Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – SONO REAZIONARIO E “MEDIOEVALE”, PER QUESTO AVREI PREFERITO VIVERE DURANTE LA PESTE NERA (di Matteo Fais)

Tutti che vogliono vivere, oggigiorno. Che palle! Ma vivere per cosa? Per stare in casa e morire di serie televisive, con la flebo di Netflix attaccata agli occhi? No grazie. Del resto, io sono un reazionario e, come dicono i profeti dell’apertura mentale, “medioevale”.

Felicissimo di appartenere a un altro tempo, a un mondo così lontano. Provate a immaginare quando la peste nera arrivò in Italia dall’Oriente. Non c’erano antibiotici, né vere e proprie cure. I morti, in un surreale scenario, erano ovunque – agli angoli delle strade, dentro le case che spesso venivano murate per impedire ai malati di uscire e diffondere il morbo. Riuscite a figurarvi il terrore in quel tempo oscuro, alieno all’igiene, i confort, ecc?

Sapete cosa vi dico? Forse era meglio allora. Non si sapeva niente – anche se, secondo me, oggi fanno più finta di sapere che altro. Non c’erano mascherine, né virologi e famiglie Ferragnez a dirti di indossare uno straccetto che tanto non ti proteggerà. Regnava unicamente una sana ignoranza scientifica che allontanava qualsiasi illusione di vita eterna. Non si poteva non divenire bruscamente saggi e apprendere, semplicemente con uno sguardo generale sulla propria via, che siamo destinati a una fine orribile, molto probabilmente a una sofferenza ancora peggiore di quella che abbiamo patito per i pochi decenni della nostra esistenza. Non si potrà non immaginare che in quell’ultimo istante, sotto di noi, si spalancherà, nero e senza fondo, il vortice dell’orrore…

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Beh, secondo voi, circondati da questo fosco scenario e afflitti da una tale penosa consapevolezza, cosa facevano molti di quegli uomini medievali? Non certo quarantene, lockdown, coprifuochi e altre stronzate. Casomai, come ci racconta anche Giovanni Boccaccio, notte e giorno, giravano per le locande – i bar di quei tempi non dovevano chiudere entro una certa ora per decreto di un Conte qualsiasi – e andavano cantando, sbronzi marci, cercando di scopare il più possibile, in spregio alla morte.

Invece voi: mani igienizzate, cazzo igienizzato, preservativo, mascherina anche per fare l’amore e niente vino che ci sale la glicemia. Madre di Dio, ci dovete proprio tenere a questa vita così insipida e scialba, a un’esistenza che non conoscerà mai felicità alcuna perché condotta senza l’assillo e la consapevolezza del trapasso sempre imminente. Voi vi soddisfate a rispettare tutti i diktat del Conte più feroce d’Italia come bravi scolaretti felici di dimostrare la propria ottusa diligenza alla maestra, sperando così di allontanare la morte un altro po’.

Io, invece, vi do un consiglio, andate dove sta la morte. Entrate in un hospice, nella cosiddetta “anticamera del paradiso”, tra i malati terminali di cancro – quelli sì, poveretti, con un piede nella fossa, non come gli asintomatici. Andate, andate. Capirete che non c’è un momento da perdere.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. .

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