PALAMARA E’ SOLO UN CAPRO ESPIATORIO. E’ LA MAGISTRATURA IL CANCRO (di Franco Marino)
Quando nel 1992 divampò lo scandalo di Mani Pulite, io avevo undici anni.
Non si può dire che fossi già in grado di capire certe cose ma sicuramente seguivo con interesse le vicende di cronaca di quei tempi.
La cosa che più mi colpiva era la profonda discrasia tra la violenza rovesciata nei confronti della classe politica e la preoccupazione dei miei familiari che profondamente preoccupati per quanto stesse accadendo e convinti che quella fosse nient’altro che una grande farsa, mi dicevano di diffidare di tutte le narrazioni ufficiali.
Intendiamoci, nessuno ha mai osato dire che il sistema di Tangentopoli fosse un’invenzione dei giudici di Milano. La partitocrazia della Prima Repubblica era, a destra come a sinistra, un’autentica mafia. La sistematicità del sistema tangentizio aveva fatto coniare un’espressione che diverrà proverbiale: la “dazione ambientale”. Ma d’altra parte quello era il sistema di quel tempo e chi non vi si adeguasse, veniva semplicemente fatto fuori. Non è chiaro se e quanto Craxi si sia arricchito con Tangentopoli ma è assolutamente certo che se non avesse maneggiato quel sistema, non sarebbe mai arrivato ai vertici della politica italiana, perdipiù rimanendoci per quasi quattro anni.
Negli anni a venire, svaniti i primi vapori tossici dell’unanimismo (analoghi a quelli del covid di oggi) emerse la natura eversiva di un golpe giudiziario concepito negli Stati Uniti (le toghe rosse, in realtà erano infiltrate dalla CIA e dall’FBI e secondo me a loro insaputa) il cui scopo fosse operare una resa dei conti con la Prima Repubblica che gli USA avevano protetto in chiave antisovietica. Oggi come oggi, tranne qualche rincoglionito o qualche lettore del Fatto Quotidiano (ammesso che ci siano differenze tra le due categorie) nessuno dubita della scarsa autenticità di quell’operazione.
Quello che invece non è mai stato chiaro è la necessità di profonde riforme del sistema politico, mai davvero affrontate. Prendersela con Craxi e con Forlani fu semplicemente affrontare il problema in superficie, in maniera ideologica.
La magistratura attraversa una fase simile e il rischio è che, lungi dall’aprirsi una fase autenticamente riformistica di quello che è ormai uno stato nello stato, si stia semplicemente operando una resa dei conti.
Chiarisco di non avere alcuna simpatia per Palamara. Non dimentico mai che ad una sua querela si deve la sostanziale morte del “Legno Storto”, una delle primordiali riviste digitali del Centrodestra dei primi tempi di Internet. E pur tuttavia assisto alla criminalizzazione della sua figura col medesimo scetticismo dei tempi Craxi.
Purtroppo noi siamo sempre l’Italia di Piazzale Loreto e dell’Hotel Raphael: amiamo le teste in giù e le monetine ma non ci chiediamo mai i perchè della fuffizzazione di certi sistemi. Palamara è semplicemente la punta di un iceberg che nasce da molto lontano e cioè da una serie di errori storici e logici.
L’errore storico è quello di aver pensato che il pericolo della democrazia fossero i pieni poteri della politica e non i vuoti. E dunque costruire una magistratura priva di controlli. E l’errore logico è stato far assurgere la magistratura ad autorità morale, garante della democraticità del paese, anche grazie a pessime fiction che hanno cavalcato la figura del magistrato eroe, oplita del bene, naturaliter incorrutibile, impegnato in una palingenetica lotta morale, col risultato di costruire un eversivo stato nello stato democratico, e provocando una regressione del diritto da fattore regolatore a fattore disciplinare. Di conseguenza, esaurendo il concetto di legge “vivente”, si è sconfinati nel modello di legge “rivelata” da cui non può che derivare niente che non sia una versione laica della Sharia islamica, ovvero una legge che ha come principale scopo quello di punire.
E’ in questo sistema che nasce Palamara. Che non è che la conferma di qualcosa che si è sempre saputo e cioè che la magistratura è inquinata, corrotta e politicizzata. Che i processi ai politici di questi trent’anni, anche quando questi hanno reali responsabilità, sono TUTTI processi politici.
Soprattutto, c’è un altro elemento che a me pare inquietante. Se un Palamara, non un Pinco Pallino qualsiasi, decide di rivelare certe cose – e faccio presente che a Giugno Gioacchino Genchi che è stato un elemento di spicco dell’antimafia, ha raccontato che contro Andreotti c’è stato un accanimento giudiziario, riconoscendo che è stato l’autore di leggi durissime contro la mafia e che i pentiti che hanno accusato Berlusconi sapevano di essere registrati – ebbene più che interessarmi le conseguenze di qualcosa che mi è apparsa chiarissima sin dal primo momento, sarebbe da chiedersi cosa nascondano queste improvvise rivelazioni, soprattutto da gente come Palamara e Genchi che del giustizialismo sono stati vere e proprie colonne.
La mia impressione è che si sia a due passi da una Mani Pulite giudiziaria, magari con le medesime storture di quella politica, che travolgerà tutte le narrazioni e tutti i poteri che si sono nutriti in trent’anni di palingenesi giudiziaria. Perchè solo così si spiega il fatto che gente come Palamara e Genchi abbiano deciso di parlare.
Certo è che espellere Palamara non serve a nulla. Noi non risolveremo mai il problema della giustizia se non metteremo in dubbio il dogma dell’indipendenza della magistratura. E per mettere in dubbio questo dogma, ne dovremo mettere in dubbio un altro: la superiorità morale dei giudici. Altrimenti l’unica cosa che creeremo è una Mani Pulite giudiziaria. Che sarà inutile, controproducente e strumentale come quella politica.
E che, personalmente, avverserò come, se avessi avuto a quei tempi già l’età per scrivere, avrei avversato la Mani Pulite politica.
FRANCO MARINO