Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

PERCHE’ TRUMP RIVINCERA’ LE PRESIDENZIALI (di Franco Marino)

Chi vincerà le elezioni presidenziali americane nessuno lo sa. Io personalmente sono convinto che vincerà Trump ma “io sono convinto”, se proviene dalla penna di un George Friedman o, per restare in Italia, di un Feltri o un Belpietro, ha un suono. Se proviene dalla tastiera di un signor nessuno ne ha un altro. E può suscitare qualche comprensibile ilarità. Epperò, è una convinzione che è giustificata da qualche elemento. Il primo è che Trump porta a casa alcuni indiscussi successi. Intendiamoci, la pace in Medio Oriente tra Israele e alcuni colossi del mondo arabo era nell’aria da anni, dettata dal fatto che i palestinesi hanno fatto di tutto per farsi schifare persino dai loro alleati storici e rientrante nel quadro di un isolazionismo – poi vedremo quanto sincero o di facciata – che gli americani ormai da diversi anni sembrano voler perseguire. Idem la pace in Corea del Nord dove Trump si è semplicemente dovuto scontrare contro il niet di Mosca e di Pechino e così furbescamente si è intestato i meriti di una pace che in realtà è figlia della protezione che le due superpotenze orientali hanno concesso a Kim Jong-Un.
In patria, Trump non ha ancora risolto tutti i problemi interni degli USA, non fosse altro che per la contingenza che su quelli non ha la maggioranza parlamentare del caso. Il fatto è che gli americani a questi temi, pur importanti, abituati a misurare la politica non su quanto faccia per noi ma quanto non ci dia fastidio, non danno molta importanza. In un sistema politico fatto di suggestioni, il vero marchio di fabbrica di Donaldo Briscola è il suo plateale rigetto della political correctness.

Questo codice nasce da un intento lodevole, quello di non ferire il prossimo, e giunge a risultati assolutamente grotteschi. La parola “Cesso”, in origine, è la classica parola che piacerebbe a chi ama il politicamente corretto perchè il suo significato originale è “luogo in cui ci si ritira”, parola perfetta.
Col tempo però ha cominciato a puzzare, e si è passati al “gabinetto”, alludendo al fatto che in origine era in una cabina fuori casa. Ma presto le puzze hanno invaso anche il gabinetto e si è passati al bagno, chiamato tale anche quando non c’è l’ombra di una doccia o di una vasca. Tanto che alla prof chiedevamo comicamente di andare il bagno, in scuole dove la sporcizia dei cessi non avrebbe mai dato ad intuire la pulizia che di un bagno dovrebbe essere propria.
Insomma, per sintetizzare, la molla fondamentale della political correctness è l’idea che tutti siano ipersensibili e che, omettendo la parola, si elimini il fatto. Uno spazzino non ha da offendersi se lo chiamano così, perché il suo mestiere, importantissimo – la cui importanza a Napoli la scorgiamo ad ogni emergenza rifiuti – è quello giustappunto di spazzare. E invece è divenuto netturbino per poi sfociare in un ridicolo “operatore ecologico”, uno che opera per l’ecologia. Una specie di Greta, ecco. Se non si fosse avvertiti, non si saprebbe che mestiere fa.
La mania non è soltanto italiana. Per il cesso, ad esempio, il diluvio di eufemismi si ha in tutte le lingue. Gli americani, in questo campo, sono maestri. Nella loro ansia di delicatezza (e per evitare la rabbiosa reazione degli interessati fanatici) i negri prima sono diventati neri – quasi fossero pezzi degli scacchi o che “negri” fosse un insulto, cosa che non è, dal momento che “negro” deriva dal latino “nigrum” – e infine afroamericani. O anche “di colore”. Dopodichè, dato che le occasioni per tormentare il prossimo non mancano mai, anche “di colore” è divenuto offensivo. Qualche tempo fa nella bacheca di un idiota nero (se il team di moderazione di Facebook e quelli di BLM non si offendono, esistono anche imbecilli neri e ovviamente la colpa non è del colore della pelle) ebbi una discussione con lui perchè osai usare l’espressione “di colore”. Alchè lui si arrabbiò e mi diede una motivazione talmente idiota sul perchè non volesse essere appellato come tale, che il mio cervello si mise in autoprotezione e la dimenticò. I bianchi, per non alludere al colore della loro pelle, cosa che sembrava una protesta contro l’ipotesi insultante della pelle nera, sono divenuti caucasici. E caucasici per non dire ariani, perché di ariani parlavano i nazisti. Pare addirittura che qualcuno per un periodo avesse preso la fissa di chiamare i nani “persone verticalmente svantaggiate”.
Insomma, la political correctness, invadente e insaziabile, è divenuta un universale dovere di melassosa e sepolcrale ipocrisia che costringe il malcapitato a subire una continua imposizione di eufemismi. L’obbligo di chiedere scusa se si allude incautamente ad una evidente caratteristica dell’interlocutore. La paura (e l’accusa) di discriminazione incombe. Non si può più dire postino (postman, uomo della posta), perché ciò sembra escludere la donna. E allora postperson.

Chi è disgustato da questi esempi (che tuttavia sono una goccia nel mare, in questo campo), chi non ne può più, da quattro anni grazie a Trump ma anche a Salvini, non è più solo. Non ne possono più gli americani, minacciati di essere linciati se raccontano barzellette sui balbuzienti, se prendono in giro gli omosessuali, i messicani, i neri, le donne, i preti, se insomma si permettono di vivere. Ed è inutile prendersela con Trump se coagula questa oppressione. La sua violenza verbale, i suoi eccessi espressivi, sono stati visti in chiave di legittima difesa. E a questo punto non importa più che vinca o perda, a novembre, importa che abbia eliminato il velo dell’ipocrisia espressiva e che sia ridivenuta lecita la libertà di parola. Con la libertà di dire la verità.
Ammettiamolo, la gente muore. Non scompare, non sparisce, non viene meno. Crepa. Poco meno di un mese fa fa, mio padre è morto. Non si è spento. Che anzi, essendo stato cremato, è semmai successo l’esatto contrario, l’hanno acceso. E’ semplicemente morto. E’ cenere. E’ in una cassettina assieme a mia madre, a sua sorella e ai suoi genitori. E morirai anche tu mio lettore. E io che scrivo.
Che poi ci rivedremo altrove, è questione teologica su cui per carità di patria non arrischio alcuna considerazione. Ma l’unica cosa di cui siamo certi è la morte.

L’obbligo della bontà untuosa può anche rendere furenti persone dal cuore d’oro. La delicatezza non consiste nel non chiamare cieco un cieco. Non consiste nel negare la natura patologica di un individuo che, essendo omosessuale, non può adempiere alla funzione, fondamentale per la salvaguardia della specie, di riprodursi in maniera naturale ma solo masturbandosi pensando ad un uomo, raccogliere il suo seme in una provetta e donarlo ad una donna, amica o sconosciuta che sia. Non consiste nel negare che un uomo che si senta donna o una donna che si sente uomo e che dunque voglia cambiare sesso, siano individui da curare e non “persone che hanno un diverso orientamento”. Non consiste nel negare che uno che ha la pelle nera, sia nero o negro. Consiste nel tributare a ciascuno di essi il massimo rispetto dei loro diritti individuali.
Quando ero ragazzino, per difendere il diritto di un amico gay di vivere la sua vita in pace, fui gonfiato come un materasso Fabricatore da un branco di cinque bulli e per poco non ci rimisi un occhio per una catenata in faccia.
Lo rifarei altre mille volte. Ma, con buona pace del moderatore di Facebook che leggendo questo articolo, mi bannerà per trent’anni, un omosessuale sarà, sempre e comunque, una persona che ha qualcosa in meno rispetto ad un eterosessuale come me. Non sul piano dell’intelligenza nè su quello della bellezza o della realizzazione professionale, dato che esistono omosessuali molto più intelligenti, belli, ricchi e prestigiosi di me eterosessuale. Ma su un semplice, specifico ramo, quello della riproduzione. Io mi sono potuto riprodurre con dei rapporti sessuali, lui no perchè di fronte ad una donna semplicemente non ha erezioni. Lui se vuole un erede, una continuità per i suoi geni, ha bisogno della fecondazione assistita. Oppure di una madre che, in una situazione di bisogno, è costretta ad abbandonare i propri figli.
E dal momento che l’umanità non si riproduce per partenogenesi ma solo attraverso una serie di rapporti sessuali, chi può riprodursi in questo modo, porta avanti l’umanità, chi ha bisogno di costose tecniche – non prive di conseguenze per la madre e alla portata solo di chi ha i soldi – ha una patologia al pari del parkinsoniano costretto ad alimentarsi solo grazie al sondino nasogastrico. E se aumenta chi non può riprodursi naturalmente – per effetto di questa o di quella causa – l’umanità semplicemente scompare.
E se l’OMS dice il contrario, questo non è sufficiente a farla divenire una verità. Se l’organizzazione mondiale della matematica dice che 2+2 fa 5, non diventa 5 solo perchè lo dice l’organizzazione mondiale della matematica, ammesso che esista. Voler nascondere queste cose è offendere l’intelligenza di chi rientra nelle categorie discriminate.
E ciò malgrado in questo campo abbiamo un’alluvione di stupidità. I minorati (parola che descrive la realtà) dapprima sono diventati handicappati (manco partecipassero alle corse dei cavalli), poi disabili, infine diversamente abili. Il tetraplegico è sì diversamente abile. Nel piangere la sua infame condizione. Così, da un lato siamo alluvionati da parolacce di ogni genere. Da un lato, uno tsunami di parolacce in tutti i film e in tutti gli ambienti fino ad avere un partito politico che ha come programma la parola “Vaffanculo”, dall’altro il divieto di chiamare puttana una che è puttana per mestiere e che invece è diventata una escort. Forse che il cliente stia scopando con una Ford? O magari è un’accompagnatrice, casomai il giovine non ritrovasse la strada di casa.

Fossi americano voterei per Trump solo per gridare che non ne posso più di questa merda che è il politicamente corretto. Che chiamo merda, non “diversamente cioccolata”. E per gridare che la verità, piaccia o meno, è incorrect. Non solo è nuda, ma non fa sconti a nessuno. Se alla escort non piace la parola puttana, cambi mestiere. Se all’omosessuale non piace essere definito tale, può sempre provare a diventare eterosessuale. Se ad una donna non piace che le si spieghino le cose al lavoro, non ammorbi i colleghi con accuse di “mansplaining” e cambi mestiere. Ma si può facilmente capire come questa oppressione perenne e questo cappio alla gola, alla lunga provocherà reazioni violentissime.
Così, il vero punto non è chiedersi se vincerà Trump ma contro chi. Vincerà contro una sinistra che non solo continua a porsi sistematicamente al di fuori della realtà ma di farlo con un’arroganza, una spocchia e una violenza tantopiù inspiegabile quanto più è costretta a vedere i suoi voti che fanno ciao ciao con la mano.
E’ per questo che sono convinto che Trump rivincerà di nuovo. Perchè è tradizione della sinistra quella secondo cui i propri uomini, appena per un attimo hanno un momento favorevole, poi puntualmente ripropongono i medesimi errori che li condannano alla sconfitta. Non è Trump nè Salvini il problema. E’ la sinistra che, ovunque, si è resa odiosa, insopportabile ma soprattutto pericolosa

FRANCO MARINO

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