Il Detonatore

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L’EDITORIALE – NOI CONSERVATORI E IL MESSIA STRANIERO – PUTIN NEL BENE E NEL MALE (di Andrea Sartori)

Senza Trump, ci resta Putin. Questa è la narrativa di buona parte del mondo conservatore, che purtroppo non riesce a stare senza un “messia politico straniero”. In realtà, la questione è molto complessa. E ve lo assicura una persona che ha vissuto in Russia e ha tuttora contatti strettissimi con la “Santa Madre”.

In questi giorni abbiamo assistito all’atroce aggressione turco-azera nei confronti dell’Armenia. Ebbene, è stato Putin a permetterlo. È stato lo stesso uomo che ha salvato la Siria dall’Isis a imporre di fatto agli armeni di lasciarsi sbranare dai cani di Erdogan. Come è possibile? La faccenda Putin è molto più sfaccettata delle manichee visioni italiane, che vedono nello Zar il baluardo della civiltà o il diavolo incarnato.

La stessa gestione dell’emergenza Covid vede un Putin che non si distingue da un Conte qualsiasi. In Russia vige una stretta dittatura della mascherina con tanto di telecamere alle casse. Multe da trecentomila rubli, ovvero quasi quattromila euro, ai negozi più “rilassati” nei confronti delle museruole. E, sui media di Stato, terrore e le stesse fake news sulla Svezia dipinta come “irresponsabile”, oltre a risibili uscite propagandistiche su cui i russi hanno ironizzato a suon di meme, come il paragone tra il Covid e i Peceneghi, antichi (e un po’ sfigati) invasori medievali. Queste notizie arrivano dai miei parenti e amici che vivono a Mosca, che ora bestemmiano contro l’un tempo popolarissimo Presidente, esattamente come noi facciamo con il nostro Primo Ministro. Senza contare tutta la gestione del vaccino, che Putin intende rendere obbligatorio, quando in Russia non esisteva fino ad ora vaccinazione obbligatoria, ma solo “consigliata”.

Negli anni in cui ho vissuto a Mosca, non ho riscontrato quella terribile dittatura dipinta dai media nostrani. Putin si comportava più o meno come un presidente occidentale e, anzi, anche grazie a controlli meno stringenti di quanto uno creda e alla “disobbedienza organizzata” del popolo russo, fenomenale nel fregare lo Stato, ho percepito in certi casi più libertà che in Occidente. La critica a Putin è assolutamente permessa e i famosi “assassinii politici” sono basati su prove deboli, quando non inconsistenti. Non esiste alcuna persecuzione degli omosessuali,ma solo una legge che vieta la “propaganda omosessuale verso i minori”. Mosca ha i suoi club gay, Elton John è venuto a tenere concerti a Mosca, ma si vieta – giustamente – l’ideologia gender. Quel che il leader russo ha compreso è il pericolo di certi disvalori: tuttavia, è rimasto in superficie e non nota tutto il quadro.

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L’abbassamento di tensione voluto da Trump e il Covid hanno messo a nudo un Putin fallibile, e non a caso la sua popolarità sta calando vistosamente. Ciò avviene, in particolare, in zone come la Siberia, dove la politica filocinese del Presidente ha portato i locali a soffrire dello strapotere della mafia del Dragone che si sta letteralmente mangiando quella regione, senza che lo Zar alzi un dito, anzi restando silenzioso su recenti pretese dei neomandarini sul porto di Vladivostok.

La mia opinione è che, se Trump ha pienamente compreso lo scontro culturale in atto, Putin, al contrario, pur avendo intuito il pericolo del disfacimento della famiglia, non ha capito tutto il resto, a partire dalla faccenda Covid: se esiste un “trumpismo” non esiste un “putinismo” ma qualcosa che non va oltre una forma di neozarismo inesportabile in Italia. Le leggi “etiche” a protezione della famiglia e della religione, che tanto piacciono al mondo conservatore nostrano, sono più che altro lo specchio di un popolo ancora sano, non ancora inquinato da tanto pattume occidentale: la Russia profonda assomiglia all’Italia di quarant’anni fa. E forse questo “gap temporale” ha portato Putin a ragionare come uno statista dell’Ottocento, in termini esclusivamente geopolitici, ma senza una vera ideologia di fondo come il suo omologo americano, a parte un vago nazionalismo panrusso. Il suo ragionamento è semplice: qualsiasi cosa faccia l’America, io faccio l’opposto, perché l’America è il nemico per eccellenza. Quando Obama finanziava l’Isis, io aiutavo i combattenti siriani e proteggevo i cristiani. Ma, se l’Occidente odia l’islamista Erdogan, io mi metto con lui. Da qui i no alla mano tesa di Trump e delle forze sovraniste occidentali che gli chiedevano di unirsi in una battaglia culturale comune. Putin, infine, vive la corsa al vaccino esattamente come i suoi predecessori vivevano la corsa allo spazio, senza pensare a quella “lotta all’élite” che molti gli attribuiscono.

Come finirà? Se Biden davvero si alleerà con la Cina e i Fratelli Musulmani, come dice Trump, vedremo un nuovo cambio di politica estera di Putin. Ma i russi sono abituati a cavarsela da soli. Nel 1812 fu il popolo a scacciare Napoleone da Mosca, mentre l’ex filofrancese zar Alessandro si era asserragliato a San Pietroburgo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’Urss vinse non grazie a Stalin, ma nonostante Stalin che aveva firmato il patto suicida di Ribbentrop-Molotov e non chiuse i confini malgrado gli avvertimenti della sua spia migliore, Richard Sorge. Tra Putin e Cina potrebbe ripetersi uno scenario simile, anche a causa della Siberia contesa? In ogni caso, forse Putin ha terminato il suo pur importante ruolo storico – senza, purtroppo, formare una classe dirigente che ne raccolga il testimone. Ma noi conservatori italiani dovremmo imparare a cavarcela da soli, come i russi, senza aspettare il messia politico.

Andrea Sartori

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L’AUTORE

Andrea Sartori è nato a Vigevano il 20 febbraio 1977. Laureato in Lettere Antiche presso l’Università degli Studi di Pavia. Ha vissuto a Mosca dal 2015 al 2019 insegnando italiano e collaborando con l’Università Sechenov. Attualmente collabora presso il settimanale “L’Informatore Vigevanese”. Ha pubblicato con IBUC i romanzi Dionisie. La prima inchiesta di Timandro il Cane (2016) e L’Oscura Fabbrica del Duomo (2019) e, con Amazon, Maria. L’Eterno Femminino (2020)

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