Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ALL’ITALIANA (di Franco Marino)

Se si dice “Il Presidente della Repubblica”, si pensa a Sergio Mattarella. Ma qui non si vuol parlare di lui, ma della figura del Presidente in generale. Cioè di uomini che, dai tempi remoti di Enrico De Nicola, hanno occupato la più alta carica dello Stato.
La funzione di quest’organo è descritta dalla Costituzione in termini tanto vaghi da renderne determinante l’interpretazione anche perchè il tema è piuttosto scarno e, come sempre accade, quando una legge non è chiara, il potere lo detiene chi la interpreta, ovviamente a seconda dei suoi interessi politici o personali.
Nel corso del tempo, i presidenti si sono divisi in due categorie. Anomali sono stati quelli che hanno visto le loro funzioni come ogni uomo sano considera il proprio pancreas: è importante, fondamentale ma ci si dimentica che esiste e se bisogno c’è di badarvi, è segno che qualcosa non va, esattamente come quando, tornando alla politica, cade il governo.
Anomalo è stato Enrico De Nicola, presidente riluttante che non nascondeva la tentazione di tornarsene a casa sua. Che non era un monolocale di Scampia ma una meravigliosa villa a Torre del Greco, immersa nel verde e con quadruplo affaccio su Napoli, sul mare, sul Vesuvio e sul Faito. Dunque onestamente la sua tentazione era più che comprensibile.
Altrettanto anomalo è stato Einaudi, in quanto liberale (in un paese oppresso dal cattocomunismo) e perché notoriamente un grigio e rigido – ancorché illuminatissimo – economista poco incline alle confidenze. Anomali sono stati anche Leone e Cossiga, quest’ultimo a doppio titolo: inizialmente perché fra i più silenziosi e impercettibili e poi perché effervescente, logorroico, anticonformista e contestatore sino a guadagnarsi il soprannome di “picconatore”. Al punto che alcuni, per non dover scorgerne la visionarietà (e tutte le sue previsioni si rivelarono esatte) finsero di dubitare della sua stabilità mentale, ipotizzando il cosiddetto “impeachment”.
Normali invece sono stati quasi tutti gli altri, quelli che della carica hanno dato un’interpretazione “pontificia”. I punti in comune col Papa sono infatti parecchi. Ambedue sono coperti dall’immunità, il Papa perché sovrano assoluto, il Presidente perché dichiarato tale dalla Costituzione. Ambedue hanno un’influenza che può essere tanto limitatissima sulla realtà quanto imponente, a seconda delle circostanze politiche (se, per esempio, esistono ripartizioni partitiche ben delineate o se invece vi è farraginosità all’interno del Parlamento)
La comunità dei cattolici poteva dimenticare l’esistenza di Pio XII, talmente questo pontefice aristocratico era discreto e soprattutto silenzioso.Invece, dalla buonanima di Giovanni XXIII in poi, i Papi successivi hanno ritenuto loro dovere affacciarsi alla finestra, ogni domenica, e dire qualcosa. E non sempre questi discorsi sono degni di un vicario di Cristo in terra, detta come va detta. Oltre a non essere opportuno che lo siano, si capisce. Se, infatti, il Papa prendesse posizione sui problemi importanti, si farebbe moltissimi nemici. Tutti quelli che sono di opinione diversa lo attaccherebbero violentemente, sino al caso di Papa Francesco, di cui ogni dichiarazione scatena l’ala conservatrice dei cattolici mentre quelle di Ratzinger e di Wojytyla scatenavano le reazioni dell’ala progressista.

Così, la soluzione non può che essere l’ovvietà: lodare la bontà, dir bene dell’amore fraterno, invitare alla generosità verso i poveri, invocare la pace, incoraggiare la speranza, esortare tutti a lottare contro la fame nel mondo. Chi potrebbe essere contro una di queste cose?
Né si può rimproverare al Papa di non fare nulla personalmente. Mentre ringrazia mentalmente la fine del potere temporale, egli può infatti rispondere che non dispone di mezzi propri. Dunque sono gli altri, che devono agire. Lui può solo indicare gli scopi che essi devono raggiungere e sostenerli con le sue preghiere. Né è responsabile di ciò che non va: non solo egli non governa, ma può sempre riferirsi alla volontà di Dio e ai suoi disegni imperscrutabili, nei quali può rientrare anche un devastante terremoto in Abruzzo o un catastrofico maremoto nell’oceano Indiano.
Anche il Presidente italiano normale si crede obbligato ad essere formalmente super partes – cosa che la Costituzione oltretutto non prevede – e per questo inonda la nazione con fluviali discorsi ovvi, banali e benedicenti. Discorsi che i giornalisti si credono in dovere di riportare, in ginocchio, trattandoli da Vangelo. Il PdR è un Papa in giacca e cravatta. E a questo punto, per chi già poco sopporta il Papa originale e in generale la vieta e vuota retorica, l’unico rimedio è togliere l’audio.
Solo che, purtroppo, diversamente dal collega in tonaca, il Presidente è un uomo che intende fare politica: da un lato è il Nonnino Buono del mulino bianco che bacia i bambini e benedice tutti, dall’altro è – e non smette di esserlo certo solo perchè la Costituzione lo indica come garante dell’unità – il funzionario di un partito.
E cosa fa un funzionario politico? Elementare Watson, quello che fanno tutti. Congiura, trama, indirizza gli avvenimenti, fa propaganda subliminale e riesce a coniugare la faziosità con quanto di più fastidiosamente moralistico ed ipocrita possa dirsi da un pulpito.
Il PdR è irritante sia per la sua funzione formale, sia per la sua funzione sostanziale. Gli esempi li conoscete tutti ma è bene evitare nomi onde risparmiarci grane giudiziarie.
Quanto sopra, non vale per la grande massa. Gli italiani hanno tanta fame di illusioni e di retorica da premiare molto più i Presidenti normali che quelli anomali. Pertini rimane un mito, nonostante fosse politicamente poco più che un narciso con l’ego in siffrediana erezione e sul piano personale un individuo con moltissime ombre e dal passato perlomeno discutibile, di Ciampi viene celebrato il suo passato come economista che ha salvato l’Italia mentre si dimentica che la quasi totalità dei problemi attuali dipende dalla sua storica decisione di scorporare la Banca d’Italia dal Tesoro, sottraendola alla politica e consegnandola alla finanza internazionale.
Di Cossiga invece, l’unico che vide con molti anni di anticipo cosa sarebbe accaduto in Italia, ancora oggi molti sostengono la tesi della pazzia.
C’è poco da fare. Di politica, noi italiani, popolo geniale in altri campi, non abbiamo mai capito e non capiamo nulla.

FRANCO MARINO

2 commenti su “IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ALL’ITALIANA (di Franco Marino)

  1. Parlando del Nostro vaccinatissimo Presidente,chissa’ perche’, mi ha sempre fatto pensare a Giovanni Impastato: Fratello morto per mafia,Padre in odore di…

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