Non c’è niente da fare, il percorso è questo ed è senza scampo. Chiaramente, tale problema non sfiora minimamente la signora dei Parioli che piagnucola, in preda ai sensi di colpa, perché lei mangia in abbondanza tutti i giorni e si convince così a prendersi in casa il domestico filippino, prono e servizievole. Neppure ci pensa che se dovesse chiamare una italiana – o un italiano – certo non potrebbe retribuirla come fa con lo straniero. Lei si sente moderna, aperta, cosmopolita, mondialista, quando è invece molto simile a una di quelle signore da piantagione americana che, nei secoli passati, oltreoceano, frustavano la negra per come aveva pulito i bicchieri. Solo, lei sfrutta ma con in cuore il pensiero di aver dato il suo contributo alla salvezza dell’universo.

Il PD, Letta, Renzi, Bersani – sceglietene uno a caso, tanto sono tutte maschere tragiche indossate dallo stesso attore – sanno bene cosa vogliono e temo proprio che l’otterranno. La gente crederà alla buone intenzioni sbandierate e si ritroverà fottuta.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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