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L’EDITORIALE – RAGAZZE, NON ABBIAMO IL DIRITTO AL PORNO – IL CASO CANTONE (di Clara Carluccio)

Si riapre il tragico caso di Tiziana Cantone, la trentunenne morta impiccata nel 2016, in seguito alla diffusione in rete dei suoi filmati pornografici. La salma sta per essere riesumata, in quanto la madre della vittima sospetta si possa trattare di omicidio.

Frattanto, scoppiettano i petardi della propaganda progressista. L’evento anima le suffragette dell’hard invasate con nuovi entusiasmi di genere.

In questa società, è nata da tempo la convinzione che per estinguere un problema si debbano incrementare gli estremi del problema stesso. Camminare di notte per certi quartieri è pericoloso? Continuiamo pure. Come fanno credere le femministe, basta la presenza delle donne per convertire una zona malfamata in un villaggio di unicorni. Aumentano i casi di revenge porn? Nessun problema, facciamo più video.

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L’ultima tesi delle attiviste, infatti, è che si tratti di “un retaggio culturale” lo stigma che colpisce le donne i cui filmati di amore estremo finiscono in rete. Questo il nocciolo dei commenti che ho avuto il piacere di leggere su certe pagine Facebook. “Gli uomini possono liberamente accedere al mercato del sesso senza essere giudicati” e, proseguono, “se ogni donna girasse molto più frequentemente i propri video porno e li caricasse spontaneamente in rete, si arriverebbe finalmente ad una parità”.

Il senso di colpa e la vergogna sono sentimenti percepiti quando si è agito in modo non conforme al rispetto degli altri e di sé stessi. Quindi, più che incentivare all’incremento degli atti lesivi, rappresentati in questo caso dallo sbattere in faccia a tutti la propria intimità, si potrebbe, semmai, recuperare un po’ di educazione emotiva, essere cioè oneste con noi stesse e saper dire no a pratiche di cui potremmo pentirci, senza cedere alla pressione della moda e della mentalità corrente. Ma, soprattutto, se proprio non si resiste alla voglia di essere protagoniste di un filmino hard casalingo, meglio tenersi il file e non lasciarlo in mano a lui.

Una volta il settore era riservato alle poche elette. Donne con la vocazione a riempire incessantemente ogni orifizio, destinate a diventare le vere, intramontabili e indiscusse dive del porno. Ora che la pornografia è diventata molto più familiare e di facile fruibilità, in molte confondono la propria persona con le icone del genere. La distanza si è accorciata. Resta, però, che ci vuole un gran fegato per guardare in faccia delle persone sapendo che ci hanno viste in atteggiamenti spinti.

Non c’è bisogno di discuterci sopra, il comportamento più riprovevole è del bastardo che riprende la scena di sesso e poi la mostra a chiunque. L’uomo poi, e questo va ammesso, ragiona ancora secondo il binomio santa o puttana, salvo poi non essere neppure in grado, in certi casi, di distinguere davvero tra le due figure.

Purtroppo, però, l’antipatia degli uomini verso le donne è drasticamente aumentata, proprio a causa della campagna femminista e i continui dibattiti su cretinate tipo il cat calling. A meno che questo termine non sia stato sostituito a reati come stupro, abuso o molestie di vario tipo (inseguimenti, palpeggiamenti indesiderati, insulti), il cat calling non è altro che una modalità di approccio un po’ rozza. Sempre più donne che vestono in modo provocante mostrano fastidio se vengono guardate. Lasciano esondare il seno dalla camicia stretta e mezza sbottonata, però “non voglio essere sessualizzata”. Una donna non può nemmeno essere salutata da un estraneo. “Mi si deve chiedere il permesso, se mi si vuole rivolgere la parola”: queste le indicazioni di una pseudo stalkerizzata, in un video di denuncia girato a Bologna.

La donna è diventata inavvicinabile, oltre che contraddittoria. Si atteggia a diva hollywoodiana. Se un uomo è interessato a lei, deve farsi annunciare. Può permettersi qualsiasi cosa, anche girare video porno. Se non ci pensa lei alla sua dignità, ci deve pensare lui? La prontezza con cui i ragazzi mettono in rete le loro partner occasionali denota, oltre che alla consueta dipendenza di visibilità virtuale, anche un disprezzo verso le donne, questa volta reale. Paradossalmente, combattere una discriminazione immaginaria, sta portando la discriminazione stessa a materializzarsi.

Ovviamente, non nego l’esistenza di uomini mediocri. Ma, a questo punto dell’umanità, dovremmo essere sufficientemente coscienti che il problema non è l’essere uomo o donna, ma essere persone integre e di valore. Non sono né la prima, né l’ultima, ad aver avuto in passato colleghe di lavoro a dir poco infernali.

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Riporto le parole di Natalia Aspesi, nota femminista ultra novantenne, appartenente quindi ad una generazione con molte e valide ragioni per protestare: “Vedo queste donne inferocite per i fischi che ricevono per strada e ho l’impressione che il loro problema non sia tanto il patriarcato, ma proprio il maschio, il singolo uomo, come se tutti gli uomini non facessero altro che fischiare alle donne per strada, tutto il giorno […] Dico che le molestie e gli stupri, sono cose da prendere estremamente sul serio. Ma questo non autorizza a presumere che gli uomini – tutti, indiscriminatamente – siano dei molestatori e degli stupratori”

Se tanto tempo fa si è lottato per il diritto di voto, sembra che noi oggi si lotti per il diritto al porno. Quindi, adesso, basta con le chiacchiere. Tiriamo tutte fuori il nostro smartphone e facciamoci riprendere durante una copula. Intasiamo internet di video. Apriamo la strada alla parità di genere. E se per caso ci assale un inopportuno soffio di vergogna, facciamo un’altro filmino, e poi un’altro ancora. Per le femministe, è così che si mette a tacere la coscienza.

Clara Carluccio

2 commenti su “L’EDITORIALE – RAGAZZE, NON ABBIAMO IL DIRITTO AL PORNO – IL CASO CANTONE (di Clara Carluccio)

  1. Le femministe non sono donne, sono pazze criminali da ricovero. A questo punto spero che vadano avanti con le loro idiozie così si coprono di ridicolo da sole.

  2. Non ci si capisce più niente! Io non sono più giovanissima, ma a me non ha mai dato fastidio il complimento per strada, anche perché allora, dubito fortemente fosse fatto in malafede, era una reazione o di stupore o voglia proprio di complimentarsi per qualcosa di bello. Le femministe di oggi ti sbattono in faccia tutto senza il minimo pudore, come se il pudore fosse un difetto, per arrivare poi a piangersi addosso per essere state messe in piazza tramite social o lamentarsi per un complimento, sono una contraddizione continua.

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