Il Detonatore

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CI CONVIENE USCIRE DALL’EURO? SI’ MA… (di Franco Marino)

In questi giorni di elezioni presidenziali in America e di emergenza covid, tutti sembrano essersi dimenticati dell’Euro, dell’Unione Europea, che sono quasi scomparsi dai giornali. Senonchè un giornale tedesco ha posto una domanda “L’Euro ha ancora un senso?”.
Che esista un fronte di euroscetticismo in paesi come il nostro o come la Grecia che dall’ingresso nell’Euro hanno ricevuto una perdita netta in termini di benessere e di importanza geopolitica, questo è ovvio. Che il paese che, invece, forse ha guadagnato più di tutti dall’ingresso nell’Euro oggi cominci a porsi il dubbio se non sia giunta l’ora di andarsene per i fatti propri, è sufficiente ad aprire il dibattito.
E pur tuttavia, la domanda non è peregrina.
La prima cosa da dire è che l’Euro è entrato in vigore da soli vent’anni. E se è vero che abbiamo avuto due miracoli economici, quello degli anni Sessanta e quello degli anni Ottanta, quindi in anni in cui l’Euro era solo un’ipotesi, tornare a vivere quei momenti fuori da ogni comunità sovranazionale, se ci sono le condizioni giuste, ovviamente non è impossibile. Il punto è capire quali siano queste condizioni e dunque, per poterle riperpetrare, fare il conto del dare e avere, sbrogliare la matassa da fili inutili e dunque dati fasulli. E soprattutto se quelle condizioni sono riperpetrabili.
A supporto della tesi pro-Euro c’è la convinzione che l’appartenenza ad una moneta più forte sia garanzia di salvezza, che legarsi ad un’entità molto più grande sia garanzia di prosperità. Questa convinzione è rapidamente smentita dal default dell’Argentina a cui non è bastato dollarizzarsi per vedersi risparmiato il fio del fallimento. Ed è smentita dalla triste sorte della Grecia che è stata letteralmente massacrata dalla Troika, ritornando a livelli più vicini al terzo mondo.
A supporto della tesi pro-Lira c’è la convinzione che si possa tornare a fare finanza allegra come un tempo, con tanto di svalutazioni, scale mobili e quant’altro. E si dimenticano tutta una serie di cose. La prima è che così non si fa altro che creare una montagna enorme di carta che se finisce nelle mani degli speculatori finanziari, farebbe fallire rapidamente il nostro paese. La seconda è che i miracoli degli anni ’60 e ’80 non avevano nulla a che fare con la vitalità italiana ma con boost speculativi grazie ai quali noi italiani abbiamo vissuto al di sopra dei nostri effettivi mezzi, drogati dalla finanza statunitense che aveva interesse a non farci finire nell’orbita sovietica. La terza, che è quella più importante, che la svalutazione se da un lato ci permetterebbe di vendere di più all’estero, dall’altro per ovvie ragioni provocherebbe la morte di interi settori dell’economia italiana, per manifesta impossibilità di reperire a prezzi decenti quelle materie di cui oggi grazie ad una moneta forte possiamo disporre.


A rendere conveniente far parte dell’Euro o meno vi sono una serie di condizioni e nessuna di queste ha a che fare sia con la narrazione europeista che con quella antieuropeista.
La prima è nell’effettivo peso geopolitico del paese membro. La Gran Bretagna – che peraltro non ha mai fatto parte dell’area Euro, è uscita semmai dall’Unione Europea, cosa BEN DIVERSA – si è potuta permettere di uscire perchè ha interessi in tutto il mondo, è un paese armato fino ai denti ed è a tutti gli effetti una potenza finanziaria. Israele è un paesucolo di otto milioni di abitanti ma ha l’atomica e anch’essa interessi in tutto il mondo. E nessuno osa toccare la minuscola Svizzera, un paese che se qualcuno osasse infastidire, rischierebbe di andare a sbattere il naso su tutta una galassia di segreti inconfessabili, propria di tutti coloro che hanno usufruito della natura truffaldina della confederazione elvetica.
Di fatto, dunque, l’indipendenza ha un senso se si è nelle condizioni di potersela permettere.
Se pensiamo ai tanti giovanissimi che, spinti dal furore sessuale, progettano di scapparsene con la fidanzatina, il loro sogno ha un senso se poi, una volta assieme, hanno di che vivere. Ma questo presupporrebbe accontentarsi del minimo che due adolescenti potrebbero permettersi, buttando a mare gli studi, rigettando dunque tutti gli agi nei quali sono vissuti. E magari costruirseli passo dopo passo, molto lentamente.
Ebbene, mentre l’Italia è un adolescente viziato che ha vissuto per settantacinque anni in un benessere del tutto fasullo, per nulla rispondente ai fondamentali di un’economia che oltre ad essere provata da una guerra malamente perduta, si è vista privare persino delle colonie, la Svizzera, al contrario, ha bocciato con un referendum qualcosa di simile al reddito di cittadinanza e si oppone a qualsiasi progetto di assistenzialismo.
Uscire dall’Euro non è niente di diverso dal figlio che si ribella all’autorità paterna.
Certamente, se il padre non è quel munifico signore che la pubblicistica di sinistra vorrebbe far credere e dunque il figlio che si rende conto che il padre è uno stronzo, quest’ultimo fa benissimo a considerare l’ipotesi di andarsene per conto suo. Io Italia sono convintissimo che mia madre Unione Europea sia una mignotta, che fa figli e figliastri. Quindi me ne voglio andare per conto mio, stampare moneta per conto mio. Il ragionamento tecnicamente è giusto. Ma fattibile? Israele e Svizzera dimostrano che è fattibile. Ma a che prezzo? Sono disposti gli italiani a rinunciare all’assistenzialismo in cambio di una prosperità indotta dal fatto di diventare praticamente un paradiso fiscale? Sono disposti gli italiani a rinunciare, per qualche decennio, agli agi in cui sin qui hanno vissuto e mettere in conto che potrebbero anche aspettare tutta la vita prima di ritrovarli? Sono disposti a mettere in conto che per poter accelerare il percorso bisognerebbe prima armarsi fino ai denti e poi andare a guadagnarsi da vivere, riconvertendo il proprio modello economico, cercando di ritornare protagonisti – a costo di migliaia di morti – in aree piene di materie prime? E poi, la NATO cosa direbbe in proposito? Come è possibile anche solo pensare un programma del genere, sapendo che abbiamo una potenza geopolitica che di fatto non intende mollare la presa sul nostro paese come del resto su qualsiasi paese ne faccia parte?
Uscire dalla UE significherebbe rompere i rapporti con l’area Euro ma questo verrebbe mitigato dal cosiddetto paradosso di Abilene o, se preferite, della corazzata Potiomkin di fantozziana memoria: tutti credono che l’Euro sia intoccabile, che uscirne sia pericoloso, poi un bel giorno arriva il Fantozzi che, come nel popolare film, urla “L’Euro è una cagata pazzesca”, per vedersi seguito da tutta l’Europa, in un meccanismo per cui l’uscita di molti paesi mitigherebbe gli svantaggi di un’Italia che uscisse senza vedersi seguita.

Già ben più complesso è il tema dell’uscita dalla NATO.
Uscire da questa alleanza – che peraltro si sta già sfaldando da sola – significherebbe rompere i rapporti con gli Stati Uniti con tutte le conseguenze, non solo militari ma anche economiche e politiche. Col risultato che sì, forse la Cina e la Russia, interessate a restringere l’area di interesse NATO, potrebbero anche aiutarci. Ma a che prezzo? I debiti bassi di Russia e Cina fanno chiaramente capire che da quelle parti non c’è tanta voglia di comprare i BTP italiani come pure quelli di altri paesi. E Putin, come si è visto – e come è ovvio che sia – non è tipo da fare regali. Ne sa qualcosa Assad che si è visto sì risparmiare dalla furia americana ma la nuova costituzione del suo paese la scriveranno la Russia e l’Iran, suoi protettori. E di sicuro non nell’interesse prioritario di Assad. E questo, declinato all’italiana, significherebbe che un cambio radicale di politica verso una svolta sovranistica, sarebbero molto complicati.
Il popolo italiano è preparato ad anni difficili, fatti di lacrime e sangue?

Personalmente, se dipendesse da me, poichè sono cosciente che questo benessere in cui viviamo, peraltro già fortemente declinante, è fondato sul vuoto, io non avrei dubbi. Sarei per l’uscita dall’Euro e dalla NATO e per un brusco ridimensionamento nel quale comunque stavolta il volante sarebbe tutto nostro e solo noi dovremmo decidere la nostra politica.
Ma se di mio sono abituato a vivere senza fare (almeno di mio) debiti, a fare sacrifici, a girare come un pezzente, a risparmiare, non ho piena fiducia sul fatto che gli italiani siano disposti a tutto ciò.
Sono disposti i miei connazionali a vivere per una ventina d’anni in una prospettiva per cui il riscaldamento è razionato, in cui per l’assistenza sanitaria bisogna pagare un’assicurazione, in cui bisogna riprendere il servizio militare perchè c’è da imparare a sparare, magari per andare a riprendersi qualche colonia del passato? Sono disposti a rinunciare ad ogni forma di assistenzialismo?
Se la risposta è NO, l’Euro assomiglierà a quel padre stronzo e l’Unione Europea a quella madre mignotta, che pur tuttavia sono quelli che ci consentono di fare la vita che facciamo.
Pur rimanendo, beninteso, genitori stronzi che alla loro morte ci lasceranno in un mare di guai.
Se si esce dall’Euro, bisogna andare a prendersi le colonie. Di lì non si scappa. Noi non produciamo le materie prime che importiamo per mantenere il nostro stile di vita. Poi bisogna farsi un esercito potente e costruire l’atomica. Poi la lira deve essere una moneta forte. Ciò significa niente più debiti. Poi bisogna dire addio a qualsiasi forma di spesa improduttiva.
Il sovranismo è ben lungi dall’essere quel ritorno al Paradiso che molti sovrancazzari credono che sia. E purtroppo, da sovranista, devo riconoscere che il 90% del sovranismo, comprendendo in esso politici, intellettuali, militanti ed elettori, è gente che di sovranismo e sovranità non sa assolutamente nulla.
Il sovranismo rimane l’unica strada per la salvezza. Ogni guaio che stiamo vivendo è la conseguenza dello svelamento delle truffe globaliste e comunitariste. Ma la strada per la salvezza non è l’ascesa al cielo dopo una vita di sofferenze. Assomiglia più che altro ad un percorso di guerra, alla fine del quale si rischia di uscire amputati, mutilati, lacerati e con la consapevolezza che il meglio noi trentenni, quarantenni e cinquantenni non lo vivremo. Lo vivranno i nostri figli.
Siete pronti? Se sì, Italexit, UscITA o quel che vi pare.
Sennò rimangono chiacchiere e tabacchiere di legno. Che, come dice un noto proverbio napoletano, il Banco di Napoli non prende in pegno.

FRANCO MARINO

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