Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – DOPO CINQUANT’ANNI, ARANCIA MECCANICA È PIÙ VERO CHE MAI (di Matteo Fais)

Una cosa è certa, all’aumentare di educatori, psicologi, pedagoghi, votati a inserire a viva forza nelle nostre circonvoluzioni mentali le idee di Bene, Rispetto, e Civiltà, si incrementano esponenzialmente le tendenze antisociali e violente.

Se mi dicono che non devo guardare le gambe della tizia scosciata al tavolino del bar perché la ridurrei a oggetto sessuale, che non devo rispondere male al nigeriano che mi molesta con le sue tecniche di vendita petulanti perché lui “poveretto, ha fatto il viaggio della speranza”, mi vengono pensieri che non ho neppure il coraggio di riportare. Come dicono i giovani, “mi sale” l’ultraviolenza di Alex e i suoi quattro drughi.

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La prepotenza educativa dei detentori dell’idea platonica di Bene mi fa saltare le coronarie. Quando iniziano con i loro “ti deve piacere, altrimenti sei medievale”, “odiare ti costa”, “ma è intollerabile che il maschio abbia in testa ancora questi modelli nel 2021”, giuro, metto su Wagner o Beethoven a tutto volume e, con perverso piacere nel disturbo della quiete pubblica, vagheggio scenari di orrore e devastazione, come il protagonista di Arancia Meccanica seduto sul letto di camera sua.

Sì, il male e la violenza fermentano lì dove qualcuno li avversa con la frusta del suo senso etico. E mi sento come il personaggio di Carnage di Polanski, la meravigliosa trasposizione di Il dio del massacro di Yasmina Reza, quando, dopo che Penelope gli ha fatto due coglioni così con la sua catechesi progressista, esplode in un “Adesso, basta con sto sermone”.

Per questo, neanche troppo inconsciamente, a noi spettatori l’Alex del film di Kubrick ci sta simpatico da morire: in un mondo in cui tutti fanno finta che il negativo non esista, lui impone il maligno a chi non vorrebbe vederlo. Allo scrittore, ermeticamente chiuso nella sua casa come in una torre d’avorio, che nel libro di Anthony Burgess sta scrivendo una trattato sulla bontà della natura umana – vi ricorda per caso qualche centinaio di intellettuali odierni? –, Alex presenta senza filtri proprio ciò che lui si ostina a negare. Lo fa a suon di calci in faccia, urla inquietantissime e, come ben sapiamo, con la crudeltà dello stupro di gruppo. Fantastiche anche le inquadrature in cui lui, tra le tante cose da prendere di mira in quella casa, si accanisce nel rovesciare gli scaffali pieni di libri dell’uomo che ha aggredito. Non sarà forse anche un gesto da intendersi in senso metaforico, del genere ridicolizzare tutti quei testi e la falsa conoscenza dell’uomo che si ostinano a voler trasmettere, negando ciò che è innegabile?

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Ma Arancia Meccanica non è solo questo. Capolavoro visivo e sonoro, esso è anche un film sul libero arbitrio, e sulla violenza del Potere (dello Stato che, come dice Max Weber, è detentore degli strumenti coercitivi) e dei più buoni. Sì, sempre loro, i tedofori della morale – sempre più corrotti dei malvagi – che, se rifiuti di fare tua la loro visione – oggi, diremmo il pensiero unico –, te lo impongono con più aggressività di quella che denunciano negli altri. Ti praticano il metodo Ludovico, ti condizionano, come fanno con Alex, come accade tuttora.

Se il protagonista fosse tra noi, in questo istante, e rifiutasse il vaccino, lo metterebbero di fronte a una televisione con 500 canali e 1500 virologi, opinionisti e professori, pronti a dirgli che se rifiuta la puntura è un ignorante, uno da curare, da prendere con la forza per sottoporlo al trattamento obbligatorio.

Vedete, non è cambiato niente. Cinquant’anni e il Potere è rimasto lo stesso. Alex è tenuto sottocontrollo, multato a Chivasso, braccato dal gendarme che gli dice “tiri su quella mascherina”. Ma anche la soluzione da lui proposta per rispondere alla loro follia coercitiva resta identica, la sola catarsi rivoluzionaria possibile, un po’ di sana ultraviolenza.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

Un commento su “L’EDITORIALE – DOPO CINQUANT’ANNI, ARANCIA MECCANICA È PIÙ VERO CHE MAI (di Matteo Fais)

  1. Leggendo l’articolo mi sono tornati in mente gli adolescenti che tempo fa si sono riuniti in piazza per menarsi. La loro altro non è che una (sana, sotto certi aspetti) esplosione di insofferenza verso il sanitarismo covidiano, un modo di urlare a squarciagola “non frega un cazzo di quello delle vostre mascherine, distanze e minchie varie!”.

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