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TRUMP, A MOUNT RUSHMORE, CONTRO L’INDOTTRINAMENTO DI SINISTRA (di Davide Cavaliere)

Donald Trump è un uomo con le idee chiare, nel suo discorso al Monte Rushmore, uno dei più belli di sempre, ha inquadrato alla perfezione la natura di Black Lives Matter e degli Antifa:

“Non ingannatevi. Questa rivoluzione culturale di sinistra è progettata per rovesciare la rivoluzione americana. In tal modo distruggerebbero la stessa civiltà che ha salvato miliardi dalla povertà, dalle malattie, dalla violenza e dalla fame e che ha portato l’umanità a nuovi livelli di successo, scoperta e progresso. Per renderlo possibile, sono determinati nel demolire ogni statua, simbolo e memoria della nostra eredità nazionale”.

Chi, in Italia, oserebbe pronunciare parole simili? Gli antirazzisti e i giustizieri sociali sono il nuovo volto della pulsione pantoclastica della sinistra. Vogliono fare tabula rasa del passato e del presente, convinti che dalle macerie emergerà una società perfetta ed edenica. Sono gli eredi dei giacobini francesi, dei bolscevichi russi e dei maoisti cinesi.

Durante la Rivoluzione francese, la cattedrale di Notre-Dame venne devastata in quanto simbolo dell’“oppressione” clericale e dei “secoli bui”. Nel 1793, le statue sulla facciata vennero decapitate perché i rivoluzionari erano convinti che si trattasse dei re di Francia, mentre, in realtà, raffiguravano i re di Giudea. Un illuminista radicale, il filosofo Saint-Simon, voleva acquistarla per abbatterla definitivamente, ma venne trasformata in tempio della Ragione.

Nel 1950 il Tibet venne invaso dalla Cina comunista. Il patrimonio artistico della capitale, Lhasa, costituito da templi, statue, ruote della preghiera e pergamene, venne abbattuto, incendiato, smantellato, profanato e calpestato. Per le Guardie Rosse, fedeli all’ateismo e al marxismo, la cultura tibetana incarnava un passato oscuro non ancora illuminato dalla verità maoista. Sempre le Guardie Rosse, nel 1966, si recarono a Qufu nella provincia di Shandong, sede della nobile famiglia Kong discendente di Confucio, dove profanarono le tombe, distrussero le stele commemorative e trascinarono per le strade, dileggiandola, la statua del filosofo cinese. Tutto ciò che non era stato «toccato» dalla Trinità rossa, da Marx, Lenin e Mao, rappresentava un errore da emendare. Il Libretto Rosso come fine e principio di ogni cosa.

Gli eredi dell’iconoclastia comunista, oggi, vandalizzano la statua di Churchill o di Colombo, uomini non illuminati dall’unico valore che conta: l’antirazzismo. Accalcarsi intorno a una statua, vandalizzarla e poi abbatterla urlando è un atteggiamento tribale. L’orda primitiva che distrugge i monumenti si abbandona al pensiero magico, scrive Dawn Perlmutter: “Uccidere ritualmente una statua rappresenta una forma di pensiero magico, specificatamente denominate ‘magia simpatetica’, la quale implica che si possa ferire, umiliare o uccidere una persona o danneggiare una sua immagine. È una espressione classica di iconoclastia politica: distruggi le statue del potere e rovescerai il loro controllo. Gli antichi egizi distruggevano i volti delle statue dei faraoni e cancellavano i loro nomi dai cartigli perché credevano che le statue contenessero lo spirito della persona”.

I nuovi talebani del Progresso, i “fascisti di sinistra” per usare la formula di Trump, mirano, in nome della purezza e della giustizia, a cancellare tutta la cultura occidentale considerata, esclusivamente, come un gigantesco errore da emendare anche con la violenza. I militanti dell’antirazzismo non sanno discriminare, ovvero non sanno fare differenze, pongono su Omero e Hitler la medesima etichetta: “razzisti”. È il prodotto di decenni di terzomondismo e marxismo culturale, con la loro favola della colpa dei bianchi e della bontà dei neri. A Trump non è sfuggita questa responsabilità: “Il caos violento che abbiamo visto nelle strade e nelle città che sono gestite dai democratici liberali è il risultato prevedibile di anni di estremo indottrinamento e parzialità nell’istruzione, nel giornalismo e in altre istituzioni culturali. Contro ogni legge della società e della natura, ai nostri figli viene insegnato a scuola a odiare il proprio paese e a credere che gli uomini e le donne che lo hanno costruito non fossero eroi ma dei malfattori”.

È il dispiegamento gramsciano dell’egemonia culturale e della demonologia di Adorno e Marcuse, per i quali patriottismo e orgoglio per la propria nazione erano sintomi della psicopatologia fascista. Bisogna mettere fine a questa orda distruttiva e plaudente. Per vincere, si deve passare, necessariamente, dalla cultura. Trump lo ha capito, la destra italiana?

                               Davide Cavaliere

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