Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

LA PROPAGANDA È SEMPRE E SOLO QUELLA DEL NEMICO (di Sergio Flore)

L’uomo occidentale è un bambino di 5 anni. No, peggio. L’uomo occidentale è la mamma che, a furia di raccontare le favolette al bambino, ha finito col credere alle stesse fantasie che legge sul libro. 

Le idiozie sul mondo libero, sugli Stati Uniti e l’Europa faro dei popoli, ad esempio. Le frottole sulla società aperta, sul multiculturalismo. Le sciocchezze sulla libertà di opinione e di stampa. Sulla meritocrazia, su una presunta ricchezza e un benessere diffuso che qui sarebbero alla portata di tutti. Slogan, narrazioni di un modello politico che deve ormai giustificarsi prima di tutto a sé stesso. Qualsiasi sistema ideologico deve farlo, certo. È normale che ognuno tiri acqua al proprio mulino. 

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Il problema è che l’uomo occidentale, nella sua infantile ingenuità, nella sua convinzione di superiorità morale, non si ritiene parte di queste logiche. L’uomo occidentale non ritiene che la democrazia liberale in salsa yankee-europeista sia semplicemente una delle tante deludenti utopie novecentesche, come lo furono il fascismo o il comunismo sovietico. Per lui, questo è l’unico sistema possibile e funziona. L’uomo occidentale ha finito per credere davvero alla sua stessa propaganda. La questione dell’Ucraina ce ne offre un’ennesima prova. 

Qualcuno ha scritto che la prima vittima, in ogni guerra, è sempre la verità. E in effetti bastano pochi neuroni funzionanti per capire che l’informazione mainstream di un paese NATO non può raccontare in maniera oggettiva quel che sta succedendo in queste settimane a Kiev, un conflitto nel quale l’alleanza atlantica è tutto fuorchè uno spettatore imparziale. 

È un fatto storico – in tempi di guerra, l’informazione si trasforma nel megafono del governo. È palese, e probabilmente lo intuivano persino i nostri nonni, quando leggevano delle roboanti vittorie italiane mentre razionavano il cibo sotto le bombe. Noi, invece, neppure sospettiamo che la realtà potrebbe non essere quella raccontataci dal telegiornale

Leggiamo che la Russia ha intenzione di bombardare centrali nucleari a pochi chilometri dal proprio confine e neppure proviamo a dubitare della veridicità di una mossa palesemente controproducente per Mosca. Esultiamo al regime di Zelensky che distribuisce armi ai civili e allo stesso tempo ci indignamo quando il fuoco russo colpisce obiettivi non militari. Bipensiero orwelliano. 

No, piuttosto che porci delle domande preferiamo raccontarci che Putin è pazzo, che ci odia perché siamo ricchi (ma lo siamo davvero?) e liberi (ah, sì?). Preferiamo vivere nella fantasia: la nostra stampa e le nostre televisioni sono imparziali perché siamo il mondo libero. I nostri politici prolungano uno stato di emergenza fasullo per il bene del popolo. I nostri imprenditori sono filantropi, quelli del nemico sono oligarchi. L’Europa, un continente vecchio e stanco, che funge ormai solo da meta turistica e mercato per le esportazioni asiatiche, è una grande potenza economica. 

Crediamo alle stesse favolette che raccontiamo all’estero per vendere la nostra società. Siamo davvero convinti di vivere in un modello politico ideale, immune a quelle logiche machiavelliche che non perdiamo occasione di condannare negli altri Paesi. Bolliamo come paranoico chiunque suggerisca che certe strategie di controllo politico, assodate, collaudate e vecchie come il cucco, possano ripresentarsi qui da noi, oggi. 

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No, ci ripetiamo, è impossibile. Noi viviamo nel migliore dei mondi possibili. Noi siamo quelli fortunati. Abbiamo quattro smartphone. Abbiamo il conto in banca e le carte di credito. Votiamo i nostri rappresentanti. Abbiamo la libertà di stampa, possiamo scegliere tra decine di giornali e di canali TV. Vogliamo convincerci di vivere in un modello ideale. Vogliamo credere in una favola, quella di Pinocchio e del Paese dei Balocchi. Un posto fantastico, un paradiso abitato da eterni bambini, schiavi dei loro stessi puerili divertimenti, timorosi anche di una semplice presa di coscienza, di una responsabilità che li destabilizzerebbe, ma che, come ogni responsabilità, li costringerebbe a diventare uomini. 

No, noi rifiutiamo con rabbia questa possibilità. Meglio finire trasformati in asini, in bestie da soma comandabili a suon di talk show, green pass e propaganda. Sì, meglio stare dentro la nostra confortevole gabbia mentale. Il mondo, là fuori, deve essere sicuramente un posto orribile.

Sergio Flore

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