Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

CERCHIAMO DI SPIEGARE ALLA MURGIA CHE NON SIAMO DEI PRIVILEGIATI IN QUANTO MASCHI (di Matteo Fais)

“Ogni volta che scrivete un editoriale dove ve la prendete con gli obiettivi o i metodi delle categorie discriminate a cui non appartenete, non state agendo da acuti intellettuali in direzione ostinata e contraria. Non sentitevi coraggiosi paladini del pensiero alternativo e ‘scorretto’, perché è vero il contrario: state agendo in noiosa conformità con decine di commentatori conservatori che parlano indisturbati dalla medesima posizione, quella di chi è cresciuto comodo in un mondo fatto tutto a sua misura”: così parlò Michela Murgia nell’ultima puntata della sua rubrica, “L’antitaliana”, su “L’Espresso”.

Le questioni toccate sono sempre le stesse: il DDL Zan, il fatto che molti di noi trovino ridicolo il suo ricorso all’asterisco e alla schwa, la supremazia del maschio. Anche il suo problema, però, resta sempre il medesimo: la scrittrice sarda non capisce – o meglio fa finta di non capire – chi siano i privilegiati e attribuisce senza ragione tale condizione indistintamente a tutti noi portatori sani di proboscide.

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La prima cosa da domandarsi, pertanto, è se nascere con il batacchio conferisca per magia un potere superiore. La risposta è semplice: no, neanche per sogno. Sorvolando per comodità sul potere sessuale femminile che garantisce anche a una donna sensuale come uno scaldabagno arrugginito di avere più partner di un uomo decente e in forma, l’appiattimento del conflitto sociale su base genitale è una coglionata che non sta né in cielo né in terra

Tendenzialmente, l’unica cosa che segna un reale discrimine tra le persone, nella vita, è volgarmente il possesso del denaro o la possibilità di accrescere i propri beni – perdonate il materialismo, ma qualcuno dovrà pur dire la verità. Tra un signore che percepisce il reddito di cittadinanza (quindi solitamente intorno ai 500 euro mensili, se privo di beni e reddito) e l’ex moglie di Silvio Berlusconi, che non so quanti mila euro riceva al giorno dal fu marito, è ardua dire che il primo sia in una condizione più vantaggiosa della seconda. Lo capirebbe anche un fesso, figurarsi se non ci arriva la Murgia.

Tutta la storia è storia di lotta di classe, non di conflitti tra peni e vagine. Un proletario sarà sempre in una condizione subalterna rispetto a una donna borghese, più o meno come il servo lo era rispetto alla nobile.

Anche oggi, al netto del fatto che tutti siano culturalmente borghesi – cioè che condividano un orizzonte di valori e desideri borghese -, la vera differenza la fa unicamente il reddito. Una Murgia qualsiasi, tanto per fare un esempio qualsiasi, potrà comprarsi più libri, cellulari o case, del signore con il reddito di cittadinanza. Dunque, in cosa lei sarebbe discriminata rispetto a lui? 

Naturalmente, di casi simili se ne potrebbero affastellare a iosa per quel che riguarda il rapporto uomo-donna. Altrettanti potrebbero essere portati per qualsivoglia delle fantomatiche categorie discriminate. Un cantante rap nero, in America, avrà tendenzialmente più soldi di un operaio bianco della Ford. Una coppia omosessuale con i soldi per comprarsi un bambino, a mezzo della barbara pratica dell’utero in affitto, si trova in una posizione più forte della coppia etero che non riesce a dar da mangiare all’unico figlio che ha generato.

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Ma queste sono banalità comprensibili a ogni persona di buon senso. Basterebbe aver letto Marx anche solo dal manuale delle scuole superiori. 

Naturalmente, il discorso della Murgia è portato avanti con un simile martellamento solo perché funzionale al sistema di potere vigente. Il mondo dello spettacolo, della cultura e del business sappiamo bene a che categoria è in mano e si tratta appunto di un universo di privilegiati che desidera blindarsi dietro l’intoccabilità, facendosi scudo con la questione sessuale. Più o meno come avviene ai vertici del Potere, quando una donna occupa una posizione di avamposto: lei la può tirare in culo al popolo, come Margaret Thatcher, e passare dalla parte della ragione solo perché qualcuno le ha dato della puttana. Per questo chi comanda ha il massimo interesse ad avere ovunque donne in posizione di spicco, perché potrà tacciare chiunque denunci in modo un po’ colorito un’ingiustizia subita attribuendogli l’etichetta del maschilista. Proprio a tal proposito serve tutta questa retorica della vittimizzazione e della subalternità femminile. Ecco perché bisogna stare con gli occhi aperti, sempre attenti a decostruire il messaggio dominante: il Sistema, se te la deve tirare nel didietro, può sfoderare anche un clitoride di venticinque centimetri… di diametro.


Matteo Fais 

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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