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Un (nuovo) ruolo per l’Italia nel Mediterraneo? (Michele Putrino intervistato da Costantino Ceoldo)

L’Italia è sempre stata, tradizionalmente, una potenza mediterranea. Mare Nostrum è il nome latino con cui gli antichi romani indicavano il Mediterraneo. Nostrum, di noi, che ci appartiene, a significare cioè l’enorme importanza che questo mare interno aveva per loro e, di riflesso, per tutte le altre civiltà che vi si affacciavano.

Malgrado questa tradizione, l’Italia dei nostri giorni guarda però esclusivamente al Nord Europa, con un occhio tristemente solo economico e senza una reale strategia di lungo periodo, una strategia che attraversi decadi di tempo e non uno o due anni come richiesto dai bilanci aziendali.

È evidente che questa scelta è suicida per la nostra Nazione, ma la classe politica attuale non vuole – e forse non può, per mera mancanza di strumenti mentali – cambiarla ed iniziare un nuovo e più fruttuoso corso strategico.

Michele Putrino, autore versatile e attento osservatore delle dinamiche mediterranee e mediorientali, ha accettato di rispondere ad alcune domande proprio su questi argomenti.

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Quali sono i focolai di crisi geopolitica nel Mediterraneo a cui l’Italia dovrebbe guardare con particolare attenzione?

Senza ombra di dubbio i due principali sono quello acceso dalla Turchia contro la Grecia e quello che dura ormai da anni in Libia. In realtà, ambedue di recente si sono fuse in una questione unica da quando i turchi hanno aperto basi in Libia. Questo è un grosso e serio problema per l’Italia perché è chiaro che dietro alla scusa delle risorse naturali si nasconde un progetto imperiale turco che punta a conquistare l’intero bacino mediterraneo.

Esiste davvero questa attenzione? Più in generale, l’Italia ha ancora una politica estera seria nel Mediterraneo e nel Medioriente o naviga a vista affidandosi a “tecnici”?

Mettiamola così: negli ambienti militari italiani esiste una forte attenzione sul Mediterraneo e lì si hanno anche le idee abbastanza chiare su come agire. Il vero problema italiano è la politica: lì sì che si naviga a vista. Per i politici italiani, infatti, pare che non esista nient’altro al di fuori dei rapporti con i Paesi del centro e del nord Europa. Questo è un modo estremamente stupido di guardare alla politica estera anche perché, tra i vari motivi, il cuore dell’Italia è il Mediterraneo, non il nord Europa.

Cosa abbiamo guadagnato dalla distruzione dell’ex Jamahiriya libica, che ancora adesso è dilaniata dalla guerra?

Ecco, addirittura partecipare alla distruzione della Libia rientra esattamente in quello che le dicevo e cioè che il modo di guardare e di agire a livello geostrategico da parte dei politici italiani, soprattutto quando si tratta del Mediterraneo, è estremamente stupido. Non ci abbiamo guadagnato nulla. Al contrario, abbiamo perso tantissimo.

Non pensa che a questo punto sia lecito chiedersi quanto valga la parola dell’Italia, una domanda che molti Stati stranieri potrebbero già essersi posta per conto loro, con tutte le conseguenze del caso?

Certo che bisogna chiederselo, anche perché allo stato attuale la risposta è tragicamente scontata. Ed è proprio dalla parola data che bisogna ripartire. È una questione fondamentale perché è sul valore della parola data che si basa il valore stesso di una leadership. In Italia per fortuna esistono tanti uomini e donne di valore e di parola. Il problema è che al momento non occupano i posti politici di comando che contano. Qualcosa, però, mi dice che la situazione potrebbe cambiare.

Visto l’attivismo politico e militare di Recep Tayyip Erdoğan, in cosa l’Occidente sta sistematicamente sbagliando nei suoi rapporti con il presidente turco?

Non credo che l’attivismo politico e militare di Erdoğan sia una conseguenza delle azioni dell’Occidente. La classe dirigente turca (e quindi non solo Erdoğan) coltiva da sempre il sogno di far rinascere l’impero ottomano. Ritrasformare ancora una volta la cattedrale di Santa Sofia in una moschea ne è la prova. Paradossalmente è proprio il lento ma progressivo ritiro dell’attenzione dell’America sul Mediterraneo ad aver fatto accendere i sogni imperiali turchi.

Sogni neo-ottomani, sopravvivenza politica, promesse occidentali non mantenute…. Che cosa spinge Erdoğan a flirtare con Mosca, mettendo in fibrillazione la NATO e quindi Washington?

Come le dicevo, l’obiettivo di Erdoğan è l’impero, quindi la sua è “solo” una questione di potenza. Non ci dobbiamo stupire che le cose stiano così: tutte le Nazioni indipendenti ragionano sulla base della ricerca della potenza. Soltanto le Nazioni non indipendenti – come siamo noi – ragionano in modo economicistico, e cioè credono che le Nazioni fanno quello che fanno principalmente per un interesse materiale. Non è così. I turchi cercano l’appoggio dei russi perché sanno bene che al momento Mosca non ha nessuna possibilità di espansione nel Mediterraneo, che è quello che a loro invece interessa. Gli americani, invece, entrano in allarme perché non possono accettare che una parte dell’Occidente possa cadere sotto il giogo di una Nazione islamica. Ci aggiunga il vecchio e mai scomparso pregiudizio da parte di una grossa fetta del deep state americano nei riguardi della Russia ed eccole servita la fibrillazione di Washington a cui lei accennava.

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Quali sono gli interessi del Cremlino nel Mediterraneo e quali potrebbero essere le mosse future di Mosca nel Mare Nostrum e nel Medioriente?

Mosca ha una urgente e vitale necessità di trova uno sbocco in “mari caldi”. Questo è un suo vecchio problema che si porta dietro da tempo immemore. In verità al momento non vedo molte possibilità di azione da parte del Cremlino per riuscire ad aprirsi questo “varco”. Non a caso sta aprendo ai turchi, mossa molto rischiosa per la Russia. Discorso diverso invece vale per il Medioriente, dove muovendosi in aiuto della Siria si è garantita una forte influenza in quell’area del Mondo.

Che ruolo potrebbe spettare all’Italia nel prossimo futuro? Nel caso, cosa potrebbe fare il nostro Paese per riguadagnare la credibilità perduta?

Allo stato attuale l’Italia ha tutte le carte in regola per diventare una grande potenza trasformandosi, di fatto, nel centro pulsante del Mediterraneo. Se mi consente un gioco di parole, può far tornare veramente il Mediterraneo “Mare Nostrum”. Però l’Italia ha un urgente bisogno di un cambio radicale di leadership a livello politico. L’assurdo buonismo che domina incontrastato nel nostro Paese, che ogni giorno viene sempre di più alimentato, e la quasi assenza dell’educazione al senso dello Stato lo sta distruggendo. Invertire questa tendenza, educare il nostro popolo a sentirsi spiritualmente legati all’Italia, arrivare alla consapevolezza che il nostro non è un “piccolo Paese” ma una grande Nazione che ha segnato e continua a segnare le dinamiche del mondo, può ribaltare la situazione attuale e far diventare l’Italia una vera potenza. E tutto questo passa ripuntando i nostri sguardi e le nostre forze proprio sul Mediterraneo.

Videointervista con Michele Putrino su YouTube:

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Costantino Ceoldo

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