L’EDITORIALE – SONO UN MASCHIO BIANCO ETERESESSUALE E LE FEMMINISTE VORREBBERO FARMI SENTIRE SBAGLIATO (di Davide Cavaliere)
Non si percepisce veramente la propria identità fino a quando non viene minacciata. Molti ebrei assimilati, ad esempio, non avevano mai riflettuto con attenzione sulla loro ebraicità prima della persecuzione nazista.
Il fatto di avere il torace pieno di peli e un ciondolo di carne incollato sotto il basso ventre, non è mai stato motivo di riflessione spontanea, almeno per me. Così come la mia eterosessualità. Erano, per l’appunto, meri fatti. Dati naturali.
Le cose hanno iniziato a cambiare alcuni anni fa, durante il periodo universitario, quando sono venuto in contatto con la ferocia femminista. Solo allora ho capito che ero un “uomo” e un “cis”, un “bianco” e un “etero” e, dunque, per definizione, una minaccia. Devo la consapevolezza della mia virilità al fascismo in rosa delle femministe. Sono le urlatrici scimmiesche e bestiali dell’otto marzo ad avermi fatto riflettere sulle implicazioni dell’essere maschio, eterosessuale, bianco. Mi hanno spinto a ripensarmi, ma non nel modo che avrebbero voluto loro.
Per le femministe, fondamentaliste dell’identità sessuale, il maschio bianco etero è tre volte colpevole: di aver oppresso le donne, di aver sfruttato i neri e di aver discriminato i non-etero, ovvero gli afflitti da parafilie e bizzarrie sessuali varie. Le militanti in rosa hanno fatto del maschio occidentale una caricatura non dissimile da quelle che, nella Germania nazista, veniva fatta degli ebrei sul Völkischer Beobachter o su Der Stürmer. Il fatto di avere un pene, soprattutto se di colorito pallido, rende l’individuo ontologicamente colpevole.
Non è un caso che, nella loro misandrica e demenziale bestialità, il movimento femminista mondiale abbia fatto suo, neanche troppo velatamente, un programma genocidario. Purificare il mondo dalla presenza degli uomini bianchi, questo è il loro obiettivo. Basti pensare al mostruoso e nazistoide S.C.U.M. Manifesto, nel quale Valerie Solanas si proponeva di “distruggere il sesso maschile” e si identificava con le “femmine dominatrici, determinate, sicure di sé, cattive, violente, egoiste, indipendenti, orgogliose, avventurose, sciolte, insolenti, che si considerano adatte a governare l’universo”. Donne simili sono già state viste all’opera, erano le “Aufseherinnen”, le sorveglianti dei campi di sterminio.
Più che a Olympe de Gouges, le femministe s’ispirano a Ilse Koch, la “strega di Buchenwald”, che usava come soprammobili due teste mummificate e collezionava organi umani. Se questa raccapricciante passione per i corpi smembrati vi ha ricordato una celebre femminista, Marina Abramović, con le sue “performance” a base di sangue, urina, sperma e dita mozzate, allora ci stiamo intendendo. Pensate ancora a Gina Pane che, davanti a un pubblico di sole donne, si conficcò con metodo spine di rosa in un avambraccio.
C’è qualcosa di sinistro nel femminismo. Anche nelle sue manifestazioni meno stomachevoli. Le misandriche che all’università irrompevano nella aule con toni minacciosi, che berciavano slogan contro i maschi, che rivendicavano i propri aborti e che nei cortei esibivano assorbenti usati o alzavano cartelli con oscene rivendicazioni sessuali, non si comportavano diversamente dalle “camicie brune”. La disumanizzazione del nemico e il clima intimidatorio sono la prassi ordinaria dei totalitarismi. Per non parlare dell’ossessione per le molestie sessuali, che ha il solo scopo di minare la fiducia reciproca tra uomo e donna. Gli spazi autonomi richiesti dalle femministe, dai quali i maschi siano esclusi, sono una rappresentazione della fine della socialità e della discriminazione ventura. Sotto traccia è presente l’idea che il maschio possa “contaminare” la donna, esattamente come i “semiti” corrompevano gli “ariani” con la loro presenza fisica.
Sarebbe ridondante dilungarsi su come i dipartimenti universitari siano diventati succursali dell’ideologia rosa, centrali di propaganda femminista, marxista, anticapitalista, antioccidentale e via dicendo. In un tale clima culturale, le reazioni sono tre: la sottomissione alla linea ufficiale, la neutralità ebete o la resistenza attiva. Io scelsi quest’ultima e la praticai nella costruzione di una “cittadella interiore”.
La consapevolezza di essere uomini consiste nel sapere che si osserva il mondo da una determinata prospettiva, complementare e non antagonista a quella delle donne. Al pene, organo distintivo del maschio, è associato l’atto delle penetrazione. “Penetrare”, che significa “andare a fondo”, può assumere un senso più vasto. Non sono gli uomini quelli che hanno sondato con inusitata profondità il mondo?
L’eterosessualità è una convenzione, come vorrebbero far credere le femministe? No, è l’orientamento sessuale che permette la riproduzione della specie. Il desiderio verso il “gentil sesso” è una chiave per accedere al loro universo, la virilità si definisce in relazione con il femmineo.
La bellezza dell’uomo sta nel soddisfare una donna che vuole essere appagata, così come nel continuo tentativo di fare luce sul mistero incarnato dalla donna, inattingibile che si vuole, non a caso, penetrare. Nella polarità dei sessi risiede il dischiudersi di nuove esistenze. Il tentativo femminista di contrattualizzare i rapporti, espellere i maschi, devirilizzare, castrare, imporre ovunque l’androgino, è un tentativo di violare la condizione umana e desertificare l’esperienza maschile o femminile di essere al mondo.
Il giorno in cui non esisteranno più uomini, le donne non saranno “libere”, ma incomplete e sole. Abbiamo il dovere di coltivare la nostra mascolinità e i valori, da sempre, connessi a quest’ultima: il senso dell’onore, il coraggio, la fedeltà, la forza, la decisione. Sono queste modulazioni dell’animo che fondano l’unicità, la fatica e la bellezza di essere uomini eterosessuali.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais, del giornale online “Il Detonatore”.
Standing ovation a Davide Cavaliere, giornalista preparato e chiarissimo.
Davvero bravo.
Grazie