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IN DIFESA DELLA LEGITTIMA DIFESA E IL CASO DI ARDEA (di Franco Marino)

Da quasi quindici anni, per via di alcune delicate vicende personali che preferisco tenere per me, ho una pistola regolarmente denunciata e dunque un porto d’armi. La cosa è paradossale tantopiù se si considera che non amo le armi. Ma sono anche una persona pragmatica. In caso di pericolo, nell’attesa che i poliziotti accorrano – con comodo – sul luogo del delitto e sperando che nel frattempo non trovino più redditizio accanirsi contro un povero diavolo senza la mascherina, la pistola è l’unica cosa che mi protegge dall’essere ucciso. Ogni altra considerazione personalmente la considero pura fuffa.
Posta in questo modo, troverete tante obiezioni. Chi sostiene che in questo modo si esorta un malfattore ad armarsi ancora di più, chi ritiene che in questo modo si trasformerebbero le strade in un perenne Far-West. Ma nessuna di queste, statene pure certi, proverrà mai da chi ha subito una rapina. Chi si trova in grave pericolo per alcuni minuti che, in quegli istanti, sembrano secoli, la volta dopo o ne ricava un trauma a vita oppure decide che in quei casi la pistola è la migliore alleata.

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Come al solito, una stampa di rimbambiti ha celebrato il caso di Ardea come la conferma che la causa della tragedia è la pistola. Sorvolando sul sospetto che la criminalizzazione della legittima difesa sia un modo come un altro per abituare il cittadino a subire soprusi, quando un pazzo scatenato uccide un anziano e due bambini, la pistola non c’entra nulla. Avrebbe potuto ammazzarli con un coltellaccio da cucina, per il quale non è richiesto alcun porto d’armi. Il punto è che l’argomentazione in sè è stupida, pistola o non pistola. In quei momenti, l’unica cosa che ci salva da un pazzo armato di pistola è una persona sana armata di pistola, in grado di neutralizzare quando non proprio eliminare il pericolo alla radice.
In estrema sintesi, se non possiamo affatto essere sicuri che, senza la pistola, il pazzo di Ardea non avrebbe potuto compiere un delitto così efferato, quello di cui si può essere sicuri è che se in quel momento ci fosse stato un galantuomo armato, con una buona mira e con un gran fegato, sicuramente oggi parleremmo di un pazzo ucciso e di tre vite salvate. Una prospettiva, ne converrete, di gran lunga migliore.
Tragedie come quelle di Ardea avvengono perchè di pistole ce ne sono sin troppo poche e perchè uno stato che ha sempre investito sulla codardia dei propri cittadini, non ha insegnato loro l’importanza di sapersi difendere e di difendere la collettività.
Un motivo in più per dire “Viva le pistole”. E abbasso uno Stato che impedisce ai suoi cittadini di difendersi.
Cosa che lo stato non fa più.

FRANCO MARINO

4 commenti su “IN DIFESA DELLA LEGITTIMA DIFESA E IL CASO DI ARDEA (di Franco Marino)

  1. Concordo. In Svizzera tutti gli uomini di età compresa fra i 18 e i 70 anni hanno il fucile dell’esercito in casa. Avete sentito di sfide all’Ok Corral? No. E sono pochi i furti nelle case

  2. È un argomento che mi sta particolarmente a cuore, essendo io un sostenitore del 2° Emendamento americano. L’Italia, grazie ai buonistoidi come Librandi (le parole non possono esprimere il fastidio e l’indignazione che la sola vista di questo soggetto mi suscita) è diventata il luna park della feccia: spacciatori, bulli rissosi, topi d’appartamento, branchi di stupratori (soprattutto esotici, di quelli che piacciono a Madama Sboldrina), etc. dominano incontrastati, grazie ad una magistratura garantista e forze dell’ordine spesso inefficienti. Se nei paraggi ci fosse stato un uomo armato e determinato ad impedire la morte di una brava persona, Willy Duarte sarebbe ancora vivo mentre i Bianchi avrebbero fatto la fine più adatta a inutili stronzi come loro: crivellati di proiettili.

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