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LA SINISTRA E L’IMMIGRAZIONE: LA QUESTIONE NON È STATALE (di Alex Vön Punk)

La questione dell’immigrazione torna sempre alla ribalta come i tormentoni estivi latino-americani: una questione di emergenza permanente sfruttata, a Sinistra, da un sistema clientelare di pseudo-assistenza; da Destra, come il pericolo imminente contro il quale la comunità dovrebbe proteggersi. Se non c’è da stupirsi per l’impostazione xenofoba della Destra, un po’ di sgomento lo crea invece la posizione della Sinistra.

Da un punto di vista materialista, si può  affermare che la crescente pressione dei migranti, divenendo esercito industriale di riserva, va a creare un rilancio verso il basso dei diritti e una contrazione salariale.

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Karl Marx, nel suo scritto sulla questione irlandese, va oltre e delinea l’ostilità tra popoli  come fenomeno strutturale creato dal capitalismo, atto a mantenere lo scontro tra poveri: “Questo antagonismo viene alimentato artificialmente e accresciuto dalla stampa, dal pulpito, dai giornali umoristici, insomma con tutti i mezzi a disposizione delle classi dominanti” (LETTERA DI MARX A SIGFRIED MEYER E AUGUST VOGT, 9 aprile 1870, da Bibliotecamarxista.org). Per il filosofo, l’ostilità tra nativi e migranti era creata artificiosamente e sarebbe scomparsa con la caduta del sistema capitalista.

La questione però non può essere inquadrata esclusivamente da un punto di vista materiale. Camillo Berneri, figura tra le più importanti dell’anarchismo del ’900, ci racconta una realtà oggettiva troppo spesso sottaciuta dalla nostra Sinistra al profumo di Chanel: “L’operaio ideale del marxismo e del socialismo è un personaggio mitico. Appartiene alla metafisica del romanticismo socialista e non alla storia. Negli Stati Uniti e nell’Australia sono le Unions operaie che richiedono la politica restrittiva dell’immigrazione” (C.Berneri, La morale libertaria scritti e pensieri, da https://mega.nz/file/iRIiHRBC#Tjxe_ZiH4QM_9QOqcLqP369JPEGwvKkszQmtzAzBZ3s). Questo fatto viene evidenziato dalla stessa storia del marxismo, dove l’inclusione della questione nera arriverà nel 1920, portata avanti da John Reed, in quanto rappresentante della African Blood Brotherhood, un’organizzazione di neri delusi dal fatto che, nel Partito Comunista degli Stati Uniti d’America, vi fossero quasi esclusivamente bianchi.

La questione dell’integrazione prescinde tanto da un percorso nazionalista, quanto dall’appartenenza di classe. L’errore si innesta nel pensiero con l’idea di nazionalismo tardo ottocentesco, già confutata dall’anarchico russo Michail Bakunin, il quale, nel suo scritto Lo Stato non è la Patria (http://www.bibliotecamarxista.org/bakunin/stato_non_patria.htm), descriverà in modo ineccepibile il lato tangibile e oggettivo della Patria: “ L’essenza della nazionalità. La Patria rappresenta il diritto incontestabile e sacro di tutti gli uomini, associazioni, comuni, regioni, nazioni, di vivere, pensare, volere, agire a loro modo e questo modo è sempre il risultato incontestabile di un lungo sviluppo storico”.

Appare chiaro che non si possa liquidare quale mera astrazione, o presa di posizione xenofoba, la resistenza opposta dai popoli a una convivenza, forzata dal sistema capitalista, che spesso sfocia in violenza e sopraffazione, così come – per fare un esempio – non si possa etichettare sotto il nome di “islamofobo” il sottolineare l’oggettiva incompatibilità della cultura occidentale con quella islamica.

A rincarare la dose, e senza voler scadere in un etnicismo esplicito, si potrebbe anche fare riferimento a un passaggio molto interessante del saggio La rivoluzione democratica di Castoriadis. L’ex marxista, in questo testo – come già evidenziato da molti linguisti -, spiega come la lingua sia l’istituzione primaria di un popolo e di come questa influenzi non soltanto il nostro modo di comunicare, ma il modo con cui raccontiamo, osserviamo e “pensiamo” la realtà circostante. La lingua, dunque, non rappresenta soltanto lettere messe in sequenza, produzione di suoni, ma materia viva che forgia.

Non è possibile ridurre l’oggettivo all’interno del paradigma Destra-Sinistra, il tangibile è il vero materialismo negato dal nuovo corso di una Sinistra sempre più distante dal reale e ormai totalmente ideologica al pari di una Destra che difende la primaria causa di quei fenomeni a cui sostiene di opporsi.

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Il fine corsa però non è il rifiuto del diverso, ma capire che la reale integrazione non è affare di Stato, non è un permesso governativo, non proviene da carte bollate.

Il processo di assimilazione passa per un vissuto all’interno di una associazione di individui, di carne e sangue, di merda e miele, di accadimenti spiacevoli in cui una comunità si fortifica e si sorregge a vicenda e anche di eventi lieti in cui affratellarsi nella gioia.

Ritorna preponderante il tema della vita locale, del territorio, vero centro nevralgico tanto dell’accettazione del diverso, tanto del rifiuto di elementi di possibile instabilità. Come sempre la scelta è tra la sovranità popolare, la democrazia diretta come elemento auto-istituente o il verticismo centralista che vorrebbe negare o imporre a proprio piacimento mescolamenti e scissioni tra Uomini

Alex Vön Punk

Email: vonpunk@tutanota.com

Telegram: @VonPunk

L’AUTORE

Alex Vön Punk viene costruito a Pisa negli anni ‘80. Bandito, cantante e scrittore di canzoni punk nella band pisana Enkymosis fino al 2009. Autodidatta d’assalto tra un lavoro precario e l’altro, grafico freelance, agitatore politico e provocatore di tendenze anarchiche, anti-autoritarie e federaliste, membro del Centro Studi Libertario “Società Aperta” che si occupa di libertarismo, diritti civili e della promozione del Reddito di Base Universale.

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