Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

M., IL FIGLIO DEL SECOLO, AMANTE DELLA FILOSOFIA E DEL “VIVERE PERICOLOSAMENTE” NIETZSCHIANO – IL NUOVO LIBRO DI ADRIANO SCIANCA

Certo, LVI è l’uomo della prima metà del ’900. Eppure, la sua figura è ambigua, sfuggente. La gente non ne sa niente, conosce appena la descrizione macchiettistica che ne danno i manuali di Storia del liceo e i documentari spettacolarizzanti che vengono passati in televisione.

Malgrado quasi tutti in passato l’abbiano adorato e acclamato, LVI resta l’ignoto, lo sguardo magnetico che incantò tanto gli stranieri, ma di cui i nipoti di quelli nati negli anni ’20-’30-’40 sanno poco o niente. Tutto ciò che resta stampato nella memoria, per tradizione e indottrinamento, è che fu il male in terra, insieme al suo omologo tedesco.

Naturalmente, come si diceva, questa è una rappresentazione ridicola e fuorviante, volutamente resa tale da quella che potremmo chiamare la storiografia per l’infanzia, ovvero la storiografia volta a creare un’immagine che non possa mai affascinare né portare a ripensamenti nostalgici nelle nuove generazioni.

Eppure, l’uomo che ha compiuto errori imperdonabili e incancellabili è stato e resta una figura imparagonabile, su cui sarà impossibile dire la parola definitiva. Una cosa è sicura, il suo nome è un destino: “Benito Amilcare Andrea Mussolini portava infatti con sé riferimenti a Benito Paablo Juarez, eroe nazionale messicano di origine india che aveva umiliato le potenze occidentali; ad Andrea Costa, leggendario agitatore anarchico poi passato al marxismo e in seguito avvicinatosi a istanze riformiste, e ad Amilcare Cipriani, volontario garibaldino, esploratore, avventuriero, cospiratore, comunando a Parigi, anarchico anti marxista e infine interventista nella Grande Guerra”.

Ma non è ancora questo ciò di cui ci racconta Adriano Scianca in Mussolini e la Filosofia, recentemente uscito per i tipi di Altaforte edizioni – casa editrice che tutti ricorderete per le polemiche relative al Salone del Libro di Torino. Il Direttore di “Il Primato Nazionale” ci parla di un Mussolini, prima e durante il regime, estremamente attratto da una materia decisamente insolita, la filosofia.

Il nuovo libro di Adriano Scianca, Mussolini e la Filosofia, Altaforte Ediziioni

Sembra incredibile, ma proprio quello che tutti gli intellettuali di Sinistra considerano l’incarnazione dell’ignoranza e della brutalità, l’uomo che già durante il suo periodo veniva definito con spregio “il figlio del fabbro”, era in realtà un grande appassionato della disciplina oggi forse più bistrattata. Tanto da arrischiarsi a scriverne una sintesi, una vera e propria storia, che una delle sue amanti, una donna più grande da cui dimorava a pensione, gli brucerà scambiandola per una raccolta di epistole licenziose a qualche donnaccia di città.

Ebbene sì, il Duce amava la filosofia, tanto da seguire, nel suo soggiorno svizzero, mentre faceva il muratore, lezioni universitarie in merito, prendere in prestito testi su testi, essere tenuto a modello da Sorel e Spengler, e finanziare l’archivio Nietzsche con la bellezza di ventimila lire (il corrispettivo, allora, del “salario annuo di quaranta lavoratori”).

Ma non sono queste vicende che ci interessa, al momento e  in questo breve spazio, approfondire. Il corposo e ricco testo di Scianca è, in tal senso, tutto ciò che serve leggere per apprendere in merito ai contatti tra il Duce del Fascismo e il mondo delle idee. È, semmai, interessante comprendere quello che è sempre stato lo spirito che ha animato le incursioni di Mussolini sulle vette solitarie del pensiero. Da socialista come da fascista, egli non ha mai cercato il pensiero per il pensiero, l’erudizione per lo sfoggio fine a sé stesso. La grandezza del Mussolini agitatore e politico sta proprio nel capire che la filosofia è utile solo se non resta lettera morta, se da teoria si tramuta in prassi. E ciò lo comprese leggendo Nietzsche. Come disse lui stesso a Oscar Levy, curatore dell’opera del filosofo nell’edizione inglese: “Mi capitarono tra le mani le sue opere. Le lessi senza indugio. Esse fecero su di me una profonda impressione. Mi hanno guarito dal mio socialismo; mi hanno aperto gli occhi sul gergo ipocrita degli uomini di stato, che parlano di ‘consenso del popolo sovrano’, del valore intrinseco del parlamento e del suffragio universale. Anche una dottrina positiva di Nietzsche mi ha fatto particolarmente impressione: ‘vivi pericolosamente’. Da allora l’ho fatto”. E ciò la Storia non lo potrà mai negare.

Matteo Fais

L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. A ottobre, sarà nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

Un commento su “M., IL FIGLIO DEL SECOLO, AMANTE DELLA FILOSOFIA E DEL “VIVERE PERICOLOSAMENTE” NIETZSCHIANO – IL NUOVO LIBRO DI ADRIANO SCIANCA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *