Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – SE FARE LA TIKTOKER TI GARANTISCE UN FUTURO MIGLIORE DELL’UNIVERSITÀ (di Matteo Fais)

C’è un noto adagio popolare, al Nord, che recita “Articolo Quinto, chi ha gli sghei ha vinto”. E il popolo, purtroppo, ha sempre ragione, persino quando ha torto. 

Sarò onesto, se una ragazza, oggi come oggi, mi dovesse dire, come questa giovane tiktoker, Alicia Breuer, che riesce a tirar su 10 mila euro al giorno – ma pure fossero cinquecento – facendo video scollacciati, indossando intimo e ballando su ritmi da menomati mentali, le risponderei che, tutto sommato, fa bene. 

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Infatti, non mi stupisce che uno si adegui al mercato, casomai mi lascia basito che possa venirsi a creare un tale mercato di persone capaci di far guadagnare tanti soldi a qualcuno, fondamentalmente senza fare un cazzo di particolare. Perché, un conto è se si hanno particolari abilità, tipo scrivere come Ernest Hemingway o suonare come Eric Clapton, ma continua a risultarmi oscuro su che base trionfino tutti questi influencer e tiktoker. Anche limitandoci alla mera bellezza, mi paiono simili a tante altre ragazze che chiunque potrebbe vedere per strada concedendosi mezz’ora di passeggiata.

Che diavolo avete nel cervello per seguire tutte le varie Ferragni di questo mondo? Qualcuno mi aiuti perché il mio cervello si surriscalda e va in frantumi al solo pensiero. Dov’è che qualcosa è andato storto e la vostra mente ha preso questa oscena piega? Com’è possibile che oggi, con un’istruzione diffusa in ogni angolo del Bel Paese, il modello di riferimento più diffuso siano quattro ragazze in costume da bagno?

È come quando vedo i successi di un Fedez. Persino i Ricchi e Poveri erano più simpatici e divertenti di lui. E, volendo andare su qualcosa di più serio, direi che, proprio dovendo scegliere a chi prestare l’orecchio per non farlo violentare, la forza lirica di Guccini mi pare tuttora molto più valida.

Il trionfo del nulla, invece, mi sconcerta e turba. Circolo per strada e osservo la gente con l’atroce consapevolezza che molti tra coloro che mi passano a fianco non hanno mai letto un libro, solo post su Facebook. Molti – troppi – hanno messo like a tutti i post di certe influencer e non sanno neppure chi fu Herbert von Karajan.

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Li guardo, e mi rendo conto che costoro sono una tragedia nazionale, specie di delinquenti che commettono crimini contro l’umanità. Costoro determinano la situazione che stiamo vivendo, quella per cui a una ragazza conviene maggiormente cercare di spuntarla su Tik Tok che laurearsi in Lettere o Ingegneria.

Siamo alla follia: gli influencer si studiano addirittura all’università, invece di dover essere loro a studiare all’università. Io continuo a pensare che un terrorista – qualsiasi terrorista –, comunque, avesse maggiore dignità. Persino Pippo Baudo, in fin dei conti, era meno demoralizzante e Mike Bongiorno, nella sua tragica incarnazione dell’italiano medio, meritava meno astio. Del resto, non c’è periodo della storia di cui ci si debba vergognare con altrettanto disprezzo di sé. Forse, solo una catastrofe potrebbe salvarci.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

2 commenti su “L’EDITORIALE – SE FARE LA TIKTOKER TI GARANTISCE UN FUTURO MIGLIORE DELL’UNIVERSITÀ (di Matteo Fais)

  1. “Siamo alla follia: gli influencer si studiano addirittura all’università, invece di dover essere loro a studiare all’università”. Prima dovrebbero passare dalle elementari…

  2. Che l’umanità fosse fatta di coglioni si sa da sempre (un tempo erano meno pubblicizzati).
    Storie come questa, tuttavia, più che imporre una riflessione sulla coglioneria dovrebbero imporre una riflessione sulla scuola prima e sull’università poi.
    E invece…

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