Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

“BLUE SUMMER” DI JIM NICHOLS: UN FANTASTICO ROMANZO, COME SOLO GLI AMERICANI SANNO SCRIVERLI (di Matteo Fais)

“Ma tornerò a casa, in qualche modo. Non posso andare nel Maine e non tornare a casa. Quanto tempo vi rimarrò, dipenderà da quanto fantasmi ci sono in giro e da quanto mi tormenteranno” (Jim Nichols, Blue Summer, Nutrimenti).

Potete pensare quello che vi pare degli americani, che siano imperialisti e politicamente strafottenti, che creino un mercato mondiale a loro immagine e somiglianza. Sta di fatto che nessuno scrive come questi. Non è solo il fatto che sono tanti e la loro produzione è mastodontica anche a livello narrativo. No, è che proprio sono i migliori.

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Certo, ci sarebbero i giapponesi, meno diretti e pornografici nell’espressione. Eppure, anche loro, come quelli, sono tendenzialmente più leggeri e veloci nella scrittura. Entrambi, in un ottica di sano globalismo letterario, non possono che fare bene a una tradizione fin troppo barocca quale quella europea. Perché sarà anche vero che il nostro è un continente con una storia – come si dice spesso, non senza una certa ingiustificata tracotanza –, ma questa si risolve sovente in un fardello e nell’asfissia di tanti – troppi – grandi esempi posti lì a mo’ di colonne d’Ercole invalicabili – e, soprattutto, tassativamente da non valicale.

Gli americani sembra che si siedano a scrivere senza pretese, per poi alzarsi con in mano opere eccellenti. Al contrario, sull’altro lato dell’oceano, pare che ognuno si metta alla scrivania con la pomposità di chi si sente investito di un compito epocale. Non si fatica a pensare che alcuni si rivolgano a sé stessi usando il plurale maiestatis, quando sono di fronte a una tastiera.

Meglio quegli altri che non indossano mantella ed ermellino, ma jeans sporchi da lavoro e stivali da cowboy, insieme a una rozza camicia a quadri. Meglio Carver, meglio Dubus, meglio Jim Nichols con il suo Blue Summer (Nutrimenti), restituitoci in italiano dall’infallibile mano del grande traghettatore atlantico Nicola Manuppelli, uno dei più bravi a far parlare la nostra lingua agli autori stranieri.

Jim Nichols, Blue Summer, Nutrimenti.

Il romanzo è la storia di Calvin Shaw, musicista fallito ma talentuoso e della sua vita famigliare, come personale, decisamente sconquassata. Il tutto comincia alla stregua di un memoriale dal penitenziario e racconta la provincia, la rivoluzione sessuale, l’amore, la sconfitta, le difficoltà di una classe media sempre in bilico sul baratro della povertà, tra ascese e brusche cadute, barbecue e tanto tantissimo alcol. Una storia americana X, insomma, priva di compiaciuta indulgenza e autocommiserazione.

E poi c’è molta moltissima musica, perché Calvin, anche nei momenti peggiori – e ciò è tipicamente americano – non si arrende mai per davvero, ci prova sempre, persino l’ennesimo mattino in cui si sveglia dentro una misera roulotte e si lascia avvincere dalle note che diventeranno l’accordo conclusivo di un’esistenza, la quadratura del suo cerchio. È allora che compone Blue Summer, il pezzo che giustifica la sua permanenza terrena, dopo tutti gli affanni (“Ricordate che vi ho parlato di quella melodia, giusto? Beh, è esattamente questo il momento in cui arriva, insinuandosi in me come a voler riempire il vuoto lasciato dal mio piccolo impeto di rabbia non consumato per essere stato svegliato dal telefono. All’inizio la avverto appena, come un frammento di sogno avanzato. Tuttavia, non vacilla e non sbiadisce, e a poco a poco assume una forma tale da poterla sentire chiaramente. C’è una serie intricata di note dal suono limpido. È strana e interessante, un po’ cupa, e il mio piede destro inizia a battere lentamente, e in un attimo alcune parole, un pezzo di testo, si uniscono alla festa, il che per me significa sempre che la cosa sta prendendo forma”).

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Per il resto, c’è poco da dire: questa è una storia che va vissuta con empatia, lasciandosi accompagnare dalla viva voce narrante del protagonista, dalla sua disperazione che non cede mai a un disincanto intellettualistico. Jim Nichols gli sa suggerire brillantemente le parole giuste, evitando di mettergli in bocca massime da grande maestro, come fanno tanti altri, quasi che ogni libro dovesse spiegare l’esistenza invece di raccontare la vita (“Quindi guardo la città davanti a noi brillare alla luce dell’alba, e mi dico che non è così male lavorare di nuovo a qualcosa e pensare a nuova musica e sentirsi vagamente decente. Forse dovrei godermela finché dura. Perché se c’è qualcosa che ho imparato durante i miei trent’anni di blues, è quanto possano essere evanescenti questi momenti di decenza”). Questa è l’America che non può non piacerci.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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