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ARVO PÄRT, UN GENIO DELLA MUSICA CONTRO L’UNIONE SOVIETICA E PUTIN (di Davide Cavaliere)

Gli amanti della musica conosceranno senza dubbio Arvo Pärt, il compositore estone che, insieme all’ucraino Valentin Silvestrov e al polacco Henryk Górecki, rappresenta una delle voci più significative della musica contemporanea. 

Pärt ha vissuto quasi tutta la sua esistenza sotto il dominio dell’Unione Sovietica. Aveva solo cinque anni quando il suo Paese venne occupato dall’Armata Rossa. Durante tutta la sua carriera ha usato la musica per protestare contro l’occupazione russa. Ha composto opere seriali quando il Serialismo era un’estetica criticata dai sovietici e ha composto musica religiosa quando l’Unione Sovietica ha soppresso e perseguitato il cristianesimo. Nel 1968, suscitò scalpore quando eseguì per la prima volta il suo pezzo corale Credo. Il testo latino proclama: «Credo in Gesù Cristo». Il suo lavoro venne oltraggiato dalle autorità devotamente atee. 

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Nel corso della sua emigrazione dall’Unione Sovietica in Occidente, nel gennaio 1980, insieme alla moglie Nora e i loro due figli piccoli, Arvo Pärt venne fermato dalla polizia di frontiera alla stazione ferroviaria di Brest per una perquisizione dei bagagli. «Avevamo solo sette valigie, piene dei miei spartiti, dischi e nastri – disse ricordando quel giorno – hanno detto: ‘ascoltiamo’. Era una grande stazione. Non c’era nessun altro. Abbiamo preso il mio giradischi e hanno messo Cantus. Era come una liturgia. Poi hanno messo su un altro disco, Missa Syllabica. Erano così amichevoli con noi. Penso che sia stata la prima volta nella storia dell’Unione Sovietica che la polizia si sia comportata in modo amichevole». Stava scherzando

Molto apprezzata da Papa Benedetto XVI, la musica di Pärt è un tentativo di dare forma sonora al trascendente, così come alla sua fede cristiana. Calme e brillanti, le sue melodie si svelano gradualmente, in modo quieto, evocando un’alternativa alla frenetica quotidianità. «È una pulizia da tutto il rumore che ci circonda» ha affermato il violinista Gidon Kremer. La sua musica è una corale dello spirito, spesso paragonata al canto gregoriano di un monastero medievale o alla prima musica polifonica del Rinascimento. 

Nel 1992, una volta proclamata l’indipendenza dell’Estonia dalle macerie dell’Unione Sovietica, Pärt e sua moglie tornarono a visitare la loro terra natale. Avevano trascorso 12 anni in esilio, principalmente a Berlino, da allora non ha smesso di ricusare i danni prodotti dal rimbecillente dominio dell’URSS. La Russia post-comunista, sulla quale il compositore non si fece illusioni, produsse un nuovo gangster politico, ossia Vladimir Putin

Pärt dedicò la sua Quarta Sinfonia, Los Angeles, uno dei componimenti più significativi della musica contemporanea, a Mikhail Khodorkovsky, il ricco imprenditore nemico di Putin incarcerato pretestuosamente per frode ed evasione fiscale. In merito, il compositore disse: «Il tono tragico della sinfonia non è un lamento per Khodorkovsky, ma un inchino al grande potere dello spirito umano e della dignità umana», aggiungendo poi: «Con la mia composizione, vorrei tendere la mia mano, estendendola al prigioniero e nella sua persona a tutti coloro che sono detenuti senza diritti in Russia». 

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Dopo l’omicidio, nell’ottobre 2006, della giornalista investigativa Anna Politkovskaja, i cui articoli avevano messo in imbarazzo sia Putin che il governo filo-Mosca in Cecenia, Pärt ha dichiarato che tutti i concerti della sua musica in quella stagione sarebbero stati eseguiti in sua memoria. 

La musica di Arvo Pärt è un inno al divino nell’uomo e alla libertà, quella libertà che lui ha sempre definito «pericolosa». Possiamo dargli torto?

Davide Cavaliere 

L’AUTORE 

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.

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